Nel mentre e nel quando l’Uomo dell’Agenda scomparsa pronunciava l’apodittica frase (Parte della dialettica che ha il compito di dimostrare la verità di un principio per mezzo del puro ragionamento, senza ricorrere a prove di fatto) “L’Italia ce la farà…” l’Ansa riportava i dati di EuroStat dove si legge: “Cresce rischio povertà in Italia, 20,1% nel 2021 … ovvero la percentuale delle persone che hanno un reddito inferiore al 60% di quello medio disponibile, in Italia è salito passando dal 20% del 2020 al 20,1% del 2021, per 11,84 milioni di persone coinvolte. Lo si legge nelle ultime tabelle Eurostat, secondo cui la percentuale sale al 25,2% (14,83 milioni) se si considerano anche le persone a rischio di esclusione sociale, ovvero quelle che sono a rischio di povertà o non possono permettersi una serie di beni materiali o attività sociali o vivono in famiglie a bassa intensità lavorativa”. Se non ci sbagliamo il suo Governo è entrato in carica nel febbraio 2021.
Quando ieri Draghi veniva accolto con lo spellicamento di mani dai solerti Ciellini a Rimini (i soliti furbetti che stanno sempre dalla parte di chi vince), in quel preciso momento ci sono tornate in mente le scritte, i cartelli colorati, i cori di quando infuriava la pandemia con migliaia di morti (qualcuno ricorda la storia del Piano Pandemico Nazionale scaduto come lo yoghurt?) e tutti ad intonare “Andrà tutto bene!” e poi sappiamo come è andata a finire. Già. Siamo alla vigilia di un inverno di lacrime e sangue, di prezzi alle stelle, di tensioni politiche e sociali inimmaginabili e lui, buontempone, ci viene a dire che “L’Italia ce la farà” quale che sia il prossimo Governo ma non ci dice come e tantomeno chi ce la potrà fare e a quale prezzo.
Per parte nostra, per quanto riguarda la Rai, ricordiamo sempre che nella sua mitica e celebrata Agenda si è dimenticato qualche pagina mentre ha avuto grande solerzia a scriverne alcune che non sembrano certo di grande giovamento al servizio Pubblico. Qualcuno ricorda il nuovo TUSMAR con le nuove limitazioni ai tetti pubblicitari a tutto danno della Rai? Qualcuno ricorda i mancato intervento del Governo sul tema canone? Al contrario, molti certamente ricordano la solerzia e la prontezza del dare via libera all’operazione Rai Way, non a caso pochi giorni dopo la pubblica sollecitazione ad agire con tanto di lettera scritto dei Fondi azionari. Ieri è comparso sul Messaggero un importante articolo a questo proposito che è tutto un programma con il titolo “Polo delle Torri, alla Rai un dividendo speciale” dove si legge “… la gestione della Nuova Super rai Way che resterà quotata in borsa, dovrà necessariamente spettare al Fondo infrastrutturale guidato da Renato Ravanelli, di cui sono azionisti le grandi banche italiane, fondazioni, casse di previdenza e grandi investitori istituzionali esteri. E dovrà essere F2i ad avere una chiara gestione operativa oltre che la leadership azionaria…”. Tutto chiaro? Cerchiamo di tradurre: Rai potrebbe non controllare un ciufolo e, bene che vada, sarà un socio di minoranza alla faccia del controllo pubblico di un bene collettivo.
Morale della favola dell’era Draghi sulla Rai: quando si tratta di prendere (Rai Way) sono veloci come razzi, quando si tratta di restituire o di garantire certezze (canone) hanno i coccodrilli nelle tasche (e nella testa). La stessa dinamica seguita a Viale Mazzini: quando si tratta di “adempiere agli obblighi del Contratto di Servizio” con l’accordo (nefasto) con Sky/RaiPlay veloci come lepri e quando invece si tratta di ricordare tutti gli altri gravi inadempimenti (vedi art.25 del Contratto tuttora in vigore) gli viene un colpo di calore e dimenticano tutto.
A questo punto ci riponiamo la solita banale domanda: ma a Mazzini chi c’è? Chi controlla le grandi decisioni strategiche? Chi dirige la baracca che non sia la Supercazzola del Piano Immobiliare? Chi è in grado di tutelare gli interessi dell’Azienda? Come abbiamo scritto: nei sottoscala alloggia un certo Nosferato. Ascoltando il Gr1 di questa mattina abbiamo trovato una possibile risposta: Bruno Vespa. Il noto conduttore si è detto dispiaciuto, rammaricato, costernato, avvilito e forse pure leggermente scocciato perché AgCom, con flebile ritardo, lo ha bacchettato (in buona compagni di Giorgia Meloni ed Enrico Letta: il giochetto di volersi presentare come i predestinati a vincere insieme ai condannati a perdere si è rotto) ricordandogli che, fino a prova contraria, alle elezioni non partecipano solo loro in quanto coalizioni ma i partiti in quanto tali. Ca va sans dire che la bacchettata sonora è anche diretta al VII piano di Viale Mazzini dove sembrano annaspare nel buio. Si capisce allora il povero Vespa che aveva a cuore, forse solo e abbandonato dalle varie direzioni interessate, le sorti future dell’Azienda del prossimo futuro qualora mai Cippa e Cioppo dovessero portare a termine le loro losche trame. In fondo in fondo, Bruno Vespa potrebbe avere ottime possibilità di essere tenuto in debita considerazione dal prossimo Governo, chiunque esso sia, come l’ultimo Samurai a tutela della Rai e del suo ineluttabile destino.
ps: ci sia consentito un cordiale e affettuoso saluto a Michele Anzaldi, che non è stato ricandidato dal suo partito, con il quale non abbiamo condiviso tante sue intemerate battaglie ma del quale abbiamo comunque sempre apprezzato l’impegno e la continuità della sua presenza in Vigilanza Rai. Ammettiamo pure che su alcuni temi ci siamo trovati più in sintonia con lui che con tanti altri “presunti amici” del Servizio Pubblico. Ci mancheranno le sue interrogazioni spesso rimaste senza risposta. Michele, rimaniamo in contatto ... non si sa mai!
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