giovedì 18 maggio 2023

RAI: 33 nomi e cognomi, più amici, parenti e conoscenti

 

immagine generata da AI ©Bloggorai ?

33… trentatre nomi, trentatre persone, trentatre poltrone, direzioni, programmi. Per grazia in abbondanza, vogliamo aggiungere i congiunti stretti? Diventano 66. Vogliamo aggiungere segreterie varie? Diventano 99. Vogliamo aggiungere i vice, i candidati alla successione, gli invidiosi, i complottisti, gli amanti del gossip e, infine, i semplici curiosi e sfaccendati? Vogliamo dire che, in tutto, a spanne, saranno circa 333 persone? Ecco in numeri il Circo RAI, nomi cognomi e fotografia, di cui scrive questa mattina Michela Tamburrino su La Stampa. La domanda è lecita: ma perché un grande giornale e un ottima firma dedicano tanto spazio non ad una notizia (che non c’è manco a pagarla) ma a solo e semplice taglia e cuci, copia e incolla, sussurri e grida da dentro e fuori il palazzo di Viale Mazzini? Ovviamente, non è il solo giornale a prestarsi da tempo a questo trullallero trullallà, anzi, spesso è in ottima compagnia. Se fosse solo un problema di marketing, di copie vendute, non ci sarebbe motivo a giustificare un numero così micragnoso di lettori che lo stesso Bloggorai potrebbe fare con ben più miseri mezzi. C’è qualcosa di più.

Proponiamo alcune risposte. A: perché è più semplice, con un paio di telefonate ai diretti interessati hai costruito il “pezzo”. Ipotesi plausibile ma fiocca, deboluccia, pigra e inconsistente. B: perché in questo modo si prende parte allo steso “circo” del quale si scrive. Ipotesi plausibile: a tanti colleghi piace molto poter dire di “avere buoni contatti”, una ricca agenda dove pescare cip e ciop per il chiacchericio che, a volta, è il sale di questo lavoro (anche Bloggorai, lo ammette, talvolta ne ha fatto uso). Aggiungi pure che far parte dello steso Circo aiuta, consente di sentirsi parte della “famiglia”. Entrambi godono: chi cita perché viene chiamato dai citati e i citati perché possono sempre dire di avere buoni rapporti con i citatori. Citati e citatori partecipano tutti allo steso Circo. 

C: perché il Circo è la metafora perfetta di ciò che vuole rappresentare ovvero un mondo di saltimbanchi, giocolieri, fiere in gabbia, scimmiette al guinzaglio e pappagalli parlanti, prestigiatori e funamboli. Ognuno vede o meno rispecchiato se stesso nel ruolo che meglio gli si aggrada. Ipotesi plausibile, l’immagine funziona ed è facilmente intellegibile.

Infine D: parlare e scrivere di chi va e chi viene consente, supporta, indirizza, orienta e partecipa alla lotta personale e politica su chi debba occupare o meno le poltrone di maggiore interesse. Ipotesi, a nostro giudizio, più forte e comprensibile.

Prendete il caso Sergio/Rossi: come nascono i loro nomi? Come vengono veicolati, supportati, diffusi e sostenuti? In primo luogo con una martellante e costante campagna mediatica: il loro nome è stato ripetuto all’inverosimile, martellante, suggerito e amplificato fino a renderlo come unico possibile, come sola ipotesi praticabile. Per la cronaca, Bloggorai, venne a conoscenza e non in modo fantasioso, di una fortissima candidatura che, fatalmente e in modo indiretto, nel brevissimo giro di pochi giorni venne “bruciata” da notizie sul suo conto poco lusinghiere. 

Mai si è affacciata invece, per quanto a noi risulta e per quanto sia valida ancora la nostra memoria e funzionante il nostro archivio, la ricerca di alternative possibili. Il “circo” mediatico ha realizzato, o meglio ha partecipato a realizzare, il “wishful thinking” degli interessati e di chi ha tessuto le trame e i complotti per farli giungere a destinazione. Non si arriva a tanto per “titoli e meriti”, non vengono utilizzati “cacciatori di teste”, non vengono analizzati e scorticati CV per capire chi è meglio, chi promette una visione migliore del ruolo che andrà a ricoprire. In Italia non abbiamo l’ENA (Ecole Nationale d’Administration) dove si formano i manager destinati alla Pubblica Amministrazione, ma solo una legge improvvida che designa e coopta i dirigenti del Servizio Pubblico radiotelevisivo ad immagine e somiglianza del Governo di turno.

Aggiungi pure che, a noi non risulta, quasi a nessuno è venuto in mente di sollevare sulla stampa qualche dubbio sul ruolo che Rossi dovrebbe ricoprire come DG. Mettiamo da parte (anche se merita grande attenzione, il fronte normativo sulla fonte di legge che permette la riesumazione del ruolo di DG che la legge 220 del 2015 ha sostanzialmente abolito), perché è stata avallata e mai obiettata questa anomalia giuridica e perché stato “scelto” proprio lui, comunque oggi un esterno, e non un dirigente interno?  Perché su questa ipotesi che da tempo è stata sostenuta e diffusa non abbiamo mai letto obiezioni e valutazioni critiche anche dai consiglieri in CdA che ora lo dovranno … ???  … fare cosa? Votare? Prendere atto della sua “cooptazione”? E' ancora valido l'art.29.a dello Statuto RAI sulla nomina del DG da parte del Cda?

Fargli qualche domanda su come intende operare? Cosa ne pensa del canone (questo già lo ha anticipato: sostituire con la fiscalità generale)? Oppure dovranno dibattere sulle deleghe che gli verranno assegnate e su quanto “peseranno”? Editoriali? Amministrative e contabili? Gestione risorse umane o immobiliari? Pianificazione e sviluppo tecnologico? Boh !!! L’argomento è stato sollevato solo dalla Bria il giorno dopo, meglio sola e tardi che mai.

E’ del tutto evidente, sempre rimanendo alla “vulgata” mediatica e al Circo RAI, che la candidatura Sergio/Rossi nasce e cresce in un contesto di assoluto rilievo politico prima ancora che aziendale. Nel caso precedente, con il DG nominato da Fabrizio Salini, si trattava di un suo “interlocutore” personale ma privo della postura commissariale politica e aziendale che ne faceva, di fatto, un “uomo forte al comando” seppure in ombra rispetto all’AD. Questa la differenza sostanziale, radicale, e strutturale della “Nuova Era” della RAI.

bloggorai@gmail.com

 



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