domenica 15 agosto 2021

La Rai e Kabul

 

Foto di Pexels da Pixabay

Oggi non ci sono giornali in edicola e, apparentemente, non ci sono notizie. Ovviamente non è vero. I fatti avvengono e ce li raccontano il Web, la radio e la televisione. La notizia di queste ore è la caduta di Kabul ed è di quelle che entrano a viva forza nei libri di storia. 

Da giorni ci stiamo chiedendo come la Rai ha raccontato la partecipazione dell’Italia alla spedizione in Afghanistan e come ci sta descrivendo gli avvenimenti che si stanno svolgendo. A parte la bizzarra scelta di utilizzare il corrispondente da Istanbul, poniamo un problema per il quale non abbiamo risposta ma riteniamo che debba essere cercata perché, allo stesso modo con il quale si “raccontavano” i successi e i “risultati” conseguiti dalla nostra partecipazione militare alla guerra afgana (perché di questo si è trattato anche se si cercava in ogni modo di spacciarla in altro modo) sarebbe utile e forse necessario capire e “raccontare” qualcosa di più sul perché e sul per come abbiamo partecipato a questa guerra inutile.   

Anzitutto il senso generale delle notizie che giungono da Kabul  si racchiudono in una sola parola: fallimento globale e totale. Hanno fallito tutti e hanno fallito tanto e in questa debacle totale è verosimile che sia fallita anche la narrazione radiofonica e televisiva che è stato fatta in questi anni. Sarebbe utile sapere se e quante volte è stato utilizzato questo termine  in questi giorni. Per anni, e fino alla conclusione della missione, ci è  stato raccontato che la nostra era una missione di pace (Peace keeping) in contesto di guerra (Combat ready). Non è stata raggiunta la pace e non è  stata vinta la guerra. Si tratta ora di trarre qualche conclusione se è vero, come sembra, che l’Afghanistan rischia di tornare esattamente come era alla vigilia dell’inizio della guerra nell’ottobre 2002 con l'avvio della cosiddetta operazione  “Enduring  freedom”. 

Allora: la Rai come sta raccontando questo fallimento?  Come si giustifica di fronte agli italiani, ai telespettatori, la storia di uno sforzo e di un impegno tanto importante quanto inefficace?  Ci hanno fatto vedere innumerevoli immagini di come i nostri militari addestravano le truppe afgane che ora si sono dissolte come neve al sole. Nessuno è stato in grado ci capire che non sarebbe servito a nulla? Nessuna “intelligence” è stata in grado di intuire che questo tipo di approccio non avrebbe portato altri risultati che, paradossalmente, rafforzare i talebani?  

Non vogliamo entrare in sofisticate analisi politiche  militari su come si è svolta la partecipazione italiana alla missione afgana e dei risultati che ha conseguito. Ci interessa, in questo momento e in questa sede, cercare solo di capire come la Rai ha contribuito a raccontare il senso di questa guerra e ora di questo fallimento. È del tutto evidente che non si è trattato solo di riportare le notizie “dal fronte” quanto più di alimentare e sostenere un consenso politico e “culturale” intorno ad un impegno gravoso, drammatico in termini di vite umane sacrificate e di risorse economiche impiegate. C’è un ambito storiografico che interessa la propaganda, l’enfasi rivolta al racconto di sostegno, e c’è un ambito politico che si riferisce al ruolo che i vari governi italiani che si sono succeduti in questi anni hanno avuto nel sostenere la partecipazione italiana alla guerra afgana. Purtroppo, non esiste, per quanto abbiamo potuto consultare, nessuno studio o ricerca su “La Guerra in Afghanistan raccontata dagli schermi Rai”. Poniamo il problema ai nostri lettori, potrebbe venir fuori un dibattito interessante.

Come al solito, e torniamo più direttamente alle nostre vicende, il tema è sempre e solo lo stesso: quale “visione”, quale progetto, quale prospettiva si propone? La battaglia di Kabul, ieri, è stata vinta dai talebani senza sparare un colpo solo perché, semplicemente avevano un solo obiettivo: riprendersi il loro paese. Per la Rai del futuro quale dovrà essere il suo obiettivo? Boh …

bloggorai@gmail.com

 

2 commenti:

  1. Il fallimento o meno di una guerra dipende dagli obiettivi di chi la provoca.
    Per gli USA l'obiettivo non era chiaro ed è mutato nel tempo, all'inizio era quello "ideale" di vendetta e ritorsione: obiettivo raggiunto. Poi viene fintamente modificato, per convincere gli europei a impegnarsi e appoggiare gli Usa, in costruzione di una Afganistan occidentalizzato. Non ci credeva nessuno, ma questa ipocrisia ha permesso che la guerra in Afganistan fosse "internazionale" e non statunitense. Obiettivo raggiunto.
    Fuga dall'Afganistan lasciando un paese distrutto, pieno di conflitti e contraddizioni, è parte della nuova strategia USA, se non si può colonizzare un paese lo si distrugge (Vedi Iraq, Yemen, Siria, Cuba?). Diciamo che hanno fatto una figuraccia da codardi, ma obiettivo raggiunto.
    I paesi europei avevano come reale obiettivo fare da servi agli americani: Obiettivo raggiunto insieme alla figura di servi codardi.
    Gli afgani non avevano obiettivi ed è per questo che con la fuga degli occidentali forse possono cominciare a gestire, con tutte le contraddizioni, il loro paese.
    Unica incognita sono Russia e specialmente la Cina, non starà a guardare, ma io sono parzialmente ottimista visto come la Cina si sta comportando in Africa, niente falsi aiuti allo sviluppo ma scambio di interessi, finché dura.

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  2. Ottima riflessione, come sempre acuta e nel merito. L'importanza dell'informazione pubblica, scevra da emozioni circostanziali molto forti (le immagini a Kabul e il risveglio delle coscienze sulla situazione afghana), che deve essere il faro di un'analisi obiettiva e che faccia comprendere come questa situazione da mesi, si prevedeva e si sarebbe potuta evitare, sarebbe fondamentale. Ecco cosa dovrebbe essere il servizio pubblico: un luogo dove si racconta, si spiega, si ragiona non in termini sensazionalistici ma in termini giornalistici e di analisi ad un livello superiore. Continuiamo insieme a lottare per questo.
    Grazie Rossano per il tuo impegno.

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