venerdì 17 settembre 2021

Rai: fuoco alle polveri !


Non occorre la palla di vetro, non serve interpellare gli aruspici, non è necessario scrutare i fondi di caffè o frequentare maghi e fattucchiere per capire cosa bolle in pentola per il futuro della Rai. Correva l’anno 2018, addi 5 gennaio, e in una pagina Facebook del PD si leggeva: “Sostenere la Rai attraverso il contributo della fiscalità generale e non gravando sugli italiani è possibile. Lo proponiamo solo noi. Perché solo noi vogliamo davvero liberare le risorse dei cittadini”. Sono trascorsi più di tre lunghi anni e, forse, l’obiettivo potrà essere raggiunto (per curiosità, andate a vedere la pagina a questo link: https://www.facebook.com/partitodemocratico.it/photos/a.113463676895.100870.77034286895/10155543546471896/?type=3&theater .

Ieri sera, durante la trasmissione de La7 condotta dalla Gruber, un signore che in fatto di Rai e dintorni la sa lunga, Franco Bernabè (non molto tempo addietro indicato tra i favoriti del Governo per la carica di AD di Viale Mazzini) ha dichiarato appunto che, in relazione ai prospettati aumenti vertiginosi sulle bollette energetiche si potrà pensare a inserire il canone Rai nella fiscalità generale, esattamente come auspicato a suo tempo dal PD. A sostenere ulteriormente questa ipotesi, da ricordare bene, c’è una precisa indicazione di Bruxelles che, nelle normative a tutela della concorrenza del mercato energetico ha previsto che si debba “ripulire” la bolletta energetica dalla riscossione di oneri impropri, cioè non connessi alla finalità del servizio prestato agli utenti. 

Il primo a sollevare il problema fu, a maggio scorso, il Messaggero (anche questa mattina torna sull’argomento con il titolo “Più trasparenza e meno voci: ecco come cambierà la bolletta” e noi Bloggorai seguimmo a ruota il tema, quasi da soli, nella totale perplessità anche dei vari direttori di Viale Mazzini che cascarono dal pero (capite bene perché uno in particolare ci ha tolto il saluto). Fatto sta che appena insediato, quando venne audito in Vigilanza, Fuortes si affrettò a dichiarare che “non è intenzione di questo Governo mettere mano alla riscossione del canone in bolletta”. Forse fu improvvido e imprudente: non sapeva cosa si stava preparando nella bassa cucina giù nel seminterrato del Palazzo buono. Magari, a sua insaputa, non lo avevano avvisato che non se la sarebbe cavata solo con le buone intensioni.

La traduzione in soldoni di questa possibile (a questo punto, molto verosimile) manovra è che per le casse della Rai si prospettano perdite rilevanti in ordine al ritorno di una evasione del canone stimata intorno ai 250 milioni di Euro ai quali, per possibile trascinamento si potrebbe aggiungere la contrazione del canone speciale dovuto dagli esercenti attività commerciali (attualmente in bilancio per circa 84 mln), argomento spinosissimo in relazione alla possibile pioggia di disdetta post Covid e in relazione all’offerta di sport da part dei vari DAZN e Amazon Prime. O

Ora si tratta di dibattere se e quanto questa idea del PD possa giovare sul futuro dell’Azienda, posto che ancora nulla si sa di come il partito intenda disegnare questo futuro non solo in termini di riforma della sua governance (proposte Fedeli /Orlando) ma dell’intero perimetro delle telecomunicazioni e del mercato audiovisivo dove Rai opera pienamente. A questo proposito, in Commissione Senato, dai prossimi giorni dovrebbero prendere avvio le audizioni per cercare di riassumere e giungere ad un testo condiviso le sei propose di legge attualmente presentate da quasi tutti i partiti, tutte finalizzate sostanzialmente alla sola riforma della legge 2002 del 2015.

Invece, a pensare alla riforma del sistema delle telecomunicazioni ci pensa anzitutto l’Europa che chiede la riforma del TUSMAR (del quale abbiamo parlato più volte) e ci pensa benissimo a tutto danno della Rai: nelle sue nuove norme, infatti, si legge la revisione degli affollamenti pubblicitari che, di fatto, penalizza Viale Mazzini e gli fa gravare una concreta minaccia di taglio di circa 150 mln di introiti pubblicitari. Nei giorni scorsi l’AD di Rai Pubblicità e il direttore delle RI sono stati ascoltati in proposito e sarà possibile che presto si potrà sapere cosa avranno riferito.

Ci sembra che possa bastare a dipingere un quadretto niente affatto confortante per la Rai e, a tutto dispetto del cognome che porta, il nuovo AD si potrebbe trovare ben presto in una situazione di Deboles e a dover fare i conti (sic!) con una prospettiva finanziaria molto preoccupante. A questo punto, la partita non sarà solo “semplicemente” sul ripianare un buco di 57 mln ma nell’impiantare un pur flebile seme di investimenti, anzitutto tecnologici, in grado di generare una qualsivoglia strategia di sviluppo. Altro che crisi: per competere, per crescere, per non rimanere indietro mentre tutti avanzano in modo impetuoso, occorrono soldi, tanti soldi, e nessuno, nessuno, finora è stato in grado nemmeno di immaginare da che parte possano provenire. 

Ogni tanto qualche nostro affezionato lettore ci critica per eccessivo pessimismo. Magari hanno pure ragione, ma cerchiamo, per quanto possibile, di limitarci ad osservare e commentare quanto noto e pubblico. Nulla di più e nulla di meno. Se invece ci addentriamo nel campo delle previsioni, si, hanno ragione, siamo fortemente pessimisti: non vediamo nulla di buono all’orizzonte. E non sarà una “diversa narrazione” della Rai a nascondere la polvere sotto il tappeto.  

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