Qualcuno sta barando oppure gioca sporco, molto sporco. Ci riferiamo a quando sta succedendo in questo Paese a proposito di innovazione tecnologica e, segnatamente, quella del settore audiovisivo. Succede esattamente che ci troviamo nel pieno di un momento di grande rilevanza che investe tutto il perimetro delle telecomunicazioni e, allo stesso tempo, tutto appare fermo o almeno in drammatico ritardo. Gli elementi centrali che si evidenziano sono: il refarming delle frequenze, la ridefinizione del TUSMAR e la preparazione del prossimo WCR-23 (World Radiocommunication Conference) dove verrà deciso il momento in cui si dovrà spegnere definitivamente la televisione digitale terrestre.
Chi segue questo Blog ormai da oltre tre anni, sa bene quanto ci siamo impegnati più volte, ripetutamente, a porre riflessioni sulla transizione al DVB-T2 e ai rischi che in particolare il Servizio Pubblico potrebbe correre in questa fase. Non è un caso che, infatti, ci siamo richiamati al Contratto di Servizio che dispone, all’art. 17, “La Rai garantisce l'informazione al pubblico in ciascuna area tecnica nel corso dell’attuazione della tabella di marcia nazionale per la liberazione della banda 700MHz, utilizzando le emissioni televisive e radiofoniche e il web. Tale informazione dovrà essere fornita senza interruzioni fino a quando le attività non saranno ultimate in tutto il territorio nazionale”. Si tratta di un obbligo, non di una facoltà, e la mancanza del suo adempimento costituisce una violazione e non una “dimenticanza”. Il legislatore aveva previsto giusto quanto fosse importante informare tempestivamente gli utenti.
Siamo abituati a porre domande e cercare riposte. Perché avviene tutto questo, chi ne è responsabile e cosa si può proporre per affrontare i problemi? Da tempo, quindi, ci stiamo arrovellando per capire dove si trova chi frena e perché.
Proviamo a formulare qualche ipotesi. La prima è molto suggestiva e ci viene proposta da una fonte molto, molto autorevole, con un filo di voce molto sommessa: “I telefonici non hanno ancora pagato quanto devono per l’acquisto delle frequenze tv”. Acciperbacco!!! Superato un momento di turbamento, cerchiamo di capire e di approfondire. Di cosa si tratta esattamente? Piccolo passo indietro: nell’ottobre 2018 si conclude l’asta per il 5G dove lo Stato ha incassato (o meglio, dovrebbe avere) 6,5 miliardi, superando di oltre 4 le aspettative previste. Il maggiore “contribuente” è stato TIM (seguito da Vodafone) con 2,407 miliardi che si è aggiudicato uno dei due maxi-blocchi da 80 Mhz nella banda 3,7 Ghz, un blocco nella 26 GHz e due nella 700 MHz: un bel pacchetto destinato a rafforzare di molto la posizione di TIM nel panorama nazionale. Stiamo parlando dell’”era glaciale” dei governi precedenti Conte 1 (Lega e M5S) poi Conte 2 (M5S e PD) ed ora Draghi (Lega, M5S, PD, LEU, Croce Rossa, Boy Scout, Protezione Civile etc). Dunque, parliamo solo possibile mancato pagamento? NO, non solo. Ci spingiamo in avanti e chiediamo ad altra fonte: “Si, potrebbe essere vero ma non si tratta solo di quello” cioè? “Semplice: il MISE da tempo è ritardo, più o meno colpevole, ma in ritardo. Vedi per quanto tempo è rimasta vacante la Div.5, la DG SCERP, ora assegnata da Giorgetti a Francesco Soro”.
Già, sarà perché siamo ostinati e puntigliosi ai limiti del rompiscatole ma ancora qualcosa non torna e non riusciamo a trovare una risposta tanto sintetica quanto convincente. Ancora la nostra fonte: “Il ritardo e il silenzio non sono semplici negligenze: c’è complicità”. Questo lo sospettavamo da tempo. Ma, aggiunge: “Sembra che si possa sommare una convergenza di interessi tra confusione e mancanza di competenza e conoscenza”. Anche questa non ci trova impreparati. Se ci vogliamo limitare ai soli ultimi tre anni, non sembra difficile, come sostengono molti, poter imputare al MISE le responsabilità primarie di quanto avvenuto sul processo di refarming, anche indipendentemente dal drammatico “incidente” della pandemia Covid. Torniamo al tema del possibile ritardo dei pagamenti e insistiamo nel cercare qualche riscontro: bocche chiusissime, tappate con il cemento armato. Però trapela un ragionamento: “Giorgetti, da quando si è insediato al MISE, ha fiutato l’aria che tira e, da fine politico, non vuole rimanere con il cerino in mano. La sua filosofia è: pagare moneta, vedere cammello. Tradotto: intanto pagate e poi avrete le frequenze”. Non fa una piega, se fosse tutto vero sarebbe molto plausibile. Ma, forse, è solo un ragionamento.
Torniamo brevemente al tema refarming e al silenzio della Rai: per molto tempo lo abbiamo addebitato alla negligenza di una certa dirigenza Rai che si nascondeva dietro il MISE: “Se non agiscono loro, noi non possiamo fare nulla” ci venne detto e ripetuto più volte per arrivare ai giorni nostri quando abbiamo sentito la bizzarra teoria del “Non avvantaggiare TIM - DAZN che in questo specifico momento sono quelli che ne possono trarre maggior profitto dalla campagna di rottamazione TV che sosterrebbe più il broadband che il broadcast, agevolando l’acquisto di Smart Tv”. Teoria bizzarra ma nemmeno poi tanto.
Se vogliamo estendere il campo, possiamo anche ricordare il tema banda larga e società unica per la rete nazionale: siamo passati dal Memorandum di agosto 2020 all’empasse attuale, con il Piano Colao che transita dalla prima versione giugno 2020 (Governo Conte) a quello della primavera 2021 (Governo Draghi) dove siamo alla “Consultazione pubblica del Piano “Italia a 1 Giga” - Dal 6 agosto, aperto alle osservazioni degli stakeholders il nuovo piano di intervento per infrastrutture a banda ultra larga sul territorio nazionale”. Tutto chiaro? No, niente affatto perché si sommano altri piani, altri livelli, altri interessi che rendono tutta la partita estremamente complessa da decifrare e non si consentono facili risposte o scorciatoie.
Abbiamo ricordato in premessa i due temi TUSMAR e WCR-23: in qualche modo sono strettamente connessi: derivano entrambi da vincoli extranazionali che si dovranno poi tradurre nelle prossime tappe, per quanto riguarda la Rai, del nuovo Contratto di Servizio e del conseguente piano industriale. Ecco dunque che torniamo al nostro consueto ritornello: la visione e la missione del Servizio Pubblico. Se qualcuno non alza la chiappe e si mette a studiare, a cercare idee, proposte e soluzioni… le chiacchere stanno a zero e hai voglia ad interrogarsi su perché e per come siamo in ritardo.
Chiudiamo con le solite domande bizzarre che con quanto scritto prima, forse, c'entrano poco: per quanto
sappiamo, l’AD Rai e la presidente Soldi sono ancora rispettivamente sovrintendente
all’Opera di Roma e presidente della Fondazione Vodafone (vedi https://www.operaroma.it/
In soldoni (opppssss): quando si pongono domande qualche risposta si ottiene. Andiamo avanti: siamo solo all’inizio.
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