Forse, sembra, vedremo… dipende: fino a ieri mattina
queste le parole che molti (compreso questo blog) usavano per descrivere quanto
sarebbe potuto succedere con le nomine AgCom e Privacy. Tutto sembrava opaco,
confuso e incerto: i nomi in ballo andavano e tornavano, veti incrociati che
sembravano muri di cemento e, alla fine, zacheeeteee… trulallero trulallà… i nomi sono votati e alle 5 della sera i nuovi
consigli erano pressoché nominati (manca il Presidente Agcom).
Cosa ci dice
tutto questo? Necessario osservare causa e pretesto. La causa era forte e difficilmente
derogabile. Da oltre un anno i consigli erano scaduti ed era pressoché indifferibile
fare le nuove nomine. Durante tutti questi mesi la politica non è stata in
grado di essere trasparente ed efficiente e le trattative sui candidati, nonché
i risultati, ne sono la prova provata. Comunque,
ora i giochi sono fatti e c’è poco da aggiungere. Con questo consiglio si
faranno i conti per i prossimi anni e c’è solo da farsi gli auguri.
Ora passiamo al pretesto. Da tempo si è scritto e letto di
accordi, di incontri più o meno riservati, di trattative a tutto campo tra
maggioranza e opposizione e all’interno della stessa maggioranza. Il voto di
ieri ha fornito uno scatto fotografico della situazione con i partiti che non
hanno votato compatti i propri candidati. In particolare il M5S dove sono state molto numerose le defezioni sulle indicazioni di Crimi mentre il PD ha dovuto
subire lo scalamento di Giacomelli da candidato presidente a semplice commissario.
Questo voto è leggibile sotto il segno di una Pax televisiva? Ancora presto per dirlo. Da ricordare il
recente incontro (ovviamente mai confermato o smentito) tra Luigi Di Maio e
Gianni Letta che avrebbe avuto esattamente questo tema come oggetto di
confronto come poi quello (sempre presunto) tra Conte e Salini. Certo è che almeno due tra i quattro nuovi commissari non sono
affatto sgraditi a Mediaset: la Aria da tempo era la candidata ufficiale di
Berlusconi e lo stesso Giacomelli (sottosegretario alle TLC nel Governo Renzi
sostenitore dell’abolizione del canone) vanta solide amicizie da quelle parti e
difficile immaginarlo come “amico fraterno” di Viale Mazzini: da ricordare
quanto affermato non molto tempo addietro “…che sia imposto alla Rai di
limitare ancora di più, molto di più, la pubblicità, perché Rai sia sempre di
più servizio pubblico e sempre meno una realtà con una dimensione di
concorrenza commerciale”. Ecco, tutto qui, molto semplice. Esattamente quello
di cui si dibatte da giorni: togliere pubblicità alla Rai per ripartirla agli
altri soggetti, Mediaset per prima. Punto, a capo. Poi magari si potrà pure discutere nel merito delle risorse Rai e da dove debbano provenire per fare cosa, ma questo, al momento, è un altro tema.
Oggi Claudio Plazzotta pubblica su Italia Oggi i dati sulla raccolta pubblicitaria durante i mesi scorsi: Rai brilla con -37% e -51 mln
rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Tutto il comparto Tv segna
un totale di -42% e -229 mln. Brutta aria e, come abbiamo scritto
più volte, sarà il tema delle risorse a tenere banco nelle prossime settimane. Del
resto, è la stessa brutta aria che tira su tutta la scena politica.
Del resto, è la stessa brutta aria che tira pure intorno e
dentro Viale Mazzini. Ieri abbiamo ricevuto e volentieri pubblichiamo la
sintesi di due commenti. Il primo ci propone una suggestiva metafora sul
destino del Servizio Pubblico “… non solo i treni sono passati ma anche la
stazione è stata proprio chiusa e noi non siamo piu' neanche viaggiatori in
attesa di salire sul treno ma solo barboni che nel fabbricato dismesso
bivaccano in attesa che arrivi il volontario della Caritas con la zuppa”. Disarmante
ma convincente.
Il secondo, attento e autorevole lettore, ci propone una
riflessione: “Il servizio pubblico televisivo non esiste più. Perlomeno quello
che eravamo abituati a riconoscere nella RAI o quello che pensavamo dovessero
essere le caratteristiche fondanti di tale servizio. Pensate a quelle 3 o 4 caratteristiche
peculiari di tale servizio e poi cercatele in un qualsiasi broadcast tv e poi
ancora in qualche social media che va per la maggiore… Che vuol dire fare
“servizio pubblico”? Si può fare SP per
tutte le 24 ore, tutti i giorni e tutte le settimane? Dobbiamo rincorrere lo share? Possiamo
fregarcene dello share? Ci sono fasce più deboli che devono essere tutelate
siano queste in mezzo agli usufruitori o siano in Parlamento? Dobbiamo fermarci
a scrivere nuove regole perché il mondo è cambiato ma il SP guarda ancora al
passato. Replica un mondo che non esiste più, una società che in breve tempo è
stata scossa da innovazioni tecnologiche che non hanno eguali nel corso della
storia”. Già, nuove regole… e chi dovrebbe scriverle queste nuove regole? Questo
Parlamento, questi partiti, questa Governance Rai, uno sparuto gruppo di liberi
volenterosi pensatori pensionati? Sarà dura, molto dura.
Intanto ci suggeriscono di osservare con attenzione lo spot
autopromozionale di Mediaset in onda sulle sue reti. Noi proponiamo quello
realizzato da BBC insieme a ITV, Channel 4 e Channel 5: questo il claim “Our
stories are your stories” - broadcasters unite to celebrate UK television in TV
first”. Cercatelo … proprio come in Italia, la stessa cosa !!!
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