A proposito dei ”razionali” su RAI Way, ieri non abbiamo accennato ad uno rilevante. Nel mentre e nel quando nel cortile di casa, ovvero nei giardinetti di Viale Mazzini, molti si trastullano con tric e ballacche di nomi e incarichi presidenziali oppure amenità sui rapper di casa nostra, in un luogo remoto, lontano, si è svolto uno scontro epico per le sorti tecnologiche della televisione nazionale passato pressoché inosservato sulla stampa e che merita essere ricordato.
A Dubai si è conclusa la WRC-23 (World Radiocommunication Conference 2023) dove, in sintesi, è stato confermato per l’Italia sino al 2031 l’uso delle frequenze in banda 470-694 MHz per le trasmissioni televisive da parte dei broadcaster: ha prevalso il No Change, almeno per ora. In poche parole, almeno fino a quella data, le trasmissioni in digitale terrestre sono certe e garantite. Non era un risultato da poco rilievo e per nulla scontato e la stessa data, il 2031, è molto ravvicinata e non lascia pensieri tranquilli. In parte, è stata moderata la pressione di molti paesi europei, laddove la diffusione Tv ormai avviene sempre più in streaming o via cavo, ed è presumibile che torneranno alla carica per la prossima scadenza. La posta in gioco, la sola grande risorsa sulla quale avviene la competizione tecnologica più rilevante per la televisione, per il Servizio pubblico universale, sono le frequenze digitali terrestri ed è su questo piano che si deve giocare la partita RAI e Rai Way. Sono le frequenze infatti il solo ed unico asset strategico della quotata del Servizio Pubblico. E’ in questa chiave che si dovrà leggere tutta la vicenda della possibile fusione tra RAI Way e Ei Towers (Mediaset): chi ha interesse prevalente in questa operazione e chi ha una visione strategica del problema? Se mai dovesse accedere che a partire dal 2031 le frequenze disponili fossero ridotte a favore del broadband si prospetterebbe un danno enorme a tutto vantaggio dei OTT che conquistano spazi crescenti ogni giorno. Vedi, ad esempio, i Data Center: Amazon ha recentemente annunciato l’apertura di due Data Center in Lombardia per un investimento di 1,2 miliardi e la prevista assunzione di 5.500 persone. Quello di Rai Way (dove complessivamente lavorano poco meno di 600 persone), recentemente aperto, a confronto, potrà essere utile per i 4 amici al Bar.
Sempre per rimanere nel panorama mutevole del mercato audiovisivo nazionale, ieri sul Sole è comparso un dettagliato articolo a firma Andrea Biondi che riporta i dati di “fine anno” che lo Studio Frasi chiude al 14 dicembre. Si legge anzitutto che il pubblico della tv continua a decrescere: rispetto a due anni addietro è calato del 6% e la sua età media si attesta intorno ai 60 anni mentre quello che fruisce di prodotti audiovisivi sugli altri device si aggira intorno ai 42. Ed è proprio questa la spina nel fianco del prossimo futuro che tra poco anche Auditel certificherà ogni giorno: il Total Audience che comprende l’ascolto non riconosciuto, ovvero tutto ciò che si vede “oltre la tv”. Nel 2024 la visione tramite streaming, le varie app, le piattaforme on line e i videogiochi si misura in questi termini: “La spinta alla crescita come detto, viene soprattutto dall’insieme “Non riconosciuto”, il cui peso è salito dal 16,9% del 2022, al 17,6% del 2023, al 18,1% di questo 2024” e sembra destinato a crescere sempre più. Attenzione, questa crescita, appunto, non viaggia sulle frequenze digitali terrestri. Infine, pure per il 2024, Mediaset seppure di poco supera RAI nel Day Time. Ma questo è un dettaglio ormai pressoché irrilevante anche perché, per fortuna che Mediaset c’è: se non fosse per Pier Silvio Berlusconi il canone sarebbe ancora un ballottaggio, almeno, forse, per il prossimo anno. Poi, si vedrà.
Questo passa il Convento.
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