Mettetevi comodi: oggi il piatto è molto ricco.
Riflessione n.1: il “campo largo” e la RAI. Dobbiamo ammettere di non riuscire a comprendere: o si tratta di geni incompresi o di sprovveduti allo sbaraglio. Forse entrambi oltre la nostra capacità di interpretare la fine strategia che viene sottesa. Ieri pomeriggio i capigruppo dell’opposizione in Vigilanza hanno ribadito il concetto “prima la riforma e poi le nomine” già dichiarato lo scorso 6 agosto. Perché ribadirlo? Evidentemente, dopo la sortita di Conte con “presentateci un nome autorevole e ne parliamo” era necessario puntualizzare il concetto. Qualcosa ci sfugge e qualcosa non torna.
Ne abbiamo già parlato e anche Bloggorai ribadisce le sue riflessioni:
A: diteci anzitutto di quale riforma stiamo parlando, quali contenuti, quale progetto, quale visione del Servizio Pubblico e magari e poi ne discutiamo. Silenzio. Nessuno sa nulla e bene che vada o si rimanda a proposte degli anni passati (ce ne sono 6) oppure ci si sente dire: ci rimboccheremo le maniche ovvero faremo, vedremo etc etc. Fateci sapere qualcosa e magari ci convincete. Già che si siamo: magari si organizza uno "stato generale" ???
B: con chi si dovrebbe fare questa riforma? Evidente che qualcuno pensa si possa fare con l’attuale maggioranza? La Meloni e i suoi alleati, timorosi e minacciati da tanta potenza di fuoco espressa dall’opposizione, dovrebbero dire: "okkkkeeeyyyy, facciamo ‘sta riforma tutti insieme appassionaatamente”??? come già soavemente anticipato da Gasparri. Parola di ex Boy Scout: facciamo fatica capire e credere. Però, vai a sapere, le vie della politica sono lastricate di buone intenzioni
C: ammesso e non concesso che la Meloni dica “la riforma si può fare”, ragionevolmente quanto tempo potrebbe essere necessario per farla diventare legge? 3 o 6 mesi, un anno … di meno o di più? Ovvero: la Rai rimane in bollitura non solo e non tanto con un Cda in una anomala proroga (le precedenti occasioni erano del tutto diverse!) ridotto a 6 e con un componente che in caso di parità vale tre voti ma a fronte di emergenze drammatiche immediate che nessuno sa come affrontare (il canone in primo luogo).
Bene, conclusione: o è Bloggorai che ottusamente non capisce o è l’opposizione che ottusamente si è arroccata un una posizione insostenibile.
Come se ne esce? Semplicissimo: si applicano le regole in vigore, si dimette il Cda e si eleggono i nuovi componenti applicando subito i criteri espressi dall’MFA. La RAI affronta i suoi problemi e, nel frattempo, si lavora ad un progetto di riforma.
Riflessione n. 2: la faccenda Sangiuliano e la televisione. Sono accaduti due fatti rilevanti che ci interessa proporre: il primo si riferisce all’intervista dell’ex ministro al Tg1 e il secondo alla mancata intervista alla Boccia ieri sera su Rete4. A nostro avviso sono due facce della stessa medaglia: Palazzo Chigi ha ordinato e qualcuno ha obbedito. Ieri sul Corriere Aldo Grasso a proposito del Tg1 ha scritto “… uno dei momenti più ingloriosi del Servizio Pubblico” dove “il direttore … pareva aggressivo quasi avesse assunto una postura aggressiva, da “Belve” uno che non risparmia le domande scomode”. Già, il “modello Fagnani” ha fatto scuola. Ma il tema è l’ordine impartito: questa intervista si deve fare e puntualmente si è fatta. Come pure ieri sera, dopo che era nota la “forte irritazione” della Meloni contro Mediaset, Berlusconi etc..per fatal combinazione l’intervista alla Boccia non è andata in onda su Rete4. Colpa della Boccia? Noi siamo complottisti nati, per natura e cultura, e fatichiamo a credere che sia stato solo un problema di domande non concordate con la redazione. Fatto sta che su questo fronte, in particolare sul Tg1, l’attenzione sia stata alquanto scarsa.
