venerdì 14 marzo 2025

Si può uscire dal labirinto RAI? Forse si

by Bloggorai ©

Si ... lo ammettiamo: anche a Bloggorai ogni tanto viene un momento di sconforto. Del resto, ci avviciniamo alla famigerata “crisi del settimo anno” perché il prossimo giugno saranno ormai circa 2.555 giorni ininterrotti di Bloggorai online. Ogni giorno un Post e abbiamo toccato quasi tutto lo scibile Rai, del Servizio Pubblico. Risultati: zero! O quasi. Ma è proprio il “quasi” che ci risolleva dallo sconforto: abbiamo iniziato con poche decine di lettori, amici, parenti e conoscenti, e oggi ci troviamo ad essere tante centinaia che, come avvenuto ieri, pure se non abbiamo pubblicato nulla, vanno a cercare Bloggorai.

Grazie care lettrici e cari lettori. E’ un buon segno e fintanto che si avverte forte e chiaro, andiamo avanti.

Bene, allora andiamo avanti? Si va bene ... ma dove. Verso quale direzione? Nessuna, giriamo a vuoto, nel nulla, nella palude. A meno che oggi siate interessati a sapere che Carlo Conti non condurrà il prossimo David di Donatello (è grave!!!) non c’è altro da commentare. Amen.

Allora rimettiamo in ordine il punto: il Cda naviga a vista, non c’è e non ci sarà presidente all’orizzonte. La Vigilanza Rai non viene nemmeno più convocata: inutile. Le nomine delle testate non sembra siano all’ordine del giorno del prossimo Cda: inutili. Piano industriale? Chi l’ha visto? informate la Sciarelli e tutto il resto è noia allo stato puro, compresi i programmi in prima serata che l’un per l’altro vagano nel quasi vuoto mentre di approfondimento giornalistico non c’è la più pallida traccia. Con buona pace della “missione” di Servizio Pubblico e di chi, ogni tanto, fa finta di volersi riferire alla BBC. Lasciate perdere, fate più bella figura a tacere.

Rimettiamo allora in ordine il punto centrale: perché ci troviamo nella palude? A riavvolgere il film la scena si illumina e fornisce la risposta. Riassunto delle puntate precedenti: il 7 agosto 2024 il Manifesto titola “Rai, le opposizioni al governo: prima la riforma, poi le nomine. «L'appello» Cambiare la legge per rispettare il Media Freedom Act. Per ratificare la nomina del nuovo presidente serve una maggioranza qualificata”. La firma all’appello è del PD, M5S e AVS.  il 10 settembre, sempre con gli stessi firmatari, l’appello si ripete e Repubblica titola “Rai, lo stop dell’opposizione: Prima le regole, poi le nomine. Dal PD a IV frenata sui nuovi consiglieri: Serve la riforma chiesta dalla Ue”. Si arriva al 26 settembre, intorno alle 17. Ci raccontano che la giornata è stata frenetica di trattative, soprattutto in casa PD: una parte vorrebbe chiudere l’accordo e gira il nome di Minoli presidente. L’altra parte non si fida (la Schlein) e si sfila: questo cda non lo votiamo e, infatti, M5S e AVS si votano i “loro” uomini di Pietro e Natale. La Floridia, presidente della Vigilanza, è ora contenta perché si può “incardinare” la riforma. Sarà poi talmente “incardinata” che è rimasta lì dov’era. 

La maggioranza comincia a fare muro sulla Agnes. Inaspettatamente, sulla Agnes le opposizioni si ritrovano compatte: la Agnes non la voteremo mai. I partiti di Governo rispondono (quasi) in coro: voi non votate la Agnes? E noi le riforma ve la facciamo vedere con il binocolo. Uno pari e palla al centro. Ma la partita non riprende. Giocatori, arbitro, guardalinee e raccattapalle sono rimasti negli spogliatoi a prendere un the tiepidino. Per aggiornamento: la Schlein proprio lo scorso 16 febbraio ha dichiarato “Sulla Rai non siamo della partita, subito la riforma”.

Vale la pena allora tornare sul tema “riforma” perché se non si chiarisce bene a che punto è la notte non si vedrà mai il giorno. Diciamolo chiaro e tondo: le sette proposte di riforma depositate in Commissione Trasporti del Senato sono strampalate, disomogenee e quasi tutte “vecchie” di anni, ovvero scritte prima del EMFA. Solo quella del M5S, a firma Bevilacqua, è dello scorso settembre. L’opposizione ne ha depositate altre 3 (Nicita, Pd, del 10/2022; Martella, PD, del 3/2023 e De Cristofaro, AVS-Si, del 7/2023) e nessuna tra loro cita mai, nemmeno di sfuggita il problema centrale cioè il canone mentre si concentrano tutte sulla riforma della sola governance (dove peraltro si propone la “fondazione” che Bloggorai ha già definito l’anticamera della privatizzazione).

Semplifichiamo e mettiamoci l’anima in pace: di “riforma” che tale dovrebbe essere, ovvero robusta e duratura ovvero votata a larghissima maggioranza parlamentare (Governo e opposizione) e che possa interessare tutto il perimetro del sistema audiovisivo nazionale e non solo la Rai, non c’è traccia e non c'è ragionevole motivo per cui si possa ritenere fattibile entro almeno un anno, ad essere ottimisti. Qualora fosse, si andrebbe a cadere proprio alla vigilia del rinnovo della Concessione prevista per aprile 2027 e sarebbe grave e pericoloso. Ne sono tutti talmente convinti che nella stessa Commissione del Senato non si parla nemmeno di calendarizzare le necessarie audizioni che potrebbero essere tante e necessarie. Punto, a capo.

Morale della favola: se si vuole uscire dal pantano Rai si deve risolvere anzitutto il problema presidenza, in un modo o nell’altro. Le soluzioni ci sono e sono alla portata e forse un pizzico di sano realismo sarà necessario trovarlo. Si può spaziare dal votare la Agnes o nel sostenere la “moral suasion” per le dimissioni di di Majo e Natale. Lasciare il cerino Cda totalmente in mano alla Meloni potrebbe non essergli facile da gestire. Dopo di che si potrà trattare, subito, il tema “riforma”.  

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