Tutto si lega, i tasselli del puzzle (facile facile in
verità) vanno a posto e il disegno emerge con chiarezza. Ieri “il” Capo del
Governo ha piazzato un paio di concetti chiari e tondi di grande rilevanza sul futuro
della RAI: “Io sto solo cercando di riequilibrare il servizio pubblico”
e “Non mi faccio ricattare piuttosto mi dimetto”. Due pensieri che si
legano bene tra loro. Il primo è quasi banale per quanto invece è grave: anzitutto
“io” cioè Lei (o lui se ci riferisce all’Uomo dell’anno) in quanto tale,
nemmeno il suo partito, la sua coalizione, il “suo” governo ma “ella” inquanto
tale, Lei nella parte di se stessa che sarà l’artefice del “riequilibrio” in
una RAI già tanto squilibrata di suo. Già, e come, dove e quando cercherebbe
di “riequilibrare” la RAI? Escludiamo i programmi perché non sembra che ii “suoi”
finora gli abbiano dato grandi soddisfazioni e ci sono serie preoccupazioni che
ne potranno venire di nuove. Escludiamo le persone perché pure loro qualche
grattacapo e delusione lo hanno creato per non dire poi quanto si dice, da
tempo, che la stessa scelta del suo fido Rossi sembra alquanto traballante in favore
del più fidato Chiocci (con Sergio che saprebbe bene cosa fare da grande). Escludiamo
gli ascolti perché hai voglia ad arrampicarci sugli specchi, anche la Meloni si
è convinta che vanno male ma non lo può dire. Cosa rimane? Rimane il malloppo,
ovvero il cuore del problema che non è solo economico ma eminentemente
politico. I problemi sono “sempre politici” e quando sostiene di non essere ricattabile
a chi si riferisce (sempre rimanendo nel nostro ambito)??? Ca va sans dire, of
course, elementare Watson: a Berlusconi e Mediaset. Proprio nei giorni scorsi è
apparsa la notizia della prossima presenza degli acerrimi nemici del Governo (il
Fatto &C) nella trasmissione di Bianca Berlinguer. Un dito nell’occhio che
non gli farà certo piacere. E torna ogni tanto in ballo la minaccia/proposta di
innalzare il tetto della raccolta pubblicitaria RAI.
Fine delle trasmissioni: il campo di battaglia di oggi e domani saranno i soldi, le risorse, gli investimenti, la vendita di qualcosa, il rinnovo del debito per pagare debiti con altri debiti. Il futuro dell’Azienda è tutta qui. La sola vera riforma alla quale pensano è nella dimensione economica dell’Azienda, a quante risorse assegnare per la sua sopravvivenza.
Ieri
abbiamo citato i buoni propositi di Giorgetti sulle privatizzazioni di Poste,
Ferrovie e RAI Way. Ma, ci dicono, i conti non tornano: il ministro ha parlato
di X punti di PIL e decine di miliardi entro tre anni. Ma, ragionevolmente, si
tratta di ipotesi che reggono per Poste e Ferrovie ma per RAI Way si parla di
bruscolini, di argent de poche con cui ci si compra qualche telecamera nuova. Allora?
Cosa avrà voluto dire? Bloggorai, come noto, è facilone e superficiale e cerca
sempre le sintesi, le scorciatoie. Manon è che, tante volte, non si sa mai,
Giorgetti avesse avuto in mente un retropensiero che gli è uscito male (o forse
benissimo) ovvero che non si tratta solo della “piccola “RAI Way ma del
malloppo più grosso ovvero RAI sic et simpliciter? Ma noooo…dai ..troppo grossa
per essere verosimile.
Bene, andiamo avanti. O meglio indietro. Ieri sul Sole
abbiamo letto, a proposito della battaglia sugli ascolti, che “A Mediaset va
il giorno medio (il dato delle 24 ore); Viale Mazzini porta a casa la prima
serata” supponendo una specie di “pareggio”. A noi non sembra proprio così,
anzi. Il “valore” dei due parametri di lettura degli ascolti è sostanzialmente
diverso per almeno due aspetti. Il primo è di carattere brutalmente
commerciale: i costi di listino degli spazi pubblicitari cambiano notevolmente
nelle diverse fasce orarie e collocazioni. Le Aziende comprano e pagano non
solo il numero dei telespettatori presenti in un determinato momento, ma pagano
anche l’interesse, il gradimento, che il pubblico assegna a tutto il “brand”
nell’arco delle 24 ore per 365 giorni l’anno. Per meglio dire: ad esempio, una
casa automobilistica viene apprezzata (e comprata) non solo e non tanto per un singolo
modello ma per tutto ciò che in grado di offrire alla sua clientela (affidabilità,
qualità dei materiali, assistenza etc). Se Mediaset vince nel giorno medio si
fatica a sostenere che questa vittoria possa essere equiparata alla prima serata.
Aggiungiamo pure che la “lettura” dei dati è sempre contestualizzata nel suo andamento
dinamico: la tendenza si forma aggregando i dati in un determinato momento e
questo (anche in questi giorni) si sta costantemente confermando. Arroccarsi
sugli ascolti del Prime time e sulle sole reti generaliste come piace fare a
Viale Mazzini è solo fumo negli occhi utile a distogliere le attenzioni dai
veri problemi ovvero affrontare il secondo aspetto del quale parliamo: l’offerta
editoriale nel suo complesso. Nonostante il numero delle reti e dei canali (e
delle persone che vi sono impiegate) si parla sempre di un’offerta che non riesce
a fronteggiare la costante emigrazione e mutazione “antropologica” dei
telespettatori in generale dalla Tv e, in particolare, da quella del Servizio
Pubblico. Perché, pur nella stessa dinamica di ascolti calanti dell’intera
platea televisiva, RAI perde di più di Mediaset? Perché, come pure ha scritto
MF, “Mediaset è primo editore italiano per i consumi non lineari” e non la
tanto strombazzata RAI Play?
Allora, una volta per tutte e poi andiamo avanti: gli ascolti
RAI vanno complessivamente male. Il problema è capire perché e cosa si può fare
per arginare questo fenomeno e, ovviamente, chi sarà in grado di farlo. Questo Cda
che ormai sta solo preparando i bagagli? Mah!
bloggorai@gmail.com
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