giovedì 21 luglio 2022

La Rai e lo stagno delle anatre zoppe

Foto di Brigitte Werner da Pixabay

Cominciamo con il  ribadire in modo forte e chiaro che mai, in nessun momento e in nessun luogo, è data la possibilità che un fenomeno avvenga senza una sua “storia dinamica”. Non è data la possibilità che un determinato avvenimento possa svolgersi senza un suo prologo, una sua distensione e un suo epilogo. La politica, forse più che altre scienze, lo dimostra in modo continuo e ciclico. C’è qualcuno che, ragionevolmente, può sostenere che la crisi politica iniziata di ieri sia sorta dal nulla? C’è qualcuno che ragionevolmente, non avrebbe potuto leggere i suoi prodromi già da molti messi addietro (la mancata elezione di Draghi al Quirinale dopo la sua “auto candidatura”  è stata già dimenticata)?  C’è qualcuno che, ragionevolmente, poteva supporre che non si avvertivano da tempo la gravità delle tensioni sociali che si agitano nel Paese reale? Le drammatiche condizioni in cui versa questo stesso Paese sono sorte improvvisamente come funghetti solo alla vigilia  del dibattito in Parlamento? Chi lo sostiene mente sapendo di mentire. Economia e società erano e sono insofferenza da tempo, tanto tempo, e come si può sostenere che solo ora le anime candide se ne sono accorte ed invocano la “forza del destino” per chiedere a Draghi di affrontare i gravi problemi etc etc etc ???

Veniamo alla palude Rai. Se mai fosse stata necessaria una ulteriore prova provata di quanto sia improvvida  e nefasta la Legge 220 del2015 con la quale la Rai è stata messa sotto il tallone del Governo oggi ne vediamo tutta la sua plastica evidenza.  Fuortes era già “un uomo solo al comando” prima e ora lo è ancora di più oggi: non ci saranno  i suoi interlocutori a Palazzo Chigi che per conto di Draghi dettavano le regole e gli indirizzi di gioco: i vari Funuciello, Garofoli e Giavazzi saranno in tutt’altre faccende affaccendati e il ministro Giorgetti che legge i foglietti (come avvenuto in Vigilanza e al dibattito dei giornalisti coni giornalisti) avrà pure lui ben altro cui pensare (di Franco si sono perse le tracce). Il vertice Rai suddito e subordinato alle scelte del Governo, quale che esso sia, toglie la necessaria autorevolezza e credibilità necessarie anche per ordinare due caffè al bar.

Intanto da registrare un prima conseguenza, forse piccola ma significativa: oggi è saltata la prevista audizione in Vigilanza convocata per le 8. I parlamentari si sono risparmiati una levataccia. Mentre ieri si è svolto un Cda Rai come “color che son sospesi” in attesa del prossimo convocato il 28 dove, a questo punto, appare del tutto chiaro che il teorema “Contratto di Servizio e Piano Industriale in simultanea” già assai improbabile e indebito  prima ora lo è più che mai. Se è vero come è vero che il Cds deve dettare “le regole del gioco per i prossimi anni e che queste debbano passare necessariamente in accordo con il MISE, come la mettiamo ora che questo stesso si collocherà in modalità stand by in attesa del nuovo ministro? E che fine faranno i due “dossier” più delicati e minacciosi? Ci riferiamo, ovviamente, al tema canone (lo abbiamo scritto e ripetuto più volte che era e rimane ad altissimo rischio) e ci riferiamo, ovviamente, al tema Rai Way che insieme al famigerato progetto di Rete Unica si allontana sempre più dall’orizzonte.

Ora che potrà succedere?  Se mai si volesse applicare il principio del “simul stabunt vel simul cadent” all’AD  si potrebbe immaginare che ora sia costretto almeno a rivedere qualche “passaggio” sulle scelte che intende compiere. Almeno su una di indirizzo generale sulla quale vorrebbe poggiare le sue fortune: il pareggio di bilancio. Non è necessario, anzi, al contrario potrebbe essere pure un teorema dannoso perché priva l’Azienda di una  possibilità di ricercare fondi da investire che, insieme a drastiche misure di efficienza e razionalizzazione interna, potrebbe compensarne la mancanza.  Per arrivare al prossimo Cda del 28 luglio ci sono ancora giorni di tempo utili ad evitare di forzare la mano anche sul Piano Immobiliare come surrogato del Piano Industriale che ora più che mai per alcuni potrebbe essere considerato l’ultima spiaggia per cercare di reperire quei 473 mls di cui si immagina.  

