mercoledì 10 settembre 2025

C'era una volta un Paese, la Rai e la sua "scuola"

by Bloggorai ©

“Non è mai troppo tardi” è una frase che necessita di adeguata punteggiatura. Con il punto esclamativo si apre una speranza, si scopre una possibilità che le cose possano cambiare. Se invece si adopera il punto interrogativo la speranza svanisce e diventa una sfida dagli esiti incerti, ovvero una possibilità che le cose possano anche peggiorare. E, come dice la Legge di Murphy “Se ci sono due o più modi di fare una cosa, e uno di questi modi può condurre a una catastrofe, allora qualcuno la farà in quel modo”.

Sono trascorsi oltre 65 anni dalla prima messa in onda del famoso programma televisivo del Maestro Manzi ed ora dobbiamo constatare che per la scuola, per la cultura nazionale, è proprio “tardi” e che le cose sono andate nel peggiore di modi possibili. Gli italiani sono mediamente “analfabeti funzionali” cioè come scrive il Corriere “Più di un italiano su tre tra i 25 e i 64 anni è in grado di comprendere solo testi brevi che adoperano un vocabolario semplice. L'Ocse li definisce adulti con «un basso livello di alfabetizzazione»: una condizione di svantaggio assoluto che ha conseguenze drammatiche non solo sulle opportunità di impiego, ma più in generale sul benessere, sulla salute, sulla capacità di gestire i risparmi, di reperire informazioni corrette in Rete, sulla fiducia negli altri e nelle istituzioni... Da noi rappresentano il 37 per cento della popolazione, contro una media Ocse del 27 per cento”. E aggiunge a proposito del numero dei laureati “Ultimi in Europa, a parimerito con l'Ungheria, penultimi nel mondo: solo il Messico è più indietro (29 per cento)”. Il Terzo Mondo è dentro, vicino a noi.

Si diceva allora che “Non è mai troppo tardi” ha contribuito alla crescita culturale degli italiani, ha consentito una sorta di riunificazione linguistica di un Paese frammentato in mille dialetti e sulla soglia di un livello di istruzione ai minimi termini. Forse è vero. Dopo di che, a quanto sembra leggendo i risultati che abbiamo oggi sotto gli occhi, siamo in ritardo, in grave ritardo.

È utile porre la domanda su dove cercare le responsabilità, di chi è la colpa? Forse si e, ovviamente, per quanto riguarda Bloggorai, ci limitiamo alla Rai, al Servizio Pubblico. Affiniamo la domanda: quanto e come la Rai, attraverso gli obblighi imposti dalla Legge (sebbene non più tali perché inseriti nel semplice Allegato 1 al nuovo Contratto di Servizio quindi con evidente vincolo inferiore rispetto al precedente Contrato dove invece venivano dettagliatamente specificati nell’intero e lungo articolo 25) è stata corresponsabile di questa situazione? La Concessione Stato Rai impone che la Rai debba “… favorire l’istruzione, la crescita civile, la facoltà di giudizio e di critica, il progresso e la coesione sociale…” e il Contratto di servizio (art.2, d) in vigore ribadisce che la Rai deve “assicurare il valore formativo ed educativo, con particolare attenzione all’adolescenza e all’infanzia”.   

E quindi in soldoni, come e quanto la Rai ha partecipato/contribuito alla disfatta culturale del Paese? Come e perché non è stata in grado di dare una mano a frenare questa deriva? Evidente che la Rai non è il solo soggetto in grado di intervenire su un processo tanto complesso ma altrettanto evidente che ha una sua quota parte non di poco conto. Ad esempio, aver inseguito (ed inseguire tutt’ora) il modello commerciale, aver introdotto linguaggi e riproposto stili di vita poco propensi e che poco combaciano con il sostegno della crescita culturale del Paese è una responsabilità del Servizio Pubblico o no? Bloggorai ritiene di si. Nota a margine: Rai Scuola, sul canale 57, raccoglie una media giorno mensile di circa 0,1%. 

Diamo ora un occhio al futuro. Confessiamo, fino a questa mattina non conoscevamo l’acronimo FAST che ora sappiamo indicare i Free Ad Supported Streaming TV channels, cioè emittenti in streaming gratuito supportati da una massiccia pubblicità. Ne parla oggi un lungo articolo su Panorama con il titolo “La Tv del futuro. Non esiste solo Netflix” e leggiamo cosa sono “Si tratta di canali televisivi trasmessi via Internet, che propongono una programmazione lineare, ovvero un palinsesto fisso che scorre nel tempo proprio come nei canali della tv classica”… “il successo delle Fast si basa anche sulla loro capacità di intercettare sia il pubblico giovane, che scopre questi canali direttamente dall'home page della propria smart tv, sia chi cerca contenuti specifici”… “ … in Italia il settore sta crescendo in maniera significativa, pur trovandosi ancora in una fase iniziale rispetto ad altri Paesi europei. In Italia, alcuni dei protagonisti principali di questo nuovo mercato sono nomi già noti a livello internazionale. Samsung tv Plus, per esempio, è preinstallato su tutte le smart tv dove si offrono oltre 130 canali gratuiti”. Per la Rai un “nemico” in più, altri telespettatori che emigrano verso nuove frontiere. Hai voglia a dire “prominence nei canali Tv”: su ogni telecomando e su ogni nuova smart tv il primo accesso è verso il mondo streaming e solo in subordine si accede al digitale terrestre.

Chiudiamo con una piccola nota a margine: il Messaggero, con la firma del solito bene informato Ajello, ha tenuto a farci sapere una notizia importante ed ha pubblicato una foto dell’AD Rossi a pranzo con il direttore del Tg1 Chiocci e nella didascalia si legge “L'immagine pubblicata qui sopra trasmette invece un clima sereno e nessuna ruggine apparente. Dopo la tempesta, un amichevole ammazzacaffè”. Chissà la Meloni cosa ne pensa?

bloggorai@gmail.com 

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