domenica 14 maggio 2023

RAI: non è e non sarà il solito giro di giostra

Foto di Frank da Pixabay

Non è il solito giro di giostra … non è così fan tutti … non è lo sapevamo da tempo … non è la solita minestra riscaldata in padella … non sarà tanto rumore per nulla … non sarà la “solita RAI, a parti invertite” (Polito, CdS) … non sarà il solito “meglio lui perché almeno è interno” … non sarà che “deve prevalere l’Azienda”…

Non sarà nulla di tutto questo quando invece ciò che è avvenuto e avverrà sarà del tutto straordinario, anomalo, inconsueto, e rispetto a tutto ciò che è avvenuto in passato sarà tutto molto minaccioso.

In primo luogo perché la miccia a questo cambiamento avviene sotto una spinta forsennata che punta dichiaratamente a ribaltare, a stravolgere e modificare il senso generale del Servizio Pubblico, universale e generalista e minarne le sue prospettive di sopravvivenza economica (canone) che è anche fonte della sua indipendenza. I governi precedenti, i partiti precedenti, seppure invasivi e prepotenti, non hanno mai mostrato la postura aggressiva e militare del “prendiamoci tutto subito e cambiamola narrazione del Paese e, già che ci siamo, mettiamo un petardo sotto il sedere del cavallo” e, anzi, al contrario, sono sempre stati bene attenti a lasciare spazi agli avversari. 

La natura centrista della RAI, protoveterodemocristiana nell’anima profonda immutata e immutabile, ha sempre prevalso e determinato le sorti dell’Azienda. Questa volta no, non è così. Il Governo Meloni ha messo subito sul tavolo la mazza della sua volontà di “vendetta e giustizia” perchè in Cda Rai non era rappresentata (Draghi la aveva dimenticata) e i Tg e Gr non raccontano il terzo degli elettori che hanno votato a destra (non un terzo del Paese). Il fuoco di sbarramento, l’offensiva di primavera è partita da tempo, da quando è stato alimentato e sostenuto il duo Rossi/Sergio (e non viceversa, attenzione!) e sui quali nomi si è completata la prima fase con un fatto inaudito: l’approvazione di un Decreto Legge in odore di illegittimità costituzionale come mai avvenuto prima necessario a “indurre” Fuortes alle dimissioni (tardive e colpevoli). Chiudiamo il capitolo sul personaggio Fuortes: se già da tempo avesse voluto tutelare gli interessi dell’Azienda, avrebbe potuto rilasciare una dichiarazione semplice semplice: “Devo onorare il mio mandato pieno in RAI e non sono interessato ad offerte di nessun genere” e magari una cosa del genere poteva anche essere sottoscritta da tutto il Cda che invece ha assistito muto a tutta la tarantella fino alla beffa finale di Teleminchia da Fiorello. Amen: ponti d’oro al nemico che fugge (o meglio che non sa dove fuggire). Il problema ora è che ponte si prospetta per il nuovo che arriva.

Ieri non abbiamo fatto in tempo a leggere con divertito interesse il pezzo a firma Sergio Rizzo su MF a proposito di Roberto Sergio e del suo ambiente dove nasce e si forma, del suo contesto e del suo mondo per capire dove nasce la sua “vocazione” (il giorno precedente ne era uscito un altro a firma Giovanna Vitale su Repubblica non meno interessante dove si legge “ … nuovo AD, un tele-camaleonte di scuola democristiana…pazienza se gli toccherà fare da segnaposto… «il momento in cui ho avuto più potere è stato quando distribuivo biglietti segnaposto» “) che, zacchete, arriva nel pomeriggio un ritrattino pure assai interessante su colui che, nei desiderata della Meloni, potrebbe dirigere il TG1. Si legge, a firma di Lirio Abbate sul sito de La Repubblica.it, un passaggio illuminante: “L'uomo che sussurrava ai potenti, Luigi Bisignani, indicava il giornalista Gian Marco Chiocci agli amici come uno di cui fidarsi, "utilizzato", a detta dello stesso faccendiere, come "informatore giudiziario". All'epoca era un cronista del Giornale e ruotava nella sfera di Bisignani dove è stato presentato a diversi esponenti degli apparati di sicurezza e della politica. L'ex carabiniere Giuliano Tavaroli, coinvolto nel caso Telecom-Sismi, ha ricordato ai magistrati che lo interrogavano di aver conosciuto Chiocci proprio attraverso Bisignani, e quest'ultimo non ha fatto mistero dei loro rapporti, sostenendo che il giornalista "veniva spesso da me, soprattutto perché voleva cambiare, mio tramite, testata". Ovviamente, Chiocci ha un profilo giudiziario immacolato e non ha avuto alcun procedimento giudiziario a suo carico. Ogni tanto sembra però che gli sia sfuggita la mano: si tratta della stessa persona che, come scrive Repubblica oggi “Da direttore del Tempo, sparò in prima pagina "Mussolini uomo dell'anno".

Fatto sta che tutto questo bell’ambientino ci porta dritti dritti nel cuore del problema che si porrà domani. Chi voterà Sergio in Cda? Voteranno la persona, l’interesse dell’Azienda o ciò che rappresenta nel suo valore assoluto, iconico? Ovvero, sostanzialmente, sarà avvallato il colpo di mano governativo di cui tutti, sempre, si lamentano?  Si dovrà votare si per non paralizzare ulteriormente l’Azienda o si dovrà votare solo no perché comunque è giusto e doveroso rivendicare l’autonomia della Rai dal Governo?

Si legge sul Corriere di oggi: “Secondo indiscrezioni, la premier Giorgia Meloni vorrebbe ottenere per il nuovo ad una maggioranza che vada oltre i voti di Simona Agnes (quota Forza Italia), Igor De Biasio (quota Lega) e della presidente Marinella Soldi, la cui vicinanza a Matteo Renzi viene vissuta come un fattore di rischio”. Notevole il passaggio sulla Soldi, con buona pace della presidente di garanzia come l’avrebbe descritta la Bria il giorno prima. Traduciamo: “andare oltre” i due voti scontati di Agnes e De Blasio significa pescare in una sola direzione: avere il consenso del consigliere Di Majo, dato per scontato il poco comprensibile voto astenuto di Laganà (che comunque vale come voto contro) e quello annunciato della stessa Bria. Sarà intorno a quel voto, a quella la “zona grigia” dove emergeranno misteriose alchimie politiche. Da giorni si legge di fantomatici accordi “Meloni-Conte” per spartirsi qualche posto a RAI Parlamento o a RaiNews24. Si certo, in questo caso di “così han fatto tutti” come prima ma forse, questa volta, pure peggio di prima.

Comunque, oggi è domenica e per chi lo avesse dimenticato di farlo ieri, oggi i supermercati sono aperti e sarà possibile fare scorta di pop corn, patatine, pistacchi iraniani, crodini, prosecco, shweppes, salamini, olivette taggiasche e scaglie di pecorino romano (o parmigiano stagionato 24 mesi). Ci divertiremo. In attesa dl prossimo 26 maggio, quando ci dovrebbe essere lo sciopero generale di benvenuto al “nuovo che avanza” (sempre che venga confermato).  

bloggorai@gmail.com

ps: quella giostra in figura, dalle parti nostre si chiama "calcinculo"

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