“Non sien le genti ancor troppo sicure a giudicar, sì come
quei che stima le biade in campo pria che sien mature.”
Dante Alighieri
“Ci vogliono vent'anni per costruire una reputazione e
cinque minuti per rovinarla. Se pensi a questo, farai le cose in modo diverso.”
Warren Buffett
Oggi è previsto il capitolo 3° dei termini sui quali vi abbiamo proposto di riflettere:
la prudenza (nei Post precedenti la
Memoria e la Menzogna). La notizia del giorno, peraltro già da noi anticipata, è
che il Cda Rai si è riunito ieri ed ha proceduto alla sostituzione di Pasciucco
e Ciccotti con Rastrello e Enni rispettivamente come presidente e consigliera di
Rai Way in vista della prossima Assemblea degli azionisti della Società quotata
Rai del 27 aprile e a valle del DPCM sulla vendita di parte della società.
Repubblica di oggi, in un breve trafiletto, titola: “…l’amaro addio di Ciccotti”. Già, molto amaro e non solo per lui. C’è
da dire di più, molto di più e poi vi diremo.
Come noto a tutti, da sempre: nulla avviene mai per caso e quindi l’Italia che viene esclusa dai
mondiali di calcio, il mancato Oscar al film di Sorrentino e la Guerra in Ucraina non
sono pere cadute dal melo … era tutto già noto, previsto e scritto da tempo, e nessuno
può affermare che si tratta di sorprese. In ordine: l’Italia ha vinto gli
europei di calcio ai rigori (finale e semifinale) e non perché avesse espresso un
gioco di particolare bellezza o efficacia. Sorrentino esce con il suo film, E’
stata la mano di Dio, forse nel momento più basso del cinema italiano quando,
lo scorso settembre, quasi in contemporanea usciva Tre piani di Nanni Moretti e
Vita da Carlo di Carlo Verdone che, bene che si possa dire, avevano come più
elevata punta espressiva la loro autobiografia. Un po’ poco per competere con
scritture “globali” come quelle che si presentano agli Oscar. La Guerra infine, era scritta nei libri di storia
da decenni e pure nelle settimane e mesi precedenti lo scorso 24 febbraio, era
noto pure ai sassi che sarebbe scoppiata e ciononostante nessuno, ha fatto
nulla per impedirla e anzi sembrava quasi ineluttabile.
Tutto questo per introdurre
il tema di oggi, la prudenza, e proseguire quello dei giorni scorsi, l’informazione
Rai durante questi giorni drammatici.
La Prudenza è anzitutto la prima delle quattro laiche Virtù
cardinali (le altre sono Giustizia, Fortezza e Temperanza) troppo spesso dimenticata
e altrettanto poco applicata ben distinta dalle tre virtù teologali, Fede, Speranza
e Carità che pure non sempre godono di buona fortuna. Come al solito, si tratta
di materia antica e da millenni ce ne occupiamo già sui banchi del liceo: nella
nostra cultura hanno iniziato prima Platone e poi Aristotele che su questo tema
hanno fatto a sportellate e passando attraverso Cicerone e poi S. Tommaso D’Aquino
siamo arrivati all’era moderna con Kant e poi la Arendt e infine a Gadamer per
sistemare, almeno in parte, la faccenda. Di quest’ultimo ci può essere utile
una affermazione necessaria per l’esercizio dell’arte della prudenza, almeno
verbale: “Un’interpretazione definitiva
sarebbe in sé una contraddizione. L’interpretazione è sempre in cammino”
che, in un certo senso, si può definire un pilastro delle Scienze Diplomatiche.
Da tenere sempre a portata di mano “Oracolo
manuale ovvero l'arte della prudenza” di Baltasar Graciàn. Ecco allora tutta
la contemporaneità e la necessità di utilizzare bene questo concetto laddove,
proprio in questi giorni di Guerra, per molti sembra tanto facile e comodo utilizzare scorciatoie linguistiche
poco “prudenti”. È stato prudente il
nostro ministro degli esteri Di Maio quando ha definito Putin un animale (salvo
poi pentirsene)? È stato prudente nei giorni scorsi Biden quando ha definito
sempre Putin un “macellaio” (salvo poi la Casa Bianca rettificare e lui invece
a ribadire il concetto)?
