martedì 30 gennaio 2024

RAI: ipocrisie e riforme del giornalismo pubblico

Foto di everesd_design da Pixabay

 Storia n.3: Il giornalismo del Servizio Pubblico. 
A che punto è la notte ?

Torna giusto a proposito la terza storia che avevamo in proposito di raccontare. È una storia che si strozza in gola solo a pronunciarla, si deglutisce con fatica, asciuga la bocca e a molti fa venire l’orticaria e non tanto e non solo per gli aspetti politici editoriali dei quali tanto si parla (sempre) quanto più per gli interrogativi che pone quando si deve dibattere sul futuro del Servizio Pubblico e su che tipo di informazione deve proporre.

Cominciamo dalla fine, cioè da quanto sta avvenendo in queste ore a proposito della tensione tra PD e M5S laddove il tema è, appunto, l’informazione RAI. Si tratta di un argomento che rispunta fuori a corrente alternata, a piacimento, a seconda delle opportunità e convenienze ma senza mai andare oltre la contingenza. Quando si tratta invece di andare in profondità, vedi leggi di riforma, questo tema si annega nella nebbia e confusione.  

Senza andare troppo lontano, riavvolgiamo il nastro al 3 agosto dello scorso anno quando era il periodo in cui la Vigilanza Rai stava dibattendo il Contratto di Servizio: per una singolare combinazione, quel giorno alla Camera viene ri-presentato un disegno di Legge di riforma della Rai a firma AVS mentre su Repubblica compare il titolo: “La riforma Rai targata Pd: Serve il modello Bbc per fermare la lottizzazione”. La cosa stupefacente è non solo la simultanea collocazione temporale (3 di agosto) dove i due partiti sono andati ognuno per la loro strada ma è il fatto che ambedue ripresentano quasi esattamente un disegno di legge analogo presentato da loro stessi tempo prima. Perché? Che senso ha avuto questa iniziativa? Nessuno, se non solo la velleità di piantare una bandierina di esistenza in vita. Lo abbiamo scritto allora e lo ribadiamo oggi: non si può fare una riforma della Rai a colpi di maggioranza e tantomeno ad ambizioni di minoranza. Ricordiamo che nella precedente legislatura ben sette proposte di legge sono state formulate senza ricevere un briciolo di attenzione. Non le ha sostenute il PD quando poteva e doveva e non lo ha fatto il M5S quando anch’esso poteva e doveva.

Ci risparmiamo il quesito dell’uovo e della gallina. Negli ultimi mesi abbiamo assistito a fenomeni che hanno detto molto su come PD e M5S intendono il futuro della RAI. La vicenda del Contratto di Servizio è stato un paradigma: il M5S si è incaponito a volerlo approvare di gran carriera pur con tutte le clamorose magagne che vi sono contenute e il PD ha visto prima il suo relatore, Nicita, rimettere il mandato per poi assistere quasi inerme all’approvazione del famigerato Allegato 1 rivisto e corretto in salsa agrodolce. Dopo di che, da qualche parte, in ordine sparso, sottovoce, si è cominciato a bisbigliare di “Stati Generali”  senza mai dover ammettere che semmai si potessero svolgere sarebbe giocoforza necessaria la partecipazione di tutti, compresa la destra di Governo (il DG RAI Giampaolo Rossi ne parlò in una intervista al Corriere). 

Il problema è che il PD ci è ricascato nel giochetto di voler forzare la mano e provare ad intestarsi una riforma RAI “fatta in casa”: vedi articoli dei giorni scorsi. E Conte, dal suo punto di vista, giustamente si “scoccia” e il 7 febbraio sotto il cavallo non ci andrà. Che fare allora? Semplice: se l’opposizione, tutta intera, ha voglia di immaginare un futuro del Servizio Pubblico, deve prendere tempo e ragionare, riflettere, approfondire e poi proporre. Cosa che, al momento, non è dato sapere. Ad esempio: il tema della Fondazione che si vorrebbe istituire come cuscinetto tra  Azienda e “politica”. Lo abbiamo già scritto: si tratta di un meccanismo molto delicato e assai complesso con profili di dubbia fattibilità. Basti citare un solo aspetto: RAI attuale dovrebbe cedere le sua azioni alla Fondazione e come potrebbe avvenire se non con una evidenza pubblica? e la Fondazione dove troverebbe i capitali necessari ad “acquistare” la proprietà RAI? Poi si apre il capitolo dei meccanismi di nomina dei componenti il vertice della Fondazione: come vengono selezionati, come vengono nominati? Nella recente formulazione PD si è letto che addirittura tra i componenti ci dovrebbe essere pure l’Osservatorio di Pavia e cosa c’entra questo Istituto? Da leggere oggi su MF un articolo molto interessante in proposito: “Quant'è complicata la riforma per rendere indipendente la RAI” dove emerge un profilo di grande rilievo: la Fondazione che anticipa la privatizzazione. Già, è molto complicata e lo sarà ancora di più se ci si ostina a farla ognuno per conto proprio.  

Torniamo alla Storia n. 3 e sul perché va di traverso quando la si vuole raccontare. Dalla Relazione della Corte dei Conti di giugno 2023 si legge che i giornalisti RAI al 31/12/2021 sono 1.907 a t.i. e 133 a t.d. per un totale di 2.040. Per quanto riguarda i costi (solo esterni che non includono ovviamente i costi del personale) dell’offerta informativa Rai, articolata in differenti testate giornalistiche (Tg1, Tg2, Tg3, TgR, Rai Sport, Rai Parlamento, Rai News) questa la tabella riassuntiva:

Rivedendo l’Allegato 4 dell’ultimo Piano Industriale noto (Piano per l’informazione RAI 2019-21) si legge che i giornalisti televisivi sono così ripartiti: 146 Tg1, 136 Tg2, 105 Tg3, 623 TgR, 190 RaiNews 24 ai quali vanno aggiunti quadri, impiegati e operai per circa 500 unità. Dallo stesso documento si legge che i costi complessivi delle testate giornalistiche (Esterni editoriali, esterni di produzione, risorse interne produzione e costo per del personale) ammontano a circa 327 mln  a valore 2018.

Questo il quadro, peraltro molto scarno e non aggiornatissimo, sul quale ragionare. Con il prossimo Post entriamo nel merito. Rimanete sintonizzati.

Bloggorai@gmail.com

 

Nessun commento:

Posta un commento