Le sorti del Paese e della Rai legate ai “ma” e ai “boh”. Da accaniti giocatori (di tutto: dal poker al risiko, dagli scacchi al tresette) aggiungiamo pure il “se”. La congiunzione “ma” è quella che segna la lettura della votazione al Senato di ieri sera e che si trova nei titoli del Corriere e de La Stampa: “Fiducia a Conte ma con 156 voti” il primo e “Conte si salva ma così non governa”. La interiezione “boh” (secondo la Treccani esprime incertezza o incredulità, oppure disprezzo, riprovazione) è la risposta ai genitori di tutti gli interrogativi: e ora cosa potrà succedere? Boh!!! Tante le variabili in gioco: anzitutto l’evoluzione della pandemia e poi l’economia e quindi la società tutta sottoposta ad una pressione inattesa e spaventosa e dalle conseguenze ancora tutte da verificare.
La stessa domanda, per quanto riguarda e interessa questo Blog, si pone per il destino del Servizio Pubblico dove abbiamo rilevato una singolare quanto fatale combinazione: sia la maggioranza che sorregge (si fa per dire) Conte sia l’attuale Cda Rai devono “tirare a Campari” fino a giugno. Per la politica significa arrivare alla soglia di sbarramento dell’impossibilità di sciogliere le Camere con l’inizio del semestre bianco di Mattarella e, nello stesso mese, si dovrebbe procedere al rinnovo degli amministratori di Viale Mazzini. In verità, ci spiega dottamente un nostro esperto consulente, a norma di Codice Civile, il Cda si potrebbe anche considerare dimissionario con la presentazione del bilancio che dovrebbe avvenire entro la fine del prossimo aprile e questo potrebbe dar modo ai due rami del Parlamento di procedere alla nomina dei nuovi consiglieri. Beninteso, ci sono anche in questo caso molti “ma” e molti “se” insieme a qualche “boh”. Il primo “ma” si riferisce alla legge 220 del 2015 con la quale sono stati introdotti i criteri di nomina del Cda. Da molte parti sono state avanzate proposte di modifica della governance (PD, M5S e Leu), cioè le tre forze di governo, ma, appunto, è lecito dubitare che con questi chiari di luna ci possa essere voglia e tempo per occuparsene. Quindi, in soldoni, si va al rinnovo con la vecchia Legge e poi si vedrà. Già, ma quando? Alla sua naturale scadenza oppure, come molti vaneggiano, si può immaginare una proroga? Questa è sempre possibile “de facto” come la recente storia di AgCom ci ha insegnato. È sufficiente non fare nulla e lasciare tutto in sospeso, esattamente come gli altri grandi dossier sui quali il Governo in carica ha dato ampia prova di incapacità a decidere: Ilva, Autostrade, MPS, società unica per la fibra etc.
Non ci stupirebbe affatto che gli eventi possano andare in questa stessa direzione. Nei giorni scorsi abbiamo riferito di alcuni umori che abbiamo intercettato a Viale Mazzini: la crisi di governo e il possibile scioglimento anticipato delle Camere avrebbe fatto tirare fuori le bottiglie di Prosecco dai frigoriferi personali di tanti dirigenti, per lo più in transito ma anche qualche residente stanziale, proprio perché, di fatto, avrebbe impedito “manu militari” il rinnovo del Cda e dato quindi la stura alla sua proroga. Salini &Co (e poi vedremo &Co) avrebbero avuto buon gioco nel sostenere che “questo ci consentirebbe di riprendere il Piano industriale sospeso da un anno causa Covid”.
Ci appare una ipotesi ormai, forse, naufragata perché come abbiamo scritto, si faranno le barricate pur di non andare alle elezioni anticipate dove si rischia l’osso del collo e si consegnerebbe il Paese nella mani di un elettorato che sembra fortemente orientato a votare a destra.
Dunque, ora cosa succede alla Rai “se” Conte riesce a rimettere in piedi i cocci del suo Governo? La risposta potrebbe anche essere “boh”, però qualche indizio che potrebbe consentire qualche azzardo si può intravvedere. La Rai è un nervo scoperto nelle sensibilità politiche per noti motivi e solide argomentazioni. Non conviene a nessuno lasciarla in balia degli eventi, economici anzitutto. Nell’ultimo periodo, a parte Conte, pochi hanno dato segnali distensivi verso Salini &Co, per primo Gualtieri che gli ha intimato un chiaro avviso di sfratto con allegato giudizio di merito sul suo operato condensato nell’uso ripetuto dell’aggettivo “serio” nella sua relazione in Vigilanza. In soldoni, se Gualtieri rimane Salini prepara i bagagli. Difficile immaginare che l'Azionista di maggioranza Rai possa rimangiarsi quanto ha detto. C’è però una variabile incognita che potrebbe sparigliare il tavolo e non si riferisce subito alla Rai: la partita Mediaset/Vivendi con in mezzo TIM (ad aprile ci sarà l'Assemblea) che passa, a sua volta, nella grande partita della ripartizione delle risorse economiche e nel riassetto dello sviluppo tecnologico del Paese. Questi soggetti intervengono pesantemente in tutto il perimetro delle TLC e dall’esito di questo confronto/scontro si potrà capire qualcosa di più sul ruolo che potrebbe ricoprire il Servizio Pubblico.
Certo, se dovessimo giudicare alla luce di quanto finora successo, se tanto mi da tanto, il Destino sembra già segnato. Per la Rai si tratta di marginalità o irrilevanza o, nella migliore delle ipotesi, confinamento alla periferia dell’impero mediatico. Sotto botta della pubblicità in ribasso, sotto schiaffo dei vari Neflix e soci, indifferente alle grandi partite sui contenuti (salvo la fiction), inosservata sugli investimenti tecnologici (transizione al DVB-T2). Lo abbiamo scritto e non abbiamo ricevuto smentite: non vediamo all’orizzonte il VII cavalleria che potrà salvare, appunto, il cavallo di Viale Mazzini. Ieri, ascoltando i vari interventi al Senato, abbiamo colto un segno comune: la mancanza di una visione, di un progetto generale, di una prospettiva, di un’identità del Paese. Anche questo abbiamo scritto e oggi più che prima lo riproponiamo: vale lo stesso, pari pari, per la Rai. Se Salini &Co hanno una colpa primigenia e imperdonabile ed è proprio nel non avere fatto NULLA in questo senso. Non hanno mosso una virgola per promuovere un dibattito, una riflessione, un’idea di Rai per il prossimo futuro. Amen. Sotto al prossimo.
bloggorai@gmail.com
Ps: su Sanremo siamo all'inizio di una battaglia epocale: sarà difficile sostenere che il resto del Paese sarà chiuso e solo il Festival sarà aperto.
Nessun commento:
Posta un commento