Prima di entrare nel merito del tema del giorno, vi abbiamo
scritto che stiamo seguendo con particolare attenzione la questione rinnovo
vertici di AgCom e costantemente ci giungono aggiornamenti. Anzitutto notiamo
con piacere che autorevoli colleghi leggono attentamente questo blog e ne
traggono ispirazione. Poi, vi proponiamo un gioco: siamo in grado di aprire un
botteghino di scommesse sul fatto che il 14 luglio possa slittare almeno di un
giorno (come già scritto) se non di più e anticipare il nome del futuro
presidente sul quale sembra stiano convergendo consensi sia tra i partiti di
Governo, sia tra quelli di opposizione. Sono due scommesse separate e volendo si
possono giocare in combinazione. Le poste in gioco sono caffè o gelato a
scelta.
Ora, vi sintetizziamo in grandi linee un lungo lavoro di
contatti, scambi di opinione e valutazioni sul quadro e il contesto entro il quale
si stanno definendo scenari prossimi venturi sul tema TLC.
In particolare, intorno
alla Rai, al Servizio pubblico, si sono scatenate quattro grandi guerre che
provengono da mondi lontani, intrecciati tra loro e che pure appartengono a
logiche e culture diverse.
Il primo è quello della politica che, da sempre, è ossessionato
dal problema della comunicazione. I Romani lo sapevano bene ed erano costretti
a costruire colonne (Traiano) o are della
pace (Augusto) per potere dialogare con i cittadini. La moderna ara, la
televisione, è uno strumento indispensabile per la comunicazione politica ed è
giocoforza che intorno ad essa si possa scatenare l’inferno. Il secondo mondo è
quello dell’economia e, in queste circostanze, vede le schierate le armate della
pubblicità: risorsa troppo scarsa quanto preziosa per essere lasciata per buona
parte nelle mani della sola Rai. A questo secondo mondo si affianca il terzo
con il quale si mescola spesso e volentieri: quello della finanza. Ieri abbiamo citato un articolo di Carlo Tecce sul Fatto (che oggi torna sull’argomento con
note interessanti) a proposito dell’interesse di Berlusconi sulla banda larga.
Si tratta di una operazione di natura prevalentemente finanziaria, di scambio
di azioni, di titoli che ballano tra una quota ed un altra, dove la natura industriale dell’argomento è
tutta sfumata e in secondo piano. Un po’ come avviene con Rai Way: le orecchie
da mercante di Viale Mazzini sul tema (da parte di tutti, compreso tutto
il Cda) che continua ad ignorare la
rilevanza dei suoi problemi di opportunità e convenienza, a mantenere in vita
una società con sole finalità finanziarie con grande gioia degli azionisti
(privati) che godono di investimenti (pubblici). In questo momento (vedi le
tensioni sul fronte banda larga) le armate, le divisioni guerriere del mondo
della finanza sono meglio dispiegate sul capo di battaglia e vedono la vittoria
all’orizzonte. Infine, nelle retrovie, si muove l’esercito della tecnologia,
leggermente confuso e smarrito per non sapere bene con chi allearsi tra gli altri
tre mondi. Con quello della politica ha storiche difficoltà: in genere è la
tecnologia che avanza sul terreno e poi la politica segue con la regolamentazione.
Con i mondi dell’economia e della finanza poi non ne parliamo: spesso usaano
lingue diverse. Vedi la questione refarming delle frequenze intorno ai 700 Mhz
come pure il 5G. Sintesi: nessuno di questi quattro mondi, per ora, è destinato
a prevalere e vincere la battaglia finale. La Rai è preda silente, ostaggio e
premio, per chi e quando salirà sul podio della vittoria.
La Rai non ha un esercito che la sostiene e nemmeno un partito
che la fiancheggia come spesso qualcuno sostiene: tutt’al più un sindacato corporativo
interno che al primo posto del suo programma elettorale ha messo l’abolizione
del tetto dei 240 mila euro. Non c’è molto da stare allegri.
In coda alle tante conversazioni, è emerso a proposito di
tecnologia un tema rilevante che interessa le inadempienze di Rai sul Contratto
di Servizio. Come noto e come abbiamo scritto tante volte, è in corso la road
map per la riassegnazione delle frequenze. È noto pure che in questo processo
la Rai potrebbe subire gravi conseguenze in termini di presenza sul mercato e
quanto avvenuto, e quanto ancora potrà avvenire, in conseguenza dei mutamenti
imposti dal Coronavirus non fanno altro che aggravare la situazione. Il Contratto
di servizio prevede esplicitamente, all’articolo 17 (Informazione al pubblico
in relazione al rilascio della banda 700MHz che “1. La Rai garantisce
l'informazione al pubblico in ciascuna area tecnica nel corso dell’attuazione della
tabella di marcia nazionale per la liberazione della banda 700MHz, utilizzando
le emissioni televisive e radiofoniche e il web. Tale informazione dovrà essere
fornita senza interruzioni fino a quando le attività non saranno ultimate in
tutto il territorio nazionale”. Non risulta che si avvenuto nulla del genere. A
Viale Mazzini sostengono la scusa che la responsabilità primaria è del MISE. Già,
la colpa è sempre di qualcun altro. Punto, a capo.
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