lunedì 4 novembre 2019

Cuore di tenebra

Nei giorni scorsi sono comparsi due scritti interessanti che non hanno a che vedere direttamente con il Servizio Pubblico ma, in qualche modo, vale la pena di tenere in considerazione per contestualizzare alcune riflessioni.

La prima è firmata dal senatore Primo Di Nicola, M5S, vicepresidente della Commissione di Vigilanza Rai e, già dal titolo, si propone di grande attualità: “E se ci sciogliessimo tutti?” Riportiamo qualche passaggio: “La sconfitta del campo progressista, delle forze dell’attuale maggioranza, non è solo elettorale: è politica, nel senso pieno del termine – di politiche e programmi che non riscontrano più il favore dei cittadini – ma è anche e soprattutto valoriale”. Prosegue “Il problema non è più riconquistare i consensi perduti, provare a collezionare più seggi in Parlamento, nelle Regioni e nei Comuni. Cosa che si deve pure fare per dare agli elettori leggi e amministrazioni migliori. Il problema è ribaltare il declino che sta cogliendo l’intera società nel più profondo del suo sentirsi, che è coscienza morale, civile, modo di essere cittadini. Il problema è dare soluzione a questa crisi valoriale, che non sarà questione di uno o due anni, ma molto, molto più lunga e impegnativa” e conclude “Rispetto a tutto questo manca un PENSIERO. Ed è una carenza che richiede una colossale mobilitazione, non solo politica, ma anche scientifica, sociologica, filosofica, direi”. Questo “pensiero” per molti aspetti è lo stesso che manca, appare del tutto assente o almeno opaco, sfumato, quanto ci si interroga sugli anni a venire  del Servizio Pubblico, su come dovrà essere nel prossimo futuro nelle sue differenti declinazioni. Non è affatto chiaro quale potrà essere il pensiero prevalente, il disegno strategico sul ruolo e la funzione sociale, culturale e politica della Rai e su quali pilastri essa possa o debba poggiare: anzitutto normativo, economico e poi tecnologico e infine editoriale.

La seconda riflessione la propone Achille Ochetto, ex segretario dell'allora PCI, sulle colonne di Repubblica. Si interroga su dove ha sbagliato la sinistra: “Nella subalternità al neoliberismo. È accaduto che di fronte alla crisi del capitalismo, che ha prodotto enormi disuguaglianze, invece che una risposta da sinistra ne è arrivata una da destra: il populismo». Prosegue su cosa si potrebbe fare: “« … una grande costituente delle idee. Trent' anni fa dovemmo fare i conti con il crollo del comunismo, la nuova svolta deve fare i conti con la crisi delle sinistre. Contro l' onda di destra occorre mobilitare tutta la democrazia militante. Ma per fare questo tutti devono cambiare. Non gli statuti, che non interessano a nessuno, ma l' anima». Infine, a proposito del progetto ideale «Una nuova cultura politica. Oltre alla questione ambientale parlavamo già dell' esigenza di democratizzare la globalizzazione, di una nuova governance del mondo, della centralità dell' integrazione europea in rapporto con il socialismo democratico”. Ecco un altro tema che ci riporta in ambiente Servizio Pubblico. Esattamente il problema di un “progetto ideale” una visione appunto di cosa è e cosa dovrebbe essere. Ma c’è un altro aspetto che ci sembra interessante sottolineare: è la constatazione di avere sbagliato qualcosa che necessita di una sana e crediamo sincera autocritica. Esattamente quella che, tuttora, manca a tanti esponenti del PD e altri amici più o meno vicini. Mai sentito da alcuni di loro (i vari Gentiloni etc etc etc insieme ai tanti che hanno avuto importanti incarichi di responsabilità in Rai) una sana e sincera parola di valutazione critica su ciò che è stato fatto e, più ancora, di ciò che NON è stato fatto per creare, sostenere, diffondere, una cultura del Servizio Pubblico libera dai gioghi e dalla catene dei partiti.

Stiamo entrando nella fase delle nomine? Proviamo a fare un gioco: così come esattamente avvenuto per individuare il direttore del più importante Museo nazionale, gli Uffizi di Firenze, perché non proporre un bando di partecipazione europeo, aperto a tutti, nazionali e internazionali? Interni ed esterni alla Rai. Vinca il migliore, il più capace, il più competente e dannazione ad ognuno che si presenta in odore di vicinanza, familiarità, simpatia o assegnazione “in quota” di qualsivoglia partito. Per quale dannato motivo per dirigere un Ateneo o assumere un incarico universitario occorrono attestazioni, pubblicazioni, esperienze documentatissime mentre per dirigere una supermegadirezione intrattenimento Rai che impatta sulla cultura di milioni di sarebbe sufficiente il “gradimento” di questo o di quel partito? Provate a pensare: il prossimo direttore di Rai Uno … per dire … potrebbe essere il direttore programmi della televisione pubblica australiana che, con i titoli giusti possa accettare di venire a Roma e guadagnare i 240 mila euro l’anno previsti dal tetto di legge. Oppure un dirigente di Netflix (magari!!!) Fantascienza? Neanche tanto: se è avvenuto per gli Uffici perché non potrebbe avvenire per RaiUno, Due, Tre, Quattro etc etc … si fa per dire ...

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