Ci sono immagini che da sole sono in grado di raccontare e di esprimere meglio quanto pagine di libri non sono capaci. I romani lo sapevano benissimo e Augusto, tra i primi imperatori, ne aveva fatto quasi una scienza. Questa mattina, alla vigilia di una crisi politica e sociale devastante prossima ventura vi proponiamo La zattera della Medusa di Géricault:
Veniamo ora ai nostri argomenti e pure in questo caso l’immagine di Géricault ci è di aiuto. Per essere gentili e usare un eufemismo, la Rai è in difficoltà: economiche, editoriali e tecnologiche. Non ci ripetiamo: i nostri lettori sanno già tutto. Questa crisi politica potrebbe per certi aspetti aggravare ancora di più la situazione o magari, per altri aspetti, agevolarla. La mancanza di interlocuzione politica mette il vertice Rai con le spalle al muro e, per quante poche settimane ancora gli si prospettano davanti, devono assumersi da soli le loro responsabilità. Se tanto mi da tanto e si tirano le somme di questi tre anni trascorsi, non c’è molto da stare allegri. Per altri aspetti, potrebbe essere un vantaggio: agevolare la rapida sostituzione di questo Cda e iniziare una nuova avventura, però purtroppo ancora con la vecchia legge del 2015.
A Viale Mazzini, ogni giorno che il buon Dio manda in terra, tanti dirigenti assai permalosi con i quali dialoghiamo hanno il mal di pancia: il combinato disposto tra il Prode Anzaldi (renziano di ferro), la Commissione di Vigilanza (che oggi si dovrebbe riunire per audire il prode direttore Sinisi al quale gli verrà chiesto conto del presepe laico e fantasmatico), i servizi di Striscia la Notizia su Canale 5, Dagospia e la cronaca quotidiana raccontata più o meno dai tanti siti o blog (come questo nostro) li fa sentire come gli accerchiati di Fort Apache. Loro sono sempre i buoni e tutt' intorno ci sono i cattivi in attesa del VII Cavalleria o la nave Argo che possa giungere a salvarli. Non pensano mai di essere stati chi più chi meno, talvolta, anche loro stessi causa del naufragio e, su quella metaforica zattera, di doversi impegnare a salvare il salvabile.
Ecco allora che i tanti tasselli del famoso gioco Jenga cascano una alla volta e, come ci ha ricordato un autorevole lettore con la citazione di Hemigway (Fiesta, pag 164): “Come hai fatto a fare bancarotta? Gradualmente prima e improvvisamente poi”. Oramai non passa giorno senza che arrivi una pallonata sui vetri di Viale Mazzini: vedi ieri sera quando prima Striscia manda in onda l’ennesimo servizio dove si spara a palle incatenate contro i documentari spacciati per originali e invece semplicemente acquistati e subito dopo manda in onda il programma inedito e dirompente “Viaggio nella Grande Bellezza” per oltre 3 ore. Sulla questione di Rai Doc, su quello che produce o meno, dopo la storia di Pompei, dello speciale su Eduardo De Filippo e di SanPa realizzato da Netflix con immagini Rai, c’è poco da aggiungere. C’è invece molto da dire sulla scelta di Canale 5 di produrre e mandare in onda un prodotto come quello di ieri sera.
Come pure c’è ancora da riflettere sulla serata di domenica scorsa quando davanti agli schermi di Rai Uno con la sua “Che Dio ci aiuti” e su Canale 5 con il film documentario sulla vita del Papa si sono raccolte oltre 8 milioni d persone. La sola intervista del Papa dopo il Tg5 ha raccolto oltre 5 milioni d telespettatori.
Dunque, ieri sera, qualità tecnica, originalità, immagini e testi suggestivi e descrittivi, curiosità e riprese originali e inedite all’altezza di Piero Angela. Già, ma cosa si cela dietro questa scelta editoriale di Mediaset e della sua rete ammiraglia? È verosimile che si tratta del proseguimento di quanto abbiamo scritto ieri (e che ha avuto molto successo di lettori): in questa fase particolare la competizione tra broadcasters si fa sempre più aspra sui contenuti e sull'immagine che si intende diffondere verso il grande pubblico. La posta in palio è semplicemente: chi assolve e chi si propone come produttore di “servizio” al pubblico? E poi, quale pubblico? La Rai è accerchiata: sul fronte informazione vede nemici agguerriti sia sul fronte lineare sia sul Web dove un numero crescente di telespettatori si rivolge in cerca di notizie. Sul fronte grande sport non ne parliamo. Sul fronte cinema la guerra è pressoché perduta. Il fronte intrattenimento vede la punta più avanzata con i Pacchi di Insinna in attesa di un Sanremo ancora in alto mare (sempre per una barca dimezzo). Rimane aperto il fronte fiction mentre si è aperto con grande clamore il fronte cultura. Anzitutto avvisate il Ministro Franceschini: abbiamo seri dubbi che la sua creatura di Piattaforma della cultura possa essere all’altezza di realizzare un prodotto come quello di ieri sera su Canale 5. Con i quattro spicci di cui dispone, bene che vada, tutt’al più può scaricare i costi e i rischi di produzione su chi poi concretamente realizza opere teatrali o musicali che siano. Capitolo chiuso e, come abbiamo scritto, in queste condizioni è quasi un bene che la Rai ne sia lontano da roba del genere.
In questo campo si comincia a porre anche un’altra grande posta in gioco: chi possiede e gestisce i diritti di ripresa e diffusione della “cultura” nazionale in tutte le sue forme? Quando si tratta di una chiesa, come ieri sera ad esempio con Orvieto e il suo Duomo: a chi si pagano i diritti di immagine? Alla città o alla Curia? E le riprese del Foro Romano? A chi appartengono le immagini? E il grande patrimonio di riprese di arte e cultura che giace nei magazzini Rai a chi appartiene: alla Rai stessa che le ha realizzate o allo Stato?
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