Sarà capitato anche a voi … di avere il telecomando del televisore in mano e non sapere bene cosa andare e cercare dove. Allora si vaga, si fa zapping e si vede quello che passa il convento audiovisivo. È successo ieri sera di essere incappato in un canale dove trasmettevano il campionato USA di wrestling che non è uno sport ma sembra molto popolare. Ed ho notato questa immagine:
(tratta da ZonaWretsling.net)Si tratta di una immagine simile che abbiamo notato in occasione del concerto di Capodanno da Vienna: il pubblico partecipa attivamente allo spettacolo in collegamento streaming da casa (pagando). Nei giorni scorsi il Foglio ha pubblicato un lungo e interessante articolo, firmato da Andrea Minuz, con il titolo “Stregati dallo streaming” dove si analizza il confronto/scontro tra televisione lineare e non lineare in epoca Covid e al suo post. Anzitutto da osservare che l’elenco dei protagonisti di questa arena si arricchisce e si irrobustisce progressivamente, in termini di operatori, di pubblico e di fatturato. Si tratta di una crescita esponenziale che è iniziata ben prima del Covid e non si fermerà quando questo (speriamo presto) terminerà. Questo perché, semplicemente, si sta radicalizzando e consolidando una “cultura” della fruizione di televisione composta di contenuti alternativi e sempre più concorrenziali con quelli della televisione tradizionale. Attenzione: il tema non è solo la capacità di penetrazione delle nuove piattaforme in termini commerciali, di modello di business, di utilizzo di algoritmi complessi, ma anche proposizione di nuovi linguaggi, di una diversa grammatica della televisione, di capacità di intercettare e rispondere rapidamente ad una domanda nuova e più sofisticata da parte del pubblico. Per decenni, siamo stati abituati a “misurare” il successo di un prodotto in relazione a quanto pubblico era in grado di raccogliere davanti alla televisione. Oggi questo dato potrebbe essere non più rilevante perché un prodotto viene diffuso in orari diversi, in tutto il mondo e non più solo sulla televisione. Oggi il pubblico, i telespettatori, si “pesano” e non si “contano”: il solo dato numerico fornito dagli indici di ascolto, dalla share, non rendono più attendibile la misurazione qualitativa del prodotto televisivo. I telespettatori, a nostro giudizio sempre più, si “pesano” anche il relazione al tipo di scelta editoriale che viene compiuta, al genere e alla qualità del prodotto, di contenuto che viene proposto al grande pubblico. Vedi quanto successo domenica sera: alle 20.30 Canale 5 ha proposto in prima serata un’intervista al Papa che ha raccolto oltre 5 mln di telespettatori. Un dato che potrebbe far felici i cultori dello share ma è evidente che si tratta di una operazione che non punta solo al marketing quanto alla competizione delle diverse categorie di pubblico, in particolare nella falsa dicotomia giovani/anziani. In questo senso sembra prender sempre più forma l’assioma giovani/streaming vs anziani/tv tradizionale.
Nei giorni scorsi sono stati tirati i conti degli ascolti televisivi 2020. Secondo quanto riportato dall’Ansa (su dati elaborati dallo Studio Frasi) l’ascolto complessivo medio dello scorso anno è salito di oltre 1,1 mln di persone nel day time e di oltre 2,2 in prime time. Sono stati in giovani i protagonisti di questa crescita che sono cresciuti di 5 punti di share in prima serata rispetto allo scorso anno. Due giorni addietro, il Fatto Quotidiano con la firma di Gianluca Roselli ha riportato i dati degli ascolti digitali tratti da un solito “report riservato” di fonte Rai. Vale la pena riportare un passaggio integrale: “Rai in crisi sul WEB: Mediaset stravince con reality e fiction Online. Viale Mazzini arranca: sette dei primi dieci programmi più visti nel 2020 sono del Biscione. Vola l'intrattenimento: bene "Uomini e Donne" e "Daydreamer" ». Per gli italiani non ci sono solo Netflix, Amazon Prime, Tim vision o Disney. L'analisi del pubblico che nel 2020 ha fruito della televisione attraverso i device collegati al web dimostra un balzo in avanti di circa il 30% rispetto all'anno precedente. Un aumento dovuto ai lunghi mesi chiusi in casa per il lockdown di primavera e per le restrizioni autunnali, ma anche a una maggiore offerta. La conseguenza della pandemia è stata una grande voglia di evasione, con la prevalenza di programmi leggeri come reality show, serie W, fiction e sport. Ma ciò che balza agli occhi è che a stravincere siano i canali Mediaset rispetto a quelli Rai, nonostante gli sforzi che la tv pubblica ha messo in campo negli ultimi anni per colmare il gap sul digitale. Il report riservato che il Fatto ha avuto modo di consultare descrive i dati di ascolto da gennaio a dicembre 2020 con una rilevazione effettuata su tablet, smartphone, smart tv, pc e game console, con il monitoraggio degli ascolti online dei cinque editori principali (Rai, Mediaset, La7, Sky, Discovery) che rappresentano l'86,5% del totale”.
Abbiamo ripescato un importante documento di fonte Rai: il Media Trends 2019 dove si evidenziavano le criticità delle nuove dimensioni degli ascolti televisivi. Questo un quadro significativo:
Sta a significare esattamente che l’arena del confronto/scontro si colloca esattamente all’incrocio tra tecnologie e contenuti, tra piattaforme e pubblico di riferimento. Come abbiamo scritto più volte, si tratta esattamente della stessa arena dove il Servizio Pubblico dovrà competere.
Nota a margine: nei giorni scorsi Key4biz, con la firma di Angelo Zaccone Teodosi, ha dato per primo la notizia della nascita di “ItsArt” la cosidetta “piattaforma digitale della cultura italiana” e oggi il tema è stato ripreso sul Sole24 ore. Ne abbiamo già parlato: la Rai ne è fuori (anche se sembra ci siano trattative in corso per farla rientrare) e, forse, da un modello del genere, tutto sommato, è quasi un bene che ne sia fuori. La cultura del e dal Servizio Pubblico dovrebbe essere distinta e distante da quel modello.
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