sabato 27 agosto 2022

Diario molto minimo di una giornata in campagna...dimenticando la Rai

Foto di Valentin da Pixabay
Quando arriva la fine di agosto la Bassa Val Tiberina si risveglia pigra e silenziosa. Il grano è stato battuto da tempo e ora si dovranno raccogliere i covoni di fieno accomulati tra loro in forma di “bizantine” ed arcaiche sculture. La grande “secca” che dura ormai da tante settimane si vede e si sente: le olive non hanno “legato” bene e molti alberi, specie da frutta, ne hanno risentito. Abbiamo speranze per l’uva che, se non la mangiano i cinghiali, promette bene. Una buona notizia ci viene dalle pesche di S. Antonio: una varietà selvatica e antica, con il frutto piccolo e saporito, non necessita di alcun trattamento e si mangia direttamente appena colta dal ramo. Il solo albero che resiste è carico. 

Intorno alla casa ha nidificato e preso la residenza una famiglia di fagiani: il padre gironzola sul campo sgallettando e fischettando, mamma fagiana razzola e cinque fagianelli si aggirano intorno ben attenti a non allontanarsi troppo mentre i due gatti li osservano attentamente con qualche retropensiero non proprio del tutto innocente. Anche loro, però, si devono guardare da una enorme poiana che vola maestosa in alto nel cielo leggermente velato. Non batte un’ala ma solo un veleggiamento infinito a disegnare invisibili cerchi. Chissà quali loschi pensieri si agitano nella sua mente per scegliere chi potrà essere la sua preda. La lepre c'è ma se ne guarda bene da farsi vedere in giro. La volpe accenna un rapido passaggio per infilarsi rapida nel bosco. Per finire: un tasso misterioso si aggira nei dintorni e scava sotto le radici delle quercette in cerca di tuberi. Massimo, il mio amico esperto della zona, sostiene invece che si possa trattare di un enorme riccio che già ho visto gironzolare nelle vicinanze. Non ci facciamo mancare nulla: con la coda dell’occhio ho visto filare via velocissimo un biacco. Buon segno, fintanto che la terra è così densamente abitata vuol dire che ancora resiste.

I colori della campagna ora sono aridi e spenti, i campi dove prima c’era il verde intenso e poi il giallo oro del grano ora hanno preso il tono del marroncino avvizzito e dove invece c’era il girasole, dopo il raccolto, rimangono solo gli steli rinsecchiti color bruciacchiato. Resistono a malapena i campi a maggese che non riescono mai ad avere una tonalità di colore suggestiva mentre l’erba medica “fa il suo” e, da sola, a malapena riesce a tenere un languido verdino senza arte ne parte.

Come succedeva nell’era pre Covid, nei borghi vicini spesso si organizzavano le feste con il solito semplice rito “prima si mangia e poi si balla”. Ieri sera ci siamo tornati e, nonostante un’ottima orchestra di giovani molto preparati …non c’è stato verso… la gente non aveva voglia di ballare. Si avvertiva come una anomala aria di stordimento, di rassegnazione. Fatto sta che, intorno alle 11, sulla pista c’erano solo due o tre coppie, forse pure maestri di danza, che cercavano di coinvolgere gli altri che invece sono rimasti immobili a guardare quando invece, gli anni passati, si faceva fatica ad entrare sulla pista. Chissà, la pandemia ha lasciato il segno.

Questa mattina poi, di buon’ora, c’è stato il solito caffè al Circolo Arci: pressoché vuoto.  Facce quasi mute e pensierose e, come spesso succede, le battute scivolano via sul meteo “oggi pioverà?” chissà…forse... speriamo. Non è aria, salutiamo e via… oggi non è il caso di sollevare problemi.   

Già .. e la Rai? Il Servizio Pubblico? Il canone? La Par Condicio? Il silenzioso Fuortes che quando parla lo fa a corrente alternata (“…ribadisce il pieno impegno della Rai ad attuare il Contratto di Servizio…”)??? Tutto arido e silenzioso.

Oggi non è aria…e quella poca che tira non sembra proprio delle migliori.

bloggorai@gmail.com

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