Chi vuole capire capisce sa bene a chi ci riferiamo. Questa premessa
è utile a introdurre quanto ieri vi abbiamo anticipato: la partita del nuovo
Cda RAI è chiusa nel peggiore dei modi tra farsa e tragedia e una manciata di
polvere rasposa negli occhi.
Telemeloni si rafforza grazie al prezioso aiutino fornito
da 5S e AVS. Punto, a capo.
Bene, ora che si depositerà la polvere su questa vicenda,
cerchiamo di capire cosa emerge in concreto, ovvero le vere poste in gioco che sono
sul tavolo.
Posta n. 1: il canone. Pochi si stanno occupando di
cosa contiene il Piano Strutturale di Bilancio che il Governo si appresta a varare e ancora meno si preoccupano di cosa conterrà la prossima Legge Finanziaria sul tema canone.
Ieri solo il Giornale di Sicilia ha riportato una riga velenosa: “… la Lega,
oltre all'allargamento della flat tax, aggiunge anche la riduzione del canone
Rai”. Il tema è esattamente questo: verrà confermata la riduzione di 20 euro
come avvenuto lo scorso anno o si manterrà l’importo precedente con la
compensazione di 430 mln? La riduzione progressiva del 20% anno del canone fino
alla completa eliminazione è una bandiera della Lega e sarà difficile che
possano retrocedere. Al tempo stesso trovare nuovamente il contributo per il prossimo
anno non sarà facile. Come uscirne? Proposta maliziosa. Aumentiamo dell'1% il tetto
della raccolta pubblicitaria! Apriti cielo: Mediaset si “scoccia”! Morale della
favola: ad oggi nessuno è in grado di sapere se la RAI per il prossimo anno potrà
contare di quegli importi o meno. Per la nuova gestione di Viale Mazzini una bella
gatta da pelare ovvero un bel ricatto cui sottostare. Su questo argomento silenzio totale.
Posta n. 2: RAI Way. Puntualmente, riemerge con forza
e prepotenza (con grande gioia degli azionisti) il dossier delle torri. Ieri è tornato
il Corriere: “Torri, l'alleanza trasversale fondi, Rai (e Mediaset?) Verso
la firma di un memorandum tra F2i e l'azienda pubblica”. Nel testo si coglie
un passaggio molto interessante: “l’assetto finanziario dipenderà però da più
fattori. Gli azionisti di Ei Towers, F2i (60%) e Mfe (40%), per esempio,
stanno negoziando i canoni di affitto delle torri di trasmissione per le reti
Mediaset”. Già anche loro pagano un canone per l’uso delle torri
esattamente come fa RAI con RAI Way al modico prezzo di oltre 200 mln l’anno. Tempo
addietro, venne fatta una stima di quanto costerebbe lo stesso servizio se
cercato sul mercato. Venne fuori che l’importo era di circa 130 mln. Una spessa
coltre di cemento e silenzio è calata su questa vicenda e nessuno a Viale
Mazzini ci ha mai voluto mettere le mani. Oggi il tema però torna a bomba: il
Piano industriale (vedi posta n.3) richiede soldi e la vendita di una parte delle
torri potrebbe risultare utile. Nessuno ne parla però questo rema rientra nella
successiva Posta n.4.
Posta n. 3: il Piano Industriale. Si tratta di una
dichiarazione di buone intenzioni, una macchina senza benzina che non sa dove
dirigersi. Magari un pieno di benzina riesce pure a farlo ma è la direzione che
rimane avvolta nella nebbia. La Digital Media Company? Fantascienza. Come tutti
i documenti di questo genere si fanno perché è doveroso ma poi metterli a terra
è tutt’altra cosa. Occorrono anzitutto risorse (che non ci sono) e prospettive
(che non ci sono).
Posta n. 4: la privatizzazione. Da un paio di mesi,
esattamente dallo scorso 6 di agosto, questo tema torna ad interessare la Rai o
parte di essa. Giorgetti allora è stato chiaro: “Parliamone”. È bene sempre
ricordare che questo tema non cade dal pero: gli italiani con il referendum
del 1995 con il 61% dei votanti dissero chiaro e tondo che la RAI andava privatizzata
e a sostenere quel referendum c’era anche il PDS. Recentemente l’argomento
è stato ripreso da questo Governo: lo scorso luglio il Foglio ha titolato “Meloni
vuole privatizzare un po' di Rai Meno politica in Rai, più Rai sul mercato.
