Nonostante l’età, abbiamo ancora buona memoria, e li conosciamo alquanto bene i pollastri e le pollastrelle che si occupano di comunicazione finanziaria intorno alla Rai. Ci è ben conosciuta l’aia dove razzolano e il becchime di cui si nutrono (of course, sia detto con tutto il rispetto delle rispettive categorie, volatili e umane). Sappiamo bene che è un mondo dove le “notizie” sono merce preziosa e delicata, da maneggiare con molta cura e dove, per paradosso, talvolta, è preferibile occultarle piuttosto che diffonderle. Quando invece succede, come ieri, che si pubblica un articolo dove non c’è alcuna notizia ma solo il “wishful thinking” di alcuni a danno di altri è necessario allora comprendere bene dove si vuole andare a parare.
Cominciamo dal titolo che poi sarebbe la presunta “notizia”: “RaiWay-EI Towers, nozze vicine”. Questo il punto centrale: un accordo (le nozze) non ancora definito che alcuni vorrebbe concludere al più presto ed altri che invece non ne vorrebbero sentire nemmeno pronunciare il nome. Il senso dell'articolo è tutto quì.
Ma, prima di andare avanti, è necessario fare alcuni piccoli passi indietro. Ci evitiamo di ripartire dal Prospetto Informativo del 2014 con il quale venne avviata la quotazione in Borsa e riprendiamo dallo scorso 6 gennaio quando il Foglio pubblicò un articolo dove si parlava delle 6 grandi partite economiche finanziarie del 2022 e, tra queste, quella Rai-Mediaset. Leggiamo uno stralcio “Il futuro di Mediaset che guarda ormai soprattutto all’estero, dipende dalla Rai. A marzo, infatti, Rai Way (controllata al 65 per cento dalla Rai) ed Ei Towers (60 per cento del Fondo F2i) dovrebbero fondersi creando un’unica società dei ripetitori tv come hanno fatto Tim e Vodafone per le antenne telefoniche. Vendendo il suo 40 per cento di Ei Towers, la società di Berlusconi potrebbe ricavare circa 400 milioni di euro da usare per crescere nella tedesca ProSiebenSat.1 dove per ora conta sul 25 per cento del capitale”. Poco tempo dopo, il 2 marzo, MF pubblica un articolo, con la firma di Francesco Bertolino, dove si legge che “Viale Mazzini sarebbe disposta a scendere al di sotto del 51%...” di Rai Way. Da osservare che il giorno prima i fondi azionari scrivono al Governo Draghi “Favorevoli a un'alleanza con EI Towers: "Autorizzate il consolidamento delle torri - Amp, Amber e Kairos, padroni del 7% della società quotata e di un quinto del flottante, chiedono un processo che crei valore per tutti i soci: tutelare il nostro interesse insieme a quello pubblico”. Il Governo, poco tempo dopo ha risposto: obbedisco!!! e l’8 marzo si viene a sapere che Draghi ha firmato il DPCM con il quale si autorizza Rai Way a scendere al di sotto del 51% del capitale azionario (ora al 64,2%).
Sembrerebbe tutto molto chiaro e semplice e ce ne sarebbe quanto basta per comprendere fatti, antefatti e contesti, finalità ed obiettivi dell’operazione. Se non che, c’è tutto un fronte interno a Viale Mazzini sul quale gravano grandi zone di ombra. Ne ricordiamo una su tutte: il 25 marzo il presidente di Rai Way, Giuseppe Pasciucco, e il consigliere Stefano Cicccotti si dimettono dal board di Via Teulada “per motivi personali” ai quali, ovviamente, non crede nessuno. Da ricordare che Ciccotti è stato il soggetto che ha guidato la nascita e la crescita della Società delle torri Rai ed è unanimemente riconosciuto come il più competente ed esperto del settore in Rai (e non solo). Dimissioni “sospette” che si legano perfettamente con quanto sta avvenendo intorno al progetto di vendita di Rai Way ed è difficile non supporre che all’interno di Viale Mazzini ci sia stato un forte dissenso che ha poi preso forma con la mancata partecipazione al voto dei loro sostituti di Riccardo Laganà perché " ... mancano elementi chiari e trasparenti sull'intera operazione e gli impatti che potrà avere su Rai…".
Così torniamo a quanto scritto ieri: mancanza assoluta di un qualsivoglia disegno di politica industriale anzitutto di Rai e, in subordine, della controllata Rai Way. Leggiamo quanto ha dichiarato ieri Michele Anzaldi: “Nonostante ci sia una risoluzione approvata dalla commissione di Vigilanza, che impone alla Rai di non toccare Rai Way fino a quando non sarà approvato il nuovo Contratto di Servizio, indiscrezioni giornalistiche pubblicate da Repubblica dicono che la dirigenza dell’azienda stia andando avanti come nulla fosse sulla svendita di Rai Way e addirittura con la fusione con Ei Towers, l’azienda delle torri Mediaset oggi detenuta a maggioranza da F2i ma di cui il gruppo Berlusconi è ancora socio al 40%. È evidente che non si può pensare di prendere una decisione così impattante su un bene pubblico, come la perdita della maggioranza pubblica delle azioni di Rai Way, in piena campagna elettorale e alla vigilia del voto. È opportuno che il governo dica alla Rai di fermarsi". Condividiamo pienamente ma avvertiamo che non si tratta di “indiscrezioni” ma di ben altro.
Aggiungiamo e riprendiamo quanto scritto ieri su Repubblica “Per ora Rai Way ed Ei Tower sono stati esclusi dalla stanza dei bottoni”. Già, ma chi c’è nella stanza dei bottoni e, in primo luogo, dove si trova questa benedetta stanza? Dentro Viale Mazzini o fuori? In quella Stanza come vengono prese decisioni strategiche come la scelta e la “nomina” dei consulenti/advisor? Si legge nell’articolo che lo Studio Pedersoli è stato “incaricato” dalla Rai di “... studiare lo statuto del soggetto in arrivo...Lo studio Pedersoli sarebbe già a lavoro per studiare la composizione del futuro Consiglio di amministrazione”. Non è un passaggio di poco conto: si gioca la partita del controllo della possibile nuova società.
Rimante sintonizzati, c’è ancora molto...molto da scrivere e da sapere su questa vicenda che pure, in qualche modo, si lega bene al tema Contratto di Servizio e Piano industriale Rai, che ancora sono solo una bozza, una lista di buone intenzioni con le quali, si sa, è lastricata la strada verso il Paradiso.
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