Facciamo calare il cielo sulla terra e veniamo alle vicende
Rai. Come noto una storia, quale che
sia, per essere bene compresa necessita ed ha sempre un prologo ed un epilogo.
Nel mezzo si colloca il fatto per comprendere il quale, appunto, solitamente si
cerca di definire l’antefatto e intravvedere il possibile postfatto, ovvero le
conseguenze. Dove casca l’asino dell’informazione
Rai e, a nostro modesto avviso, quello del Tg1? Esattamente nella difficoltà
intrinseca a spiegare il prologo e il possibile epilogo della guerra in corso.
Perché comunque, e lo speriamo presto, ci sarà una fine, un termine delle ostilità
e si dovrà giocoforza ricostruire le macerie che si sono prodotte. La domanda
allora è: la narrazione del Tg1 della guerra in Ucraina è “prudente” o no?
Abbiamo affrontato il “problema” del Tg1 ma è ben chiaro a
tutti che A) non è un tema delle ultime ore ma viene da ben oltre e lontano B) non
riguarda solo la testa diretta dalla Maggioni.
Vediamo in dettaglio il punto A. Nel fine luglio 2018 ai nuovi
consiglieri appena insediati a Viale Mazzini viene consegnato un “malloppo”
composto da 1 fascicolo e 5 allegati: il primo di circa 280 pagine si riferisce
al Piano Industriale che dovrà entrare in vigore per i successivi 3 anni e gli
altri cinque si riferiscono, in ordine, a 1: Piano editoriale dell’Offerta
televisiva 2: Progettazione per la realizzazione canali esteri 3: Piano
informazione istituzionale 4: Piano per
l’informazione 5: Progetto tutela minoranze linguistiche. Attenzione: l’allegato
4 è composto di 117 pagine, tutte concentrate sull’analisi dettagliata dello “stato
dell’arte” sull’informazione del Servizio Pubblico e con dati e tabelle illustrative
nonché confronti con gli altri SP europei dove si legge chiaramente cosa si potrebbe
e dovrebbe fare.
Che succede allora? Molto semplice: l’allegato 4 viene “smarrito”,
dimenticato e ancora vaga come un fantasma nei corridoi del VII piano di Viale
Mazzini. Succede pure che, sempre a luglio dello scorso anno, si insediano
Fuortes &C e nel mazzo delle carte di tutti i problemi della Rai riesumano
dal frigorifero la mummia di quel Piano e si concentrano solo su una parte di
esso, la riorganizzazione per generi dei canali tv, e si dimenticano casualmente
del famigerato “allegato 4” sulla riforma dell’informazione del Servizio
Pubblico. Questo il contesto entro il
quale si legge la crisi dell’informazione Rai: non aver voluto perseguire un
progetto, giusto o sbagliato che fosse, e non concentrarsi per dotarsene uno
nuovo e aggiornato.
Dettaglio punto B: non c’è solo la crisi del Tg1 ma c’è una crisi
endemica interna all’Azienda mai affrontata e risolta e si riferisce a quella
che si potrebbe definire una delle testate giornalistiche televisive più “rilevanti”
del panorama italiano e forse europeo: RaiNews24.
Lo abbiamo scritto da tempo: Nel citato allegato 4 si legge, a pag.49, che a RaiNews24 lavorano 190 giornalisti e 56 tra
quadri, impiegati e operai di testata a fronte del Tg1 dove ce ne sono invece
146 giornalisti e 65 quadri, impiegati e operai di testata. Il tutto con ascolti da prefisso telefonico e la differenza è
che il Tg1 si rivolge a milioni telespettatori e Rai News a poche decine di
migliaia. Vediamo qualche numero a
confronto tra lo scorso venerdì 25 marzo e lo stesso giorno dell’anno
precedente, giovedì 25 marzo 2021.
Qualcosa è cresciuto
ma parliamo sempre di numeri inadeguati e spropositati rispetto alle risorse (anche economiche, nell'ordine di centiaia di milioni di Euro) impiegate.
Ecco allora che il buio, almeno in parte, si illumina e la
nebbia, almeno in parte, si dirada. In questo modo, forse, è più facile
comprendere i fatti, gli antefatti e gli epiloghi.
A seguire, forse in giornata, riprenderemo la vicenda di Rai
Way. Rimanete sintonizzati.
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