giovedì 7 gennaio 2021

Il trumpismo tra di noi

I “trumpisti “ sono intorno a noi oppure, forse, lo erano. C’è pure un’altra possibilità: ci sono ancora, si sono imboscati, camuffati o forse pentiti. Il più noto potrebbe essere stato il capo del Governo Giuseppe Conte (“Giuseppi”) che in momento di enfasi particolare ebbe a dichiarare: “Il mio governo e l’amministrazione Trump sono entrambi governi del cambiamento…” vedi   https://www.youtube.com/watch?v=TsOtFKGDXEE . Lunedi poi si è affrettato a lanciare un Tweet dove si è ben guardato dal condannare Trump per quanto stava avvenendo e non lo ha nemmeno menzionato. Per non dire poi dei vari messaggi espressi da personaggi politici (sempre Tweet) sui fatti di Washington che verso Trump non hanno mai nascosto simpatie, anzi. Due nomi a caso: Salvini e Meloni.

Però, torniamo con i piedi sulla terra. Quanto volte avete pensato ai disastri della sanità pubblica in Italia e a come, in modo martellante e costante, è stata attaccata e smantellata per far posto a quella privata? Più o meno, si tratta della stessa intenzione perseguita dal golpista americano che ha cercato di demolire l’Obama Care, la riforma sanitaria che si proponeva di garantire a tutti i cittadini USA il diritto alla salute contro l’invadenza e l’arroganza delle compagnie di assicurazione. Oppure provate a pensare a quanti nostri connazionali gli viene l’orticaria quando incontrano un extracomunitario profugo o clandestino, “negro” o del Bangladesh, tradotto nel diffuso modo di pensare “prima gli italiani” preso pari pari dal trumponiano “America First”. Del resto, come dimenticare le fortune che ha avuto nel nostro Paese un certo Steve Bannon, a suo tempo grande consigliere di Trump con forti “entrature”, simpatie e frequentazioni con i sovranisti nostrani?

Il “trumpismo” dunque come malattia infettiva della democrazia che porta, fatalmente, ad una architettura di pensiero di tipo fascista e ai bordi del neonazismo. Talvolta, questo virus non si manifesta apertamente, e striscia infido tra le pieghe della società e della politica fino ad assumere sembianze “moderatiste” e relativiste. 

Si pone il solito eterno e fondamentale problema: come vengono raccontati i fenomeni e come vengono "misurati" e percepiti? Vedi il caso dello scorso giorno con i fatti di Washington: come sono stati riportati dai Tg del Servizio Pubblico?  Come abbiamo scritto ieri, la rete che ha dedicato più spazio nell’ora di maggiore ascolto è stata RaiDue, con il suo Tg diretto da un noto esegeta di Trump, Gennaro Sangiuliano, che nella prefazione alla sua biografia del Presidente USA ha scritto : “L’elezione di Trump, a prescindere dai tratti naïf e in alcuni casi sconcertanti del personaggio, appare essere un tentativo di risposta alla dissoluzione delle identità nel magma cosmopolitico auspicata dalle nuove classi globalizzate, rampanti e segnate dal tratto estetico del giovanilismo. Una rivendicazione di democrazia rispetto a quella che viene definita la desovranizzazione della politica”. Lo stesso Sangiuliano ha poi dichiarato in un trasmissione di Agorà su RaiTre nello scorso novembre che “Io penso che per la difesa dei diritti umani e dei valori fondanti dell’Occidente, valori di libertà, di democrazia, anche di rispetto delle donne, di emancipazione sia auspicabile la vittoria di Trump…” (https://www.raiplay.it/video/2020/11/Agora-40654bc6-702a-4d68-9787-f14eed4a3a81.html circa al minuto 13o   segnalato da LaVigilanzatv.it). Per dovere di cronaca, segnaliamo anche anche le dichiarazioni di Marco Travaglio a La7: https://www.la7.it/laria-che-tira/video/usa-marco-travaglio-come-europeo-credo-che-avessimo-piu-da-guadagnare-con-trump-20-12-2020-356529 . Amen!

Un capitolo a parte si potrà dedicare al Tg1, al Tg3 e a RaiNews24.

Ora il tema è come verrà ancora raccontata questa vicenda: alcuni già la spacciano come un episodio isolato ad opera di un banda di scalmanati sciamani, senza arte ne parte, in una democrazia sostanzialmente sana. Altri invece come la naturale, e prevedibile, evoluzione di un modello sociale, culturale e politico di un Paese che non ha saputo ancora liberarsi dei tanti scheletri nell’armadio e ogni tanto ne rigurgita qualcuno e che, comunque, ha un’anima profonda (composta di 72 milioni di elettori) che sostiene, aderisce e si riconosce convintamente in Trump.

La domanda che ci poniamo è semplicemente se la Rai, il Servizio Pubblico, è in grado di raccontare correttamente questa storia? Forse anche si, a condizione che sia in grado di liberarsi anch’essa di qualche scheletro del “trumpismo” più o meno nascosto in qualche armadio di Viale Mazzini.  

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