lunedì 26 settembre 2022

Errore: NON ha vinto la Meloni e alla Rai il vento di destra è da tempo che tira

Foto di Ulrike Leone da Pixabay

“Il giorno che l'avrebbero ucciso, Santiago Nasar si alzò alle 5,30 del mattino per andare ad aspettare il bastimento con cui arrivava il vescovo. Aveva sognato di attraversare un bosco di "higuerones"  sotto una pioggerella tenera, e per un istante fu felice dentro il sogno, ma nel ridestarsi si sentì inzaccherato da capo a piedi di cacca d'uccelli”. 
G.G. Marquez, Cronaca di una morte annunciata

 

Chiunque abbia praticato uno sport, quale che esso sia, sa benissimo che si vince o si perde in relazione a due variabili fondamentali:  le proprie capacità proporzionate a quelle dell’avversario. È pura e semplice tautologia: vinci se sei forte e perdi se sei debole, vinci se il tuo avversario non è capace e perdi se sei tu che non sei capace. Magari poi si aggiunge per magra consolazione: ho perso però ho giocato bene!  Se poi vogliamo proseguire su questo terreno, dobbiamo poi ricordare un enunciato fondamentale della fisica: il vuoto in natura non esiste. Laddove si crea uno spazio lasciato libero da una entità precedente questo viene immediatamente occupato da una nuova entità. Avviene in natura, figuriamoci nella politica.

Abbiamo ancora gli occhi che bruciano, la mano incerta e la mente annebbiata mentre la tastiera è più legnosa del solito. In attesa delle conferenze stampa di questa mattina, sappiamo già tutto ora nei dettagli e grosso modo lo sapevamo da tempo. Ma non solo da quando i sondaggi cantavano già le epiche gesta della Meloni ma ben da prima, da quando la politica non riusciva ad uscire dallo stagno dei governi tecnici che hanno guidato il Paese da tanti, troppi, anni. Stupisce constatare che ci si possa stupire che il “polo” di destra possa aver vinto.

Non ci addentriamo nelle analisi puntuali dei numeri assoluti e delle percentuali e ci limitiamo, molto sommariamente, a ricordare un contesto storico che abbraccia la storia recente di questo Paese che ha visto, da tempo, un “blocco” culturale, sociale e politico profondamente ancorato alla destra. Nulla è cambiato, da decenni e, traslato modo, si può tranquillamente affermare che la Meloni non ha vinto perché non ha esteso i territori elettorali della destra ma ha semplicemente cannibalizzato quelli già posseduti, prima da Berlusconi e poi da Salvini.

La prendiamo da lontano, tanto per intenderci e rinfrescarci la memoria. Un certo Giuseppe Garibaldi ha dovuto attraversare l’Italia spezzata e frantumata combattendo i borboni per cercare di dargli una identità nazionale democratica e repubblicana.  Passano pochi decenni e si affaccia sulla scena un certo Benito Mussolini e sarà necessaria una guerra di liberazione per liberarcene. Arriviamo al referendum tra repubblica e monarchia:  vince la prima ma i sostenitori del Re sono tanti (e nel loro DNA rimarranno tali). I primi decenni della Repubblica vedono governi di centro e di destra e ci portano fino ai governi Berlusconi. Si arriva, infine, ai tanti, troppi, governi tecnici con i vari Monti fino al recente salvatore della Patria. Si, proprio quello stesso Draghi che al recente Convegno di CL a Rimini disse che la frase lapidaria “Sono convinto che il prossimo governo, qualunque sia il suo colore politico, riuscirà a superare quelle difficoltà che oggi appaiono insormontabili – come le abbiamo superate noi l’anno scorso” come se un governo di destra possa equivalere ad uno di sinistra o viceversa. È forse proprio in questo pensiero distorto che alberga e cresce il partito del non voto, degli indecisi e dei confusi che si sente dire che più o meno siamo, sono, tutti eguali, e che non riesce a trovare leader autorevoli e credibili in grado di proporre una prospettiva condivisibile.

La politica è composta da idee e da persone che ci mettono il proprio volto, la propria storia e quella del partito che rappresentano. Ieri notte la sintesi della “sconfitta” del PD è stata tutta nel viso della loro vicepresidente Serracchiani con l’uso dell’aggettivo “triste” riferito alla serata che si stava concludendo. Non aveva, e forse non li ha mai avuti, gli “occhi di tigre” come voleva Enrico Letta che lui stesso non avrebbe mai potuto avere. Il Pd non ha perso ieri ma ha perso da anni, da decenni, da quando si è profilato e rivolto ad un elettorato moderato, benestante e benpensante, e si è dimenticato larghe fasce di popolazione che nel frattempo combattono ogni giorno per un salario dignitoso, per la sanità funzionante e per una scuola formativa. Il Pd non ha perso ieri nei collegi uninominali ma ha perso da decenni per quanto non è stato in grado di far crescere e sviluppare una “cultura” politica democratica e progressista capace di arginare e sottrarre spazio alla destra. Il Pd, recentemente, ha perso quando ha fatto finta di non voler sapere che oltre il 50% dell'elettorato era contrario all'aumento delle spese militari. Se parli solo a te stesso e se non sei capace di convincere nemmeno il tuo vicino di casa o un tuo parente prossimo ci sono solo due possibilità per capire perché non funzioni: o ha idee poco convincenti o se le ha non sei capace di esporle.

Piccola nota finale sulla Rai: ieri sera le tre reti erano tutte impegnate sul dibattito elettorale, era da tempo che non succedeva. “Quando è tordi e quando è grilli”: tanta grazia suona sospetta come suona sospetta che su Rai Uno non ha imperversato la Maggioni ed è comparso un noto direttore, noto soprattutto per essere “amico” della Meloni. Il vento di destra a Viale Mazzini tira da tempo, da tanto tempo, anche mascherato ma sempre vento di destra è. Non è vero che da oggi inizia una nuova era in Rai, c’è già stata ma ce ne siamo facilmente dimenticati.

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