mercoledì 6 novembre 2019

Il gioco si fa duro e i duri cominciano a giocare

Il post di questa mattina era dedicato a Fiorello su Rai Uno vista l’aria che inizia a tirare sul comico. Ai diversi piani di Viale Mazzini, ci dicono, da più parti c’è “malumore” per diversi punti di vista.

Poi, ieri pomeriggio, ha cominciato a diffondersi il testo di quello che potrebbe essere l’atto di indirizzo della Vigilanza sul Piano industriale e le prossime nomine. Potrebbe andare al voto già questa mattina e, c’è da immaginare, potrebbe suscitare dibattito. Leggiamo qualche stralcio di particolare interesse: si impegna la Rai al punto 4) fornire maggiori dettagli in merito alla sostenibilità finanziaria del piano medesimo; e, riferito al CdA: 1) Con riferimento alla Newsroom unificata nonché alla creazione di un’unica direzione approfondimento informativo alla quale fanno capo tutti i talk, porre in essere ogni misura opportuna ed adeguata affinché l’accentramento delle funzioni editoriali non pregiudichi il pluralismo, a iniziare dal momento della selezione delle notizie fino a quello della presentazione delle stesse; 2) In relazioni alle nuove direzioni orizzontali, titolari di budget, e al conseguente accentramento decisionale dei contenuti, mettere in atto ogni misura atta ad impedire un appiattimento dell’offerta televisiva secondo un’unica sensibilità; 3 Adottare ogni misura opportuna ed adeguata volta ad evitare che l’introduzione di nuove direzioni, in aggiunta e non in sostituzione di quelle esistenti, possa determinare sovrapposizioni tra le diverse funzioni e un aggravamento dei costi.” Come scritto più volte, la Vigilanza non ha poteri di intervento diretto sul Piano industriale ma rappresenta pur sempre il Parlamento e sarà difficile non tenerne conto. Abbiamo pure scritto più volte che la “ruota bucata” del Piano sono esattamente le risorse per alcuni versi incerte, per altri versi insufficienti a garantire il raggiungimento degli obiettivi che si intendono raggiungere.

Inoltre, sul far della sera, ci è piombata la notizia del report dell’Agenzia di Rating Moody’s  che “ha rivisto l’outlook della Rai-Radiotelevisione italiana portandolo da stabile a negativo”  … “… la Rai genererà cash flow negativo (differenza tra entrate ed uscite) nei prossimi anni, con un aumento del debito che spingerà la leva a circa 5,7 x nel 2020 (da 3.6x nel 2018), il che posiziona la società in una fascia debole della categoria di rating Baa3′” e aggiunge ““Per trasformare le sue attività televisive tradizionali verso un modello di media company basata sul digitale, la Rai deve investire risorse rilevanti nei prossimi tre anni”. Aggiungiamo noi: che non è chiaro dove verranno reperite queste risorse. Infine, leggiamo in originale  “In order to transform the business from a pure traditional broadcaster into a more digitally oriented multiplatform media company, Rai will need to invest a considerable amount of money over the next three years. Moody's has assumed an investment in digitalization of around €270 million to €300 million and about €100 million to strengthen its product offering from 2019 through 2021”.

Torniamo alle beghette, piccole e insignificanti, che però potrebbero dire molto nel loro significato.
È verosimile immaginare che gli obiettivi dell’operazione Fiorello fossero almeno due. Il primo è tirare la volata alla nuova piattaforma Web di Rai Play, rivista e corretta ai tempi degli OTT dilaganti. Il secondo obiettivo è cercare di riavvicinare il pubblico “giovane” sia verso la rete ammiraglia sia verso la nuova App ora presentata con “qualcosa di nuovo ed originale”. In poche parole: il “nuovo” che avanza (auto definizione di Fiorello) che si presenta accompagnato dalla Carrà e benedetto da Pippo Baudo per svegliare  gli intorpiditi telespettatori di RaiUno, che già dall’ora del Tg1 si  apprestano ad abbacchiarsi sul divano. In altre parole: un programma troppo vecchio per avvicinare i giovani e troppo giovane per interessare gli anziani. Alla salute del coro che ha benedetto la genialità, la fantasia, l’imprevedibilità, l’originalità di Fiorello che ti salta fuori alla seconda puntata? Viene fuori che ha riproposto una gag vecchia di oltre 10 anni, un pannicello usato rimesso a nuovo per l’occasione (dorata) offerta da RaiUno. Questa la notizia letta ieri su davidemaggio.it dove si viene a scoprire che la storiella sullo scioglimento dei Pooh e relative amenità è stata utilizzata spesso volentieri dal comico catanese. In altri termini si direbbe … papale papale … che figura di merda !!! Sulla terza puntata di ieri sera un velo pietoso di imbarazzo (contraddetto da oltre 6 milioni di telespettatori, ci rendiamo conto di essere diversi)

Fin qui, parliamo di quisquilie. I problemi sono ben altri. Cominciamo dagli ascolti. La prima sera raccoglie 6 milioni 532mila persone pari al 25,1 di share e la seconda 6 milioni 310 mila di telespettatori e il 23.8 di share, cioè perde quasi due punti di share. A fronte di quanti speravano il “botto” che si auspicava essere intorno al 30% di share un bel risultato, considerando poi che Fiorello va in onda con il forte traino del Tg1 e il fortissimo seguito di Amadeus, quindi con un pubblico con il dito incollato sul tasto 1 del telecomando, senza nemmeno la necessità di spostare la punta del mignolo. Era più che lecito attendersi molto ..molto di più. Già, perché il tema vero, centrale, non è tanto sapere se gli ascolti su RaiUno andranno più o meno bene (e comunque si dovranno giustificare perché è costato tanto a fronte di una media di ascolto relativamente nella media) quanto invece tenere sotto controllo se sarà servito a portare “contatti” sulla piattaforma Web, a stimolare interesse verso quel grande pubblico sempre più indirizzato al broadband piuttosto che al broadcast. Il problema intanto è sapere se un traino del genere è stato adeguato e sufficiente a sostenere l’intenzione di fare la Rai un nuovo OTT. Il problema “interfaccia utente” sarà decisivo. Per ora è tutto facile: il telecomando è semplice e a risposta immediata, con un tempo di latenza relativamente breve. Sarà un discorso del tutto diverso quando gli utenti dovranno essere collegati in rete e attivare l’App. Già girano numeri sui contatti web. Forse prematuri. Vedremo. 
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