giovedì 30 settembre 2021

Fenomenologia di un nuovo fenomeno: la comunicazione Rai come invenzione

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

ATTENZIONE: 
QUESTO POST SI AGGIUNGE AL PRECEDENTE DI QUESTA MATTINA SUL METEORITE DIRETTO SU VIALE MAZZINI

Nei giorni scorsi ci siamo sforzati assai nel tentativo di decifrare il senso, al di la delle persone, che se ne può trarre dalle recenti nomine avvenute a Viale Mazzini perché, è noto, che le vicende, aziendali o politiche che possano essere, sono frutto della natura e cultura umana ed è alle persone che ci si deve riferire quando si riflette su un tema. Ci siamo soffermati, in particolare, su quelle relative all’area comunicazione con la nomina del direttore Pierluigi Colantoni e su quella dell’Ufficio Stampa con il nuovo responsabile Stefano Marroni. C’è sempre sullo sfondo la nomina del nuovo capo Staff dell’AD. Giuseppe Pasciucco, ma quella merita un post a parte sul quale stiamo lavorando.

La premessa di quanto stiamo per scrivere è semplice: siamo persuasi che i primi segnali, sia pure deboli e flebili, o meglio anche i non segnali, siano essi stessi elementi che caratterizzano il soggetto sul quale intendiamo riflettere. Di questo fenomeno siamo ora solo al suo manifestarsi, poi si vedrà. Ovviamente, beninteso, le cose cambiano e siamo sempre pronti a registrare i mutamenti e le evoluzioni. 

Prima di procedere ci permettiamo di suggerire ai nostri lettori che già non lo conoscono un testo fondamentale a tale proposito:  “Pragmatica della comunicazione umana” di Paul Watzlawick dove vengono enunciati i 5 assiomi della comunicazione che, per comodità, vi riportiamo. Il primo e fondamentale sostiene che è impossibile non comunicare; il secondo che la comunicazione avviene su due livelli: contenuto e forma (cosa comunichi e come lo fai); il terzo che la “punteggiatura” della comunicazione definisce la natura della stessa: ognuno ne utilizza una sua propria e in relazione a come viene interpretata gli altri  interagiscono; il quarto che si comunica in modalità verbale (prevalente) e non verbale; infine, il quinto che il meccanismo di interazione tra chi comunica e chi riceve il messaggio può essere simmetrico (a pari condizioni) o complementare (livelli differenziati).

Ci siamo quindi posti la domanda sul perché è stato avvertito lo strano fenomeno del volume ridotto di comunicazione che si avverte da quando si è insediato il nuovo AD di Viale Mazzini che, è bene ricordare, si è preoccupato subito di sostenere che A: meno si parla e meglio è: “Sarò il vostro unico referente”. Come dire, non andate a chiedere in giro ai consiglieri o ai sindacati, perché qui le decisioni per i prossimi tre anni le prendo io…(da ADG Informa);  B) è necessario “cambiare la narrazione della Rai. Perché “questa azienda deve tornare ad avere un racconto positivo”. Non è possibile, infatti, che “sui giornali quando si parla di Rai lo si fa quasi sempre in negativo” (dal Fatto, a firma Gianluca Roselli).

Con queste premesse, già si scorgono i primi tratti distintivi sulla caratura dei nomi che sono stati indicati: devono comunicare poco e quel poco sarà rigidamente controllato. Non a caso è stato individuato come responsabile della comunicazione una persona che ha tra i suoi meriti professionali più significativi quello di essere considerato un “creativo”, cioè uno che si dovrà inventare un modello di comunicazione che non esiste: la non comunicazione ovvero l’invenzione come nuovo modello di comunicazione. E poi non a caso è stato nominato un giornalista proveniente da una testata, il Tg2, che ha caratteristiche professionali ben diverse e lontane da chi invece deve gestire i rapporti con i colleghi giornalisti ora per ora, giorno per giorno, Natale e Santo Stefano e Ferragosto compreso. Sono semplicemente due mestieri diversi, forse complementari, ma esercitati su lati opposti: da un lato devi raccogliere, cercare e raccontare avvenimenti e notizie e, dall’altro lato, devi  cercare di fornirle (o di negarle se necessario). Si tratta poi dei giornalisti  dei quali lavori dovresti conoscere vita e miracoli, orari di cena e il compleanno della nonna, il nome del canarino e le gelosie e invidie con gli altri colleghi. Si tratta di un bagaglio di esperienza e conoscenza che non trovi al mercatino, che nessuna redazione ti può formare.

Ecco che arriviamo alle ultime ore. Si è svolto nei giorni scorsi un incontro interno alla Direzione comunicazione dove sembra, questo ci riferiscono alcuni, che il meta messaggio che è emerso è semplice e chiaro: tutto ciò che avvenuto prima di noi è come non fosse avvenuto e da oggi in poi sarà tutto un altro mondo. E in questo nuovo mondo cosa ci potrebbe essere di nuovo? Si legge sul sito VigilanzaTv che apprende in anteprima: “ …il nuovo responsabile del comunicazione Colantoni  avrebbe concordato con il nuovo capo ufficio stampa Marroni uno stop alle conferenze stampa”. Vorremmo non crederci, non ci sembra possibile che si possa anche solo immaginare una simile idea ma non ci stupirebbe affatto se fosse vero anche solo in piccola parte, come retro pensiero, come retaggio di un sistema mentale che vede due punti fermi: non c’è nulla da comunicare e quel poco che c’è non sappiamo come farlo. Dimenticando, in questo modo, il primo assioma della comunicazione: non è possibile non comunicare e seppure si barricano dentro la loro stanza con i sacchetti di sabbia alle finestre questo stesso è un messaggio forte e chiaro. Non ci vorremmo credere ma sia pure correndo il rischio di infrangere un altro assioma della comunicazione (una smentita è una notizia data due volte) ci piacerebbe tanto dare un suggerimento: smentite in modo forte e chiaro. 

Ecco allora che prendono forma tangibile i primi segnali del nuovo assetto della comunicazione Rai. Ecco verosimilmente spiegato il motivo di tanto silenzio assordante (ossimoro) sui grandi temi e problemi che affliggono la Rai oggi e domani (risorse, tecnologie e contenuti). Quando c’è qualcosa da dire si preferisce tacere e non ammettere nemmeno sotto tortura di aver sbagliato anche se, ad onor del vero, gli attuali vertici non ne sono direttamente responsabili (vedi il caso Cattelan). Ecco allora come si comprende la mancata risposta alle mail di qualche giornalista che intendono interloquire con loro (saranno assai affaccendati?). Ecco allora comprendere perché, all’indomani del loro insediamento, non è stata fatta la sola e più semplice delle operazioni di comunicazione che dovrebbero appartenere come tipiche della più grande Azienda di comunicazione del Paese: convocare una conferenza stampa o qualcosa di simile dove si “comunica” ciò che si intende “comunicare”.

Forse, ancora non lo sanno, ma Colantoni e Marroni (nonché chi li ha nominati) verranno giudicati più per quanto non faranno (o non comunicheranno) che per il loro contrario. Purtroppo, quando questo avverrà, potrebbe essere troppo tardi e i danni già fatti. Comunque, nel nostro piccolo spazio, siamo sempre in attesa di “comunicazioni”. Non si sa mai, dovessimo cambiare idea: i fenomeni, come noto, sono destinati a mutare.

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