Ricordiamo a tutti che da oggi è disponibile, con una mail di richiesta,
il nuovo BloggoRaiReport con la sintesi mese per mese di un anno di Rai e dintorni.
Come anticipato, abbiamo chiesto ad alcuni nostri lettori di darci un loro punto di vista su quanto intravvedono nel prossimo futuro nel sistema delle telecomunicazioni e della televisione pubblica e privata (a tempo indeterminato, settimane, mesi, anni) e ci è tornata qualche prima riflessione. Sul primo argomento, tutti concordano su due capisaldi: uno tecnologico e uno normativo (giustapposti in questo ordine perché siamo ancora dell’idea che sia la tecnologia che guida la normazione e non viceversa, purtroppo). Sul primo, sostanzialmente ci si aspetta lo sviluppo intensivo del 5G in tutte le sue derivazioni che, a sua volta, si connette con il dispiegamento della BUL. Da segnalare oggi sul Messaggero un articolo a firma Michele Boroni: “Così il 2020 del digitale è solo l’inizio di un’era”. Siamo in ritardo rispetto agli altri paesi europei.
Il secondo caposaldo si riferisce all’arena dello scontro epocale che sarà, appunto, l’Europa delle nuove regole. Ci sarà un obbligo, imposto anche dalle disposizioni comunitarie (vedi recente sentenza della Corte di Giustizia di Bruxelles) per quanto riguarda il nostro Paese, di adeguare il sistema delle TLC al nuovo contesto di mercato. Lo stesso Governo, al punto 14 del suo programma, lo aveva previsto anche se, finora, non sembra essersene occupato. Ci saranno passi in avanti su questi temi? Si prospetta allora uno scontro frontale e globale sulle nuove “regole del gioco” tra broadcast e broadband, tra i colossi del Web prepotenti ed arroganti e gli operatori europei? Sono leciti dubbi: occorre avere progetti e visioni accompagnati da forte capacità di azione politica e, francamente, ambedue non si intravvedono affatto all’orizzonte, almeno in Italia. Di questi argomenti se ne parlerà a Roma il prossimo 29 gennaio, nel corso della sessione annuale di Eurovisioni.
Più articolate e complesse le riflessioni sul fronte Rai. Anzitutto il Piano industriale. Come noto, era stato “congelato” fino al 31 dicembre per le note difficoltà legate al Covid. La domanda è: una volta scongelato, sarà ripreso da dove era rimasto (cioè quasi a nulla) oppure si appresta ad essere rottamato vista anche la sua prossima scadenza naturale, prevista appunto per quest’anno? Lo abbiamo scritto tante volte: il Piano era ed è come una vettura con una ruota sbilenca perché mancano i soldi per renderlo attuabile. Si vorrebbe fare molto (la Media Company) in cambio di poco e pure quello che si sarebbe potuto fare non è stato fatto (vedi canali inglese e istituzionale). Il Piano industriale tra costo per la società di consulenza per la stesura e costo per la sua “messa a terra” è stato più un "impiccio" che un vantaggio. Dunque, a che punto è la notte? Non è dato sapere anche perché questo tema si collega direttamente a chi dovrà essere incaricato di completarlo/chiuderlo/superarlo o non sappiamo quale altro termine usare per definire questo argomento. Come noto, questo Cda scade a giugno e, da tempo, si sente dire che potrebbe essere possibile un cambio in corso d’opera con le dimissioni di AD “sponte sua” o imposte dall’esterno, magari con l’offerta di altro incarico. Il PD, per bocca dell’azionista di maggioranza Gualtieri, è stato lapidario: questi consiglieri possono rimanere fino a giugno poi tutti a casa. Se dovessimo scommettere qualche euro per un caffè, ci verrebbe da dire che rimarrà tutto fermo, come da gloriosa tradizione: chi si prende la briga di dover mettere mano ora ad un piano defunto che, per di più, non ha alle spalle nemmeno il supporto di un Governo diviso e confuso sul tema Servizio Pubblico? Ma, ci viene fatto osservare, l’anno in corso si caratterizza per il prospettarsi della madre di tutte le battaglie politiche: quella dell’elezione del prossimo Presidente della Repubblica. Lasciare l’informazione pubblica nelle condizioni in cui si trova? Forse anche no: potrebbe convenire ad alcuni guadagnare posizioni di vantaggio in termini di visibilità e consenso o, viceversa, per altri, mantenere tutto esattamente come si trova. Partita molto, molto complessa perché si gioca su tanti tavoli e con tanti personaggi che agiscono su scenari diversi e complementari. Morale della favola: per quanto abbiamo potuto riscontare con i nostri lettori ci sarà una lunga fase di navigazione a vista, senza rotta e senza destinazione, senza progetto e senza visione. Una volta Giuseppe De Rita del Censis usò una metafora convincente: il Paese sembra una barca in mezzo al mare che non sa dove dirigersi, non c’è il capitano a bordo, l’equipaggio è confuso e non tira un alito di vento. Non siamo molto distanti se si potesse applicare lo steso ragionamento per la Rai.
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