domenica 19 settembre 2021

Un buon piatto di spaghetti, il parmigiano e la Rai

Foto di RitaE da Pixabay

Scusate il ritardo: la domenica, si sa, si perde tempo in faccende varie e comunque non prima di aver fatto un salutare bagno di folla al mercato di Porta Portese (Vox populi ..vox Dei e, se la vogliamo dire tutta citiamo pure Cicerone: «Historia vero testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis» …oggi … tiè, non ci facciamo mancare nulla..pure i classici latini!.

Comunque  oggi poco da spigolare sul Servizio Pubblico e, tra il fosco e il losco, ci è caduto lo sguardo su una corrispondenza da Herat di Lorenzo Cremonesi sul Corriere dove descrive ciò che rimane della gloriosa spedizione  italiana in Afghanistan. Immagini e descrizioni desolanti e già il titolo piega le ginocchia: “Pesi e parmigiano: dentro l’ex base italiana”. Ecco, quando si parla di immagini, di simboli, di icone , di narrazioni politiche e sociali è necessari partire da ciò che rimane, da ciò che colpisce e timbra il pensiero collettivo: ha detto Gaetano (detto Nino) stamattina al mercato: “Ahooo.. io ancora mica ciò capito che ce semo ‘annati a fa laggiù  ..co tutti i sordi che avemo speso …”. Di questo occorre parlare, iniziando pure a distinguere ruoli, competenze e responsabilità. I primi due punti sembrano chiari: sono stati gli Usa a cominciare tutto e noi abbiamo seguito a ruota, cercando solo di marcare la distinzione per le caratteristiche ”umanitarie” del nostro intervento militare. Tutto il nostro impegno è stato non solo inutile con lo sperpero di miliardi di euro ma anche dannoso visto il risultato ottenuto: il ritorno dei talebani in pompa magna, temuti e rispettati quasi fossero l’Organizzazione  Umanitaria Nazionale  Afghana per i diritti civili. La nostra base militare di Herat, per fortuna, è stata abbandonata in fretta e furia, come ci fosse stato un evento inatteso e imprevisto che invece gli americani sapevano ed avevano pianificato  da tempo (accordi di Doha del gennaio scorso) e non c’è stata battaglia: i barbuti guerriglieri non hanno fatto altro che spingere la porta e iniziare la scorpacciata del prezioso formaggio nazionale.  Tornano in mente tante immagini del passato dove le italiche virtù non sempre brillano di luce propria e non è tanto questo ciò che colpisce quanto l’assoluto e imbarazzato silenzio di tutti coloro che direttamente o indirettamente hanno sostenuto con enfasi e orgoglio la gloriosa spedizione .

Andiamo avanti e dedichiamo un pensierino fugace alla RAI e, zacchete, guarda un po’ che ti riciccia? L’ardita teoria dell’ ”algoritmo etico” proposto nel caldo sole dello scorso agosto dalla consigliera in quota PD Francesca Bria. Premesso che la Bria è stata scelta anche da Greta Turnberg, ieri si è rilassata a rilasciare un intervista al Festival del Foglio dove ha dichiarato, anticipando il Fuortes pensiero che “La Rai deve innovarsi. I nuovi vertici hanno ricevuto un mandato forte da parte del governo. La missione è chiara. La più grossa azienda deve essere all’altezza della sfida digitale. Il servizio pubblico deve essere dinamico. La Rai deve garantire indipendenza, informazione pluralistica. La Rai deve premiare il merito. Serve una produzione nazionale e creando algoritmi etici per il servizio pubblico”. Ma la notizia non è in queste dichiarazioni di grande novità.  Ecco, ora ci è chiaro perché oggi il Fatto, a firma Gianluca Roselli, pubblica un articoletto dove riporta una voce che sembra girare da tempo: l’uscita della Bria del Cda Rai per andare ad occuparsi del comune di Roma. I titolo è suggestivo: “Campidoglio: il malcontento dem spinge la Bria verso Gualtieri”. Non fa una piega, tutto chiarissimo e immaginiamo oggi gli elettori di area PD che salteranno il pranzo della domenica per chiedersi: ma cosa vuol dire una storia del genere? Chissà, forse sarà necessario immaginare qualche “algoritmo capitolino”? Ne parlerà Gualtieri in campagna elettorale? Le periferie romane potranno intendere il suo significato profondo? E le buche, la monnezza, i cinghiali???

Non era sufficiente Calenda a far venire il mal di pancia al PD: i dolori sono appena all’inizio. Quelli della Rai si conoscono da tempo e, temiamo, sono destinati ad aumentare: nei prossimi giorni prima il Cda e poi la Vigilanza si occuperanno di risorse, canone pubblicità. Sono attese clamorose novità (si fa per dire).

Buon pranzo, buona domenica.

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