In questi giorni, in queste ore, ci è venuta in mente una assonanza: Governo e Sanremo. Quando abbiamo letto dei vari appelli e lettere di intellettuali, scienziati, commercianti e industriali (e quando abbiamo ascoltato Enrico Letta che li confonde tutti insieme con “il Paese” .. sic …) ci è venuta in mente Chiara Ferragni e il festival: laddove le firme sotto un appello hanno sostituito nella mente di alcuni le intenzioni di voto e i “like e le faccine di Tik Tok, Instagram etc” le giurie che giudicano le canzoni in gara. Ecco come si configura il “paradigma del cambiamento” in corso in questo Paese. Siamo messi maluccio.

Ecco allora che si intravvedono le varie anatre zoppe (povere anatre!) che popolano lo stagno in cui galleggia anche la Rai. La forza dei segni e delle parole dimostrano ancora tutta la loro potenza.

Prima anatra zoppa: Mario Draghi. Da un punto di vista umano, si può comprendere: la politica non è il suo mestiere, non lo sa fare, è un banchiere puro, non ha mai provato il brivido della lotta dialettica e mai esercitato la violenza brutale dei confronti elettorali. Poverino, si comprende come si muove meglio nei salotti felpati di Bruxelles e Ginevra piuttosto che nei cantieri edili o a Tor Bella Monaca. Il popolo, il tanto schifato populismo, è altra cosa: meglio non sporcarsi le mani. Ha fatto errori di comunicazione e di relazione politica che alla Scuola delle Frattocchie del vecchio PCI insegnavano al primo corso  tra le cose da NON fare mai.

Seconda anatra zoppa: Il PD e il suo segretario Enrico Letta. Come è possibile che si possa immaginare che si trovi, casualmente, a passare sotto Palazzo Chigi e faccia un fischio: “Mario, posso salire che ci prendiamo un caffè (sottinteso, non lo facciamo sapere in giro)” ??? e sperare poi che il Centro Destra di Governo non appena saputo della fervida iniziativa non si incazzi come una biscia?  Ha dichiarato, il giorno prima che “domani sarà un giorno felice” senza nemmeno immaginare quali micce erano già accese e pronte a dar fuoco alle polveri. Da che parte vive?

Terza anatra zoppa: il M5S. Ha avuto la fortuna di trovarsi tra i piedi un certo Salvini e un certo Berlusconi altrimenti sarebbe rimasto con un cerino in mano difficile da gestire. La prossima volta che compongono le liste dei candidati da proporre al giudizio degli elettori, sarebbe utile che vengano sottoposti ad un test clinico per valutarne le loro capacità di distinguere il grano dall’oglio. Un errore come Di Maio, può succedere una volta, la seconda sarebbe fatale e imperdonabile.

Quarta anatra zoppa: i vari cespuglietti di centro, di centro destra e di “sinistra”. Irrilevanti, insignificanti, incapaci di far muovere una foglia più di quanto non possa fare un refolo di venticello tiepido alle sei del pomeriggio. Chi li ha visti o sentiti? Da tenerne conto.

Quinta anatra zoppa: La Repubblica e La Stampa (stesso editore) insieme al Corriere e al Sole 24 ore. Dopo aver dato voce al coro del Draghi forever and ever  ora cosa faranno oltre che invocare tutte le sciagure possibili che si potranno abbattere sul paese? Già si leggono i titoli a futura memoria “Sciagurati voi … ve lo avevamo detto che era meglio tenersi questo Governo fino all’ultimo istante di vita… e ora beccatevi questa ulteriore sciagura delle elezioni .. tieè!!!”

La sesta anatra zoppa (Salvini) e la settima (Berlusconi) sono un capitolo a parte e meriterebbero un Post tutto per loro... abbiamo già dato ...

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