Ieri c’è stato uno scambio di opinioni con un nostro autorevole
e stimato lettore a proposito del Piano industriale del quale, nota bene, non è
disponibile una versione accessibile nonostante si tratta di un documento di
assoluto rilievo pubblico, non foss’altro perché è stato presentato sia ai parlamentari,
espressione diretta degli elettori, sia ai dipendenti Rai. Ieri abbiamo scritto
che, alle pag. 85 e 86, dove si parla di linee strategiche NON compare mai la parola
“tecnologia”. C’è da osservare che questo tema, a nostra memoria, non ci risulta
sia mai stato affrontato con particolare approfondimento e attenzione da questo
vertice: se risulta qualche intervista o dichiarazione programmatica o
progettuale sulla banda larga, il refarming delle frequenze 700 Mhz, sul 5G o
altro argomento di carattere tecnologico rilasciata dall’AD, da uno qualunque
dei consiglieri, o dal CTO (dopo debita autorizzazione dell’AD) ce lo facciano sapere, saremo lieti di ripubblicarla e fare ammenda della mancanza. Allo stesso
tempo, come abbiamo più volte scritto, abbiamo assistito alla diaspora di buona parte dei dirigenti
esperti del settore. Se a queste considerazioni si aggiungono quelle dei budget
destinati ad innovazione e sviluppo ne viene fuori la semplice morale della favola:
la “tecnologia” in Rai non sembra essere una priorità strategica (i 200 mln di
cui abbiamo scritto ieri comprendono anche attività immobiliari per una cifra
non specificata ma che a noi risulta essere intorno ai 120 mln, quindi per l’infrastruttura
tecnologica rimarrebbero 80 mln per i tre anni di vigore del piano, cioè poco
più di 25 mln/anno… tanto per capirci ). Punto, a capo.
Veniamo ai giorni nostri. Nei giorni scorsi l’UPA ha rilasciato
i dati sulle previsioni della raccolta pubblicitaria per il 2020: -17% per un
valore netto di 1,5 miliardi di euro. Sono in contrazione i consumi degli italiani
e, di conseguenza, gli investimenti in pubblicità. Un circolo vizioso difficile
da rimettere in ordine e seppure potrà avvenire non si prevedono tempi rapidi. Nelle
casse di Viale Mazzini questa situazione peserà, secondo quanto riportato nell’ultimo
Cda dal CFO, con cifre importanti che vanno dagli 80 mln per quest’anno agli
oltre 200 per il prossimo. Attenzione, queste cifre potrebbero non aver tenuto
in debito conto le variazioni possibili sia sul fronte recupero sia sul fronte
nuovo gettito del canone. Sul primo fronte non si ha notizia del recupero del
famoso extragettito che, anzi, lo si vorrebbe destinare in modo strutturale per
altri scopi, mentre sul secondo fronte potrebbe non stupire più di tanto se
alla ripresa autunnale qualcuno partisse nuovamente all’attacco dei 90 euro che
gli italiani pagano in bolletta. Siamo sempre convinti che sia giusto e
doveroso sostenere il canone ma lo è altrettanto fornire una giustificazione in
termini di credibilità, autorevolezza ed efficienza perché altrimenti sarà una
battaglia sempre più difficile. Sempre tanto per capirci e sempre per rimanere
nel solco degli obblighi previsti dal
Contratto di Servizio: che fine ha fatto l’impegno a rimodulare il numero delle
testate giornalistiche (art.25.e)? Per completezza e per spazzare via inutili
sotterfugi: l’art.25 del Contratto di
Servizio andrebbe stampato in neretto a corpo 30 e spedito e incorniciato a
tutto il settimo piano di Viale Mazzini.
Infine, domani sera potrebbe avvenire nelle Aule del
Parlamento lo scontro (o l’incontro... chissà !!!) per la nomina dei quattro
commissari AgCom e i cinque Privacy. Ancora, per quanto siamo riusciti a sapere,
le trattative sono in alto mare perché ognuna delle parti in causa tende ad
allargare il perimetro del confronto. La contesa è a tutto campo e nel
calderone sono state messe in cottura le nomine della altre partecipate dello
Stato, gli accordi per le prossime regionali, i sindaci di grandi città e, sullo
sfondo, le strategie che porteranno a definire il candidato alla successione di
Mattarella prima dell’inizio del semestre bianco. Siamo solo all’inizio.
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