Riflessione n. 3: i facili entusiasmi per Draghi. Come spesso succede, a sinistra in particolare, quando non si sa bene che pesci prendere in casa propria, si va a pescare nei laghetti altrui. Era già successo con il Governo di larghissime intese post pandemia e risuccede ora con il documento proposto da Draghi nei giorni scorsi: tutti impegnati a leggere il corposo progetto e già pronti a applaudirlo. Ritorna periodicamente un insolito e struggente desiderio di liberismo, di mercatismo, di banchismo e atlantismo a basso costo. Succede che Mario Draghi scrive una nuova agenda e una certa sinistra, in mancanza di una sua propria, la adotta e ne gioisce. Non ci intendiamo di macro economia, non leggeremo e non ci addentreremo nei meandri di tanta scienza. Ci limitiamo solo a ricordare qualche spunto per quanto ha fatto o non ha fatto Draghi per la Rai durante il suo Governo. Ci basta e ci avanza.
Al momento del suo insediamento a Palazzo Chigi, correva il 13 febbraio 2021, il Paese era ancora in preda agli spasmi drammatici della pandemia. I partiti sono allo sbando e non riescono a trovare un equilibrio istituzionale tale da formare un governo guidato da un parlamentare e sono costretti ad affidarsi all’uomo solo della Provvidenza. Gli si affidano pieni poteri e forma un Governo con dentro tutti, dalla lega al PD: da Franceschini alla Cultura a Giorgetti allo Sviluppo Economico. Due posti chiave per il futuro della RAI. Draghi comincerà a tirare i remi in barca quando si vede sfuggire il sogno del Quirinale. Il Cda di Viale Mazzini è in scadenza e la nuova nomina sarà per lui una bella gatta da pelare alquanto fastidiosa. Il 9 luglio 2021 Palazzo Chigi propone Carlo Fuortes e Marinella Soldi come AD e Presidente e pochi giorni dopo il Parlamento elegge i quattro nuovi consiglieri. Passano solo pochi giorni dal suo insediamento e Fuortes si imbarca in una improbabile avventura: il nuovo Piano Industriale. Sappiamo come è andata a finire. Entrambi non concluderanno il loro mandato (la Soldi si è dimessa ad agosto scorso, seppure in proroga). Ecco la prima colpa capitale e insanabile di Draghi sulla RAI: aver affidato le redini dell’Azienda a persone che apriranno la strada a quanto successo dopo: arriveranno Sergio e Rossi. Tutta la storia Fuortes merita un libro a parte. Si scriverà poco dopo “Storia di una disfatta. Viaggio al termine della Rai, un fallimento di Draghi” di Salvatore Merlo al 30 maggio 2022.
Draghi a Palazzo Chigi e Giorgetti (sempre lui) allo Sviluppo economico pongono le basi concettuali e operative di qualcosa da privatizzare del Servizio Pubblico e si comincia da RAI Way: il 1° marzo 2022 si legge “Rai Way, i fondi azionisti scrivono al governo. Favorevoli a un'alleanza con EI Towers: "Autorizzate il consolidamento delle torri". Passano solo pochi giorni e Draghi obbedisce. L’8 marzo si legge “Rai Way, il dado è tratto: Draghi firma il decreto che svincola il controllo”. Amen. Da allora in poi il tema “privatizzazione” non solo di Rai Way tornerà ricorrente e Meloni e il suo ministro Giorgetti (sempre lui) ne sanno qualcosa.
Per la cronaca: Bloggorai è ormai un libro di storia Rai degli ultimi sei anni. In oltre 2400 post pubblicati si può rileggere tutto, compreso ovviamente quanto successo Viale Mazzini durante il Governo Draghi. Leggere per credere: è tutto documentato.
Chiudiamo: il voto previsto per domani al Senato sembra saltato e, forse, rinviato al 26 settembre. Vedremo. La partita è in pieno svolgimento.
bloggorai@gmail.com
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