Cominciamo dalle bufale così sgombriamo il campo e non perdiamo tempo.
Prima bufala: si sente ripetere spesso e volentieri che “… il rischio che tra meno di un anno il nuovo Cda della Rai venga dichiarato "fuori legge" e sia destinato a decadere” (Valentini oggi sul Fatto). Purtroppo, non è vero! Lo abbiamo già scritto e lo ribadiamo con forza: la legge in vigore e il prossimo MFA non lo prevedono in alcun modo (Art.29). E’ incomprensibile l’ostinazione a voler proporre questa ipotesi che non ha alcun fondamento. O forse è molto comprensibile.
Seconda bufala, la riforma: leggiamo sul Fatto, “… dubitare della tempestività con cui verrà approvata, se verrà mai approvata, una nuova governance in grado di affrancare il servizio pubblico dalla sua cronica subalternità alla politica”. Per ora, per quanto noto, si parla solo di riforma della governance di Viale Mazzini. Non è un dettaglio ma manca tutto il resto: è come progettare un volante di una vettura di cui non si conosce quale sia il suo apparato propulsivo (le risorse) e che non ha inserito un navigatore (la missione). M5S e AVS sostengono di aver ottenuto questo grande risultato: l’incardinazione del dibattito parlamentare! Risibile (usiamo un eufemismo) per mille buoni motivi: chi si “intesta” questa iniziativa? Il 5S come stanno vantando con gli Stati Generali? Oppure il PD che ne rivendica la paternità? Poi, il calendario: qualcuno si illude che questo sarà a disposizione delle opposizioni? Il calendario lo determina la maggioranza, fino a prova contraria. Infine, quanto tempo sarà necessario per portarla a termine?
Terza bufala: ha sostenuto la Floridia “Quelle nel cda che abbiamo votato non sono "poltrone" ma presidi di controllo dove era ed è fondamentale la presenza delle opposizioni, specie se si ha a cuore la tutela del pluralismo e del rispetto delle diverse sensibilità”. Bufala clamorosa più delle altre. I consiglieri di opposizione in Cda contano meno del due di coppe quando regna denari, situazione resa ancora più forte con la Legge 220. L’esperienza del recente e lontano passato lo hanno detto chiaro e tondo. Presidi di controllo? Quando andava bene, al compianto Riccardo Laganà che chiedeva verifiche e controlli la risposta è sempre stata “faremo sapere”. Quando andava male, semplicemente, veniva battuto dai numeri della maggioranza. Tutela del pluralismo? Quello della diversità di genere ad esempio? Lo stesso principio che hanno violato palesemente in questa occasione?
Una volta per tutte e non ripeteremo più: M5S e AVS eleggendo i loro “nomi” Alessandro di Majo e Roberto Natale hanno commesso 3 errori imperdonabili, ingiustificabili e incomprensibili.
In primo luogo hanