lunedì 11 gennaio 2021

La Rai oltre il suo Destino

Il Destino, si sa, spesso è bizzarro. Quanto meno te lo aspetti… e zaccheteee… ti trovi la sorpresa sull’uscio di casa. Però, non sempre è così e ci piace ripetere spesso e volentieri che, talvolta, il Libro del Destino è sempre aperto e basta saperlo leggere e ci si trova pressoché tutto già scritto. Come è successo esattamente ieri sera guardano la televisione. Nel tardo pomeriggio abbiamo lanciato un Flash su una notizia che alla mattina ci era sfuggita: un’intervista, una serata intera, di Canale 5 dedicata a Papa Francesco. Sempre quel Destino bizzarro ha voluto che, sempre ieri sera, su Rai Uno andasse in onda la fiction “Che Dio ci aiuti”. Già, ne abbiamo proprio bisogno ma sembra averne bisogno particolarmente il Servizio Pubblico che, sempre ieri sera, ha visto scorrere sui suoi schermi una delle sue pagine che ci verrebbe da dire semplicemente “brutte” ma sostanzialmente più complesse da decifrare.

Andiamo con ordine. Il Papa ha una sua “strategia” mediatica e comunicativa totale e assoluta che potrebbe benissimo fare a meno di stampa, radio e televisione. Sarebbe sufficiente la predica e la pratica quotidiana, sarebbe anche sufficiente la sua Benedizione Apostolica della domenica. Eppure, come abbiamo osservato, nelle ultime settimane il Papa ha utilizzato la carta stampata con interviste ad un periodico sportivo e uno di moda dove su questo imperava il titolo "Fratelli e sorelle" (da leggere un interessante articolo su Domani, a firma Marco Grieco, con il titolo “Bergoglio su carta patinata. La strategia di comunicazione pop del Papa che piace alla gente che piace”) e, ieri sera appunto, ha rilasciato una lunga intervista al Tg5 alle 20.30, ora di massimo ascolto televisivo dove poi, a seguire è andato in onda un film documentario sulla vita del Pontefice. 

La domanda semplice che abbiamo posto è perché questa intervista, questa “operazione mediatica" non l’ha compiuta la Rai? Abbiamo girato la domanda ad autorevoli lettori esperti del tema. La prima risposta, e forse la più significativa è stata “…semplicemente perché la Rai non l’ha richiesta …”. Già. Potrebbe essere proprio così e allora è necessario porre la domanda corollario: perché non l’ha richiesta? Chi decide quali sono i temi meritevoli di essere affrontati? E qui il ragionamento si fa più complesso e lo affronteremo più avanti. Un'altra risposta suggestiva è stata: “…attenzione al pubblico di Canale 5 dove, a quanto si legge ( https://mediasetitalia.ca/shows/tg5/ ) è “Tra il pubblico compreso fra i 15-64 anni, il cosiddetto target commerciale, il Tg5 si conferma leader dell’informazione e, in generale, il pubblico giovane dimostra una predilezione particolare per il telegiornale di Canale 5”. Chiederemo agli esperti di analisi degli ascolti se questa affermazione è attendibile. Certo è che si tratta di una scelta “editoriale” che il Papa ha operato preferendo il principale canale commerciale contro quello del Servizio Pubblico che certamente non è casuale. Infine, la terza e forse più rilevante risposta è quella che colpisce in modo più duro, diretto e frontale: “… perché la Rai, in questo momento storico e per il prossimo futuro, è destinata ad un futuro irrilevante, subordinato rispetto alle grandi trasformazioni tecnologiche, posta in secondo piano dalla politica e dall’economia …” ci dice un autorevole dirigente di Viale Mazzini con tono rassegnato. Già, il suo futuro, il suo Destino (con la maiuscola) è proprio il tema centrale di questo Blog e proprio quello sul quale cominciamo anche noi ad avvertire una sottile distanza e, sempre più spesso, siamo attratti da altri futuri, da altri scenari.

Dunque, il tema centrale del dibattito si riferisce ai “pubblici” delle televisioni generaliste e, in particolare, a quei segmenti economici e culturali di maggior pregio. Pregio dal punto di vista economico, per quanto possono orientare i budget pubblicitari e pregio culturale perché in determinati segmenti di pubblico si definiscono le identità sociali del Paese. Vogliamo semplificare sostenendo che il Papa ha voluto rivolgersi ad un pubblico, si presume, che la Rai ha perso o, se vogliamo essere più chirurgici, ha relegato alla “cultura dei pacchi” e dei quiz di Rai Uno dopo il Tg? Ipotesi verosimile. Per ulteriore conferma, ieri sera è avvenuto un fatto collaterale che, in un certo senso, irrobustisce l’ipotesi. Intorno alle 19.25 sul finire del Tg3 compare Fabio Fazio che propone i temi e gli ospiti della serata che segue e, con enfasi che ha colpito, ha anticipato la presenza della “regina” della televisione, Maria De Filippi. Ora, credo si siano pochi dubbi sul fatto che una certa “cultura nazionale” si sia forgiata, plasmata, sulle note di trasmissioni come “Amici”, “Uomini e donne” e, per ultima in ordine del successo recentissimo di sabato scorso, di “C’è posta per te” (da leggere oggi una nota di Aldo Grasso sul Corriere con il titolo “«C'è posta per te», un contenitore di tutta la poetica defilippiana.  Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo. II famoso incipit di Anna Karenina non deve essere sfuggito a Maria De Filippi…”. Ebbene, cosa è successo ieri sera ad un certo punto nella trasmissione di Fazio su RaiTre? Semplice: è stato ricreato un studio Tv simile a Canale5 e realizzata una parodia della trasmissione postale della De Filippi che ha imperversato sovrana durante la trasmissione. Magari qualcuno, di bocca buona, potrà anche sostenere che oggi la televisione, anche quella proposta dalla Rai, deve essere “ibrida” o contaminata nei generi, nei contenuti e nei personaggi che la animano che dir si voglia. Si vorrebbe ricondurre tutto ad un “flusso” o a un “mood” generalista e universale che attraversa linguaggi, comportamenti individuali e collettivi, sensibilità e orientamenti diffusi fino a rendere labili e confusi i confini tra informazione e comunicazione. Che siano in corso fenomeni di “transizione” importanti e significativi nelle nuove composizioni sociali, nel mercato, e dunque nella società e nella politica che si esprime a sua volta è certamente condivisibile. Ma è lecito dubitare che siamo giunti al punto di non ritorno della fusione nucleare tra pubblico e privato, tra Stato e mercato, tra società civile e società finanziaria. Per quanto ci riguarda, siamo ancora dell’idea che ci deve essere ancora un largo margine di differenza tra queste opposte polarità a marcare il segno dell’interesse collettivo, pubblico, da quello privato. Esattamente in questo territorio crediamo si trovi il centro di gravità permanente sul quale poggia la Rai, il Servizio Pubblico.

Infine, chiudiamo su un tema che vorremo approfondire e riguarda il silenziamento operato dai social network verso Trump. In molti si stanno chiedendo se sia giusto e meno che un soggetto privato, appunto, possa determinare autonomamente ciò che è lecito o meno, ciò che deve essere punito o graziato. Anche noi ci siamo posti questo dubbio: Trump ha fondato il suo “impero” mediatico con i social network che, solo in finale di tragedia, si accorgono della sua pericolosità. Si può lasciare che arbitri unici di questo confronto/scontro siano gli stessi che, direttamene o indirettamente, partecipano al gioco?

Lo spazio per oggi è esaurito, ci torneremo.  

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