L’anno che è appena iniziato potrebbe essere quello di nuove regole e di una transizione tecnologica epocale. Le nuove regole saranno quelle che si dovranno scrivere per l’intero sistema delle telecomunicazioni dove, al primo posto, figurano quelle del mondo digitale e segnatamente della rete. Il nostro sistema delle TLC, nella sua forma più compiuta ed omogenea, è stato codificato e risale alla Legge Gasparri del 2004 e alle successive integrazioni/modificazioni (Romani). Un sistema tutto ancora ancorato ad un mondo analogico che però cominciava ad avvertire il nuovo mondo che stava avanzando. Da allora molto è cambiato e, come spesso avviene, la legislazione, la normazione, arriva sempre in ritardo rispetto all’innovazione. Tra chi arriva prima e chi in ritardo si apre una terra di mezzo dove impera la pirateria, dove governa chi mette per primo la bandierina come i cercatori d’oro nel Far West, dove le sorti della società e dell’economia sono dettate dal più forte che magari coincide con il più ricco. La tanto vituperata Europa, almeno da questo punti di vista, ha visto giusto e da tempo sta chiedendo con forza, seppure forse con scarso risultato, la revisione e la scrittura di nuove regole del gioco tecnologico valide per tutti, compresi i "prepotenti del Web" come i colossi americani.
La recente sentenza della Corte di Giustizia di Bruxelles ha riposizionato il tema della concentrazione dei gruppi editoriali che operano nel continente (da rileggere https://www.ilsole24ore.com/art/mediaset-corte-ue-boccia-norme-che-congelano-quota-vivendi-AD9oqvm ) e, per quanto riguarda il nostro Paese, ha posto il vincolo della revisione del TUSMAR (la prima versione risale al 2005) e la ratifica della Legge di delegazione europea che, all’art. 4 detta i criteri di delega per l’attuazione del nuovo Codice europeo delle comunicazioni elettroniche (nonché l’introduzione di misure di semplificazione per lo sviluppo della connettività e per potenziare gli investimenti in reti a banda ultralarga, sia fisse che mobili, e la revisione dell’apparato sanzionatorio amministrativo e penale). Peraltro, occorre ricordare che AgCom è entrata nel pieno delle sue funzioni da pochi mesi e proprio su questi temi è chiamata subito a far sentire il suo peso. Superfluo ricordare che la riforma del sistema delle TLC fa parte del programma di Governo all’art. 14, argomento sul quale non è stata mossa una paglia, mentre PD (Orlando e Fedeli) e M5S hanno presentato proposte di modifica della governance Rai. Senza entrare eccessivamente nel merito, si tratta di iniziative destinate a ridisegnare in modo sostanziale il perimetro di azione e di sviluppo di tutti i comparti del sistema delle telecomunicazioni che, direttamente o indirettamente, sono connessi tra loro. Connessione non solo economica ma anzitutto politica e finanziaria. Vedi il tema BUL, 5G e prossima transizione al DVB-T2: mica robetta da poco.
Questi temi, appena accennati, saranno i capisaldi del prossimo anno sui quali si concentreranno tutte le tensioni e il dibattito politico economico e finanziario. Governare questi tre temi significa gestire le sorti, le redini, sul futuro del Paese.
Molti in Italia in questi giorni si stanno lambiccando il cervello per capire il senso di una possibile crisi di Governo e tra le domande una regna sovrana: perché Renzi vorrebbe far saltare il tavolo? Al di là delle personali ambizioni, ci potrebbero essere almeno due buoni motivi: mettere la mani in pasta nella prossima grande tornata di nomine di partecipate e consociate e una voce in capitolo sui soldi che potrebbero arrivare in Italia, appunto, da Bruxelles con il Recovery Plan. Sono tutti argomenti che, in un modo o nell’altro, impattano frontalmente sul Servizio Pubblico radiotelevisivo destinato a subirne tutte le conseguenze. A settembre scorso, quando il dibattito sulla ipotesi di Rete unica si stava facendo più intenso, il Cda Rai approvò un indirizzo con il quale delegava l’AD a partecipare a tutti i tavoli di dibattito e confronto sull’argomento e, contestualmente, ha formato un “gruppo di lavoro”. I tavoli non sono stati più apparecchiati e il “gruppo di lavoro” è rimasto tale. Non solo, come abbiamo scritto ieri, la Rai è stata e purtroppo sarà ancora merce di scambio e fa parte del pacchetto di nomine che presto si dovranno fare per rinnovare il Cda. Evidente come questa partita non sarà di secondo piano e non passerà inosservata. Il controllo sulla Rai è merce pregiata.
La cronaca quotidiana non ci fornisce spunti interessanti, a parte la coda lunga sulla “balla” di Pompei che con significativo ritardo (siamo stati forse i primi a sollevare il problema, nessuno ci ha citati ma è meglio così) è stata osservata dalla stampa. Verrebbe da fare una nota sul Fatto Quotidiano che ora, pur di sostenere il Governo Conte e le sua derivazione in Rai (Salini) si arrampica sugli specchi e, a proposito di Pompei, oggi pubblica un soffietto a difesa del documentario farlocco. Si potrebbe liquidare il tutto come chiacchere da bar, come sottobottega di polemichette, ma così non è: si tratta di un piccolo tratto di un grande disegno. Se non si è in grado di cogliere i particolari, anche il quadro generale risulta confuso ed opaco.
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