Razionale “politico”. Da tempo questo governo “accarezza” l’idea di avviare qualche privatizzazione e,nei giorni scorsi, si è letto in particolare, che sarebbero sotto osservazione Poste, Ferrovie e RAI Way. Il proposito è fare cassa (circa 3 miliardi entro i prossimi 3 anni). Idea alquanto confusa almeno per quanto riguarda RAI Way perché non di privatizzazione si tratterebbe ma solo, per quanto affermato in passato dal Ministro Giorgetti, solo di una vendita da parte di Viale Mazzini di una quota del capitale sociale (circa il 14% cioè quanto basta a mantenere il controllo societario con il 51%, anche se un DPCM ha disposto diversamente come vedremo nel “razionale” finanziario).
È del tutto evidente che questo “razionale” dovrebbe segnare la road map del futuro della RAI e, di conseguenza, del suo Piano Industriale che si vorrebbe approvare in tutta fretta (come del resto avvenuto improvvidamente con il Contratto di Servizio). Che fretta c’è? Perché? Il “razionale” politico è truffaldino: non mira a razionalizzare e rafforzare con una robusta iniziazione di risorse il quadro economico nazionale ma, segnatamente per RAI Way, solo ad orientare le scelte politiche che si dovranno fare nei prossimi mesi sul futuro della RAI.
Razionale finanziario. I “fondi” scrivono che è una bellezza, hanno la penna facile: i furbacchioni la sanno lunga e la sanno raccontare e talvolta trovano occhi ben disposti a leggere le loro letterine. Il 6 marzo 2022, Repubblica titola “Amp, Amber e Kairos, padroni del 7% della società quotata e di un quinto del flottante, chiedono un processo che crei valore per tutti i soci: tutelare il nostro interesse insieme a quello pubblico” e poche settimane dopo (a maggio) Palazzo Chigi risponde “Obbediamo” e si firma il DPCM con il quale si autorizza RAI a scendere sotto il 51% del capitale di RAI Way. Apriti cielo. Il centro destra insorge compatto: “Maurizio Gasparri sostiene che “perdere il controllo delle torri di Rai Way sarebbe veramente una sciocchezza da parte del servizio pubblico radiotelevisivo” Gasparri dixit, seguito a ruota dalla Santanchè, da Mollicone e compagnia cantando. Imbarazzato silenzio da altre parti.
Nei giorni scorsi, fiutata l’aria che tira i “Fondi” tornano alla carica e questa volta scrivono all’azionista RAI: “Per carità di Dio … non vendete … "Operazione allontanerebbe investitori" (Il Sole 24 Ore Radiocor Plus) - Roma, 12 gen - I fondi azionisti di RAI Way scrivono alla Rai, che controlla il 65% della società delle torri di trasmissione, contro la possibile riduzione della partecipazione da parte di Viale Mazzini”. E già, perché loro hanno un “razionale” che punta dritto, come è naturale che sia, al malloppo: la rendita certa e garantita da un lauto contratto di servizio che RAI paga a RAI Way, oggi oltre 200 mln l’anno. Hanno alzato la cortina fumogena della fusione con Ei Towers ma, in verità, stanno benissimo così. Del resto sono perfettamente consapevoli che questa ipotesi è molto lunga e complicata da realizzare e allora tanto vale rimanere a bocce ferme. Domandina a margine: in caso di fusione RAI continuerà a pagare RAI Way e quanto? Ora, comunque, la letterina dei Fondi è a Palazzo Chigi: che farà?
Razionale tecnologico. A RAI cosa conviene fare da un punto di vista strettamente tecnologico? Un punto fermo e di assoluto rilievo è l’efficientamento della rete: una sinergia con Ei Towers porterebbe indubbi vantaggi per entrambi gli operatori. Riduzione dei costi di gestione, maggiore copertura del territorio e presidio ad un possibile sviluppo di altri modelli di distribuzione del segnale televisivo (5G). Vedi pure quanto disposto dalla WRC23. Quando si parla di RAI Way e si pensa alle sue torri, giocoforza, si evidenziano due elementi: si tratta di “ferro vecchio” destinato alla rottamazione e con l’avvento dirompente del broadband tanto vale disfarsene prima possibile, ora che hanno ancor un certo valore; poi si tratta di un “gioiello di famiglia” e guai a chi ce lo tocca. In questo secondo aspetto sembra prevalere più una lettura “romantica” delle torri che non il “razionale” tecnologico che invece, ben che vada, induce ad immaginarle in altro modo. Questo “razionale” a cosa porterebbe? La risposta la debbono trovare gli amministratori di domani (quelli di oggi di questa vicenda non se ne sono mai occupati, non abbiamo mai letto una loro dichiarazione) pensando e scrivendo un Piano Industriale che contenga ipotesi sostenibili in questo senso. Per quanto è dato sapere, nel Piano che si vorrebbe approvare con tanta fretta sospetta (prima ancora del Contratto di Servizio) di RAI Way e del futuro industriale delle sue torri non ci sono tracce.
Memo: qualche anno addietro venne fatta una simulazione riservatissima con la quale venne stimato il costo di mercato del servizio offerto da RAI Way a Rai: circa 130 milioni. La simulazione è stata secretata e piombata. Rai per questo servizio paga poco meno del doppio.
Razionale percettivo. È quello più difficile da definire ma cionondimeno interessante. Tutto ruota intorno al tema “risorse RAI”. La riduzione del canone è stato un colpo a tradimento, inatteso e dannato, contro questo vertice (o una parte di esso) e a tutto svantaggio di “coloro che verranno” cioè i nuovi prossimi amministratori che, by the way, saranno allora più che oggi, saldamente di pura espressione governativa. Il tema canone sarà sventolato come grande conquista politica della Lega e sarà quindi necessario trovare delle forme di compensazione necessarie a sostenere le cassa di Viale Mazzini in lacrime. Vuoi con la fiscalità generale,vuoi con qualche soldo ricavato dalla vendita di RAI Way (operazione veloce) da qualche parte bisognerà pure fare cassa. “Vendere” un pezzo della quotata si “percepisce” e si spende politicamente meglio che non fare una “cortesia” alla concorrente Mediaset che, da tempo, vede con grande interesse la creazione del “polo delle torri”. Torniamo al punto di partenza: è il “razionale” politico che segna il percorso.
Conclusione: il minestrone che bolle in pentola non contiene nulla di buono. Il Contratto di Servizio è un trappolone a scoppio ritardato, il Piano Immobiliare approvato è servito a fare debiti per pagare altri debiti, del Piano Industriale, oltre al costo per la Società incaricata di elaborarlo (nelle precedente edizione di è letto di qualche milione di euro) non si sa nulla e, quel poco che si sa (quanto ha già scritto Bloggorai e documenti presentati in Vigilanza) non sembra di grande spessore strategico. Ma,ciò che più conta come valore assoluto è che non ha gambe economiche finanziarie con le quali camminare. Come si può approvare un documento strategico dell’Azienda se non si sa come sostenerlo? Per quanto sappiamo, stanno tagliando tutto, comprese le trasferte a Sanremo e quelle dei dirigenti. Poco male, si dirà, anzi.
Bloggorai@gmail.com
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