domenica 1 dicembre 2024

La RAI e il suo futuro improbabile

Foto di kalhh da Pixabay



Il futuro è ingombrante. Il futuro può "esse fero o poesse piuma". Il futuro sarà un sogno o un incubo. Spesso il futuro è minaccioso. Succede che sia pure faticoso anche solo immaginarlo e figuriamoci quanto possa essere impegnativo cercare di realizzalo. Il futuro è un’incognita probabile o imprevista: “The future is unwritten” (Joe Strummer) o, se preferite, “The Future Is a Foreign Land”.

Noi non sappiamo se Aldo Grasso, nota penna del Corriere, legge Bloggorai ma sappiamo che Bloggorai legge Aldo Grasso come tanti altri. Oggi titola in prima pagina “La trita pantomima sulla RAI che sarà” e si legge “… affrontare con responsabilità due temi fondamentali: chiedersi cosa rappresenti ancora il servizio pubblico e come tagliare i costi, anche in Viale Mazzini. E ormai assodato che la Rai fa servizio pubblico solo al governo di turno. Salvo alcune lodevoli sacche di resistenza, l'idea di una tv che elevi il livello culturale dell'audience è ormai una reliquia di buone intenzioni. Oggi è difficile capire le ragioni di questa Rai, del suo Cda, dei suoi programmi”. Già, è veramente difficile capire e decifrare quale Azienda, quale Servizio Pubblico hanno in mente non solo chi governa ma anche chi è all'opposizione. 

Già, però sappiamo tutti per certo che quando si tratta di dibattere sul futuro della RAI Azienda e del Servizio Pubblico Radiotelevisivo come fondamento di democrazia si diffonde una bizzarra epidemia di orticaria, di paresi cerebrale, di afonia, di dolori diffusi e insonnie nervose. Ne abbiamo avuto prova provato lo scorso giovedì, all’incontro promosso da Gasparri dove il sottotitolo era appunto “… riflessioni sul futuro …” dopo vent’anni dalla sua legge. Come abbiamo scritto, non abbiamo colto uno straccio di riflessione nemmeno cercandola con il lanternino e il termine “futuro” non ci sembra sia stato mai pronunciato.

Del resto, come vuoi parlare di “futuro” o anche solo immaginarlo quando il presente della Rai è talmente incombente e minaccioso che nella migliore delle ipotesi ti consente di avere lo sguardo limitato ad un paio di settimane. Non c'è uno straccio di certezza sul canone, non c'è uno straccio di certezza su chi dovrà essere il/la presidente, non c'è uno straccio di certezza su come si potrà risalire la china degli ascolti, non c'è uno straccio di certezza su come si potrà sostenere il Piano Industriale e non c'è uno straccio di certezze su come rendere credibile il già sconquassato Contratto di Servizio. 

La riflessione di Grasso soffre però di un “piccolo” limite: coniuga il tema del futuro al taglio dei costi. Per questo aspetto ci pensa il governo con l'art. 133 della nuova Legge di Bilancio. No, non è questo il piano rilevante: il taglio dei costi dovrebbe appartenere ad una normale e corretta gestione di un’azienda “normale” cosa che invece la RAI non è. E non è nemmeno come ha detto Rossi nei giorni scorsi: "il tema non è canone si o canone no" perché il tema è è proprio il canone in quanto tale. Bisognerà pur dire prima o poi se questo tema ha una sua ragion d'essere anche "morale", se questa tassa è giusta o meno e a cosa dovrà servire.

Ecco allora che la riflessione su “chiedersi cosa rappresenta oggi il Servizio Pubblico” segnatamente collegato alle risorse sulle quali contare è prevalente anche sul dibattito relativo ai modelli di governance che, ribadiamo, sono solo uno strumento di organizzazione e gestione non il fine, ovvero la missione del Servizio Pubblico. Forse non è un caso che oggi il pantano in cui annaspa la RAI è tutto dentro il mortale abbraccio dei partiti che, ancora una volta, lo scorso 26 settembre gli hanno messo il laccio al collo senza degnare di uno sguardo, appunto, al futuro.

Chiudiamo con una “nota di inguaribile ottimismo”: ma chi sarebbero i soggetti interessati a porsi questi interrogativi? Dove sta il VII cavalleria che potrà salvare il cavallo morente?

bloggorai@gmail.com          

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