Dopo Ferrovie, Poste, Mps e Rai Way, la premier studia una mossa a sorpresa per
salvare la Rai dai suoi debiti e ribaltare la narrazione su TeleMeloni. Notizia
e dita incrociate”. Ieri è tornato sul tema Milano Finanza che ricorda la
Legge Gasparri e scrive sulla privatizzazione: “Nessuno la voleva, per una
ragione molto semplice. Perché il giudizio del mercato sarebbe stato in ogni
caso un freno al modo indecente con cui la Rai è sempre stata gestita dai
partiti, assolutamente contrari a cambiare l'andazzo rinunciando alla lottizzazione”. Corsi e ricorsi storici. Sarà un tema del quale sentiremo parlare
presto.
Posta n. 5: gli ascolti e gli assetti editoriali. Gli
ascolti del Servizio Pubblico sono in sofferenza: lo scorso anno è andato sotto
sul Day Time. La concorrenza incalza e non ammette sconti. La RAI non offre nulla
di nuovo o è in grado di produrre qualcosa in grado di fronteggiare la
tendenza: vive di rendita del vecchio che avanza, dei fondi di magazzino e delle
repliche di Montalbano. Villa Arzilla gode e i giovani se ne vanno da altre parti.
Per un verso non ci sono soldi, per altro verso non ci sono idee. Nei giorni scorsi
hanno dovuto inventare/replicare un’idea del 2000 (Serra Creativa) chiedendo ai
dipendenti di “creare il prossimo futuro editoriale Made in RAI”. Fenomeni.
Posta n. 6: l’informazione. Non vediamo l’ora di vedere
all’opera colui che avrà “il difficile compito di tenere accesa la lampada
della libertà di informazione”. Non gli facciamo nessun complimento e non brindiamo
per la sua nomina. Ci limitiamo a ricordare qualche posta sulla quale si dovrà cimentare:
anzitutto il Piano editoriale sull’informazione mai concretizzato: ridurre
il numero delle testate e dei giornalisti? La famigerata “newsroom” si
potrà fare o no? Ne consegue: che ne facciamo di RAI News24 con oltre 200
giornalisti e ascolti da prefisso telefonico? E il tanto discusso “giornalismo
d’inchiesta” con la Maggioni e la sua personale “newsroom”??? Magari, se mai ci
fosse occasione, sarebbe pure il caso di mettere discussione Vespa e i suoi
spazi, o no?
Posta n.7: la fiction. È considerata una delle galline
dalle uova d’oro per la RAI. Quando abbiamo riportato la notizia pubblicata nei giorni scorsi da La Stampa sulla
presunta appartenenza di Maria Pia Ammirati, direttrice Fiction RAI, all’area Lega,
oltre la grande sorpresa e speranza che sia infondata, ci è stato fatto notare: “Caro Bloggorai,
ma tu la fiction che va in onda sulle reti RAI la vedi?” No, non la vediamo e abbiamo
pure tralasciato di leggere alcune notizie come, ad esempio: “Fiume,
Marconi, la caduta del Duce e il Kgb: ecco le fiction Rai care alla destra” pubblicata
dal Foglio lo scorso maggio 2023. Poi il Manifesto di dicembre scorso con “Rai,
la destra lancia il suo «storytelling»” insieme a Repubblica che ha titolato
“Fiction su Mussolini e Foibe e programmi su D’Annunzio e Marinetti. La Rai
corre ai ripari dopo il flop degli ascolti: ecco il nuovo palinsesto di gennaio”.
Sembra che questa posta si chiama “storytelling”. Ovvero, proprio ciò che la Meloni
intendeva e intende cambiare. Chissà se questo nuovo Cda gli darà una mano come
già avvenuto nel recentissimo passato?
bloggorai@gmail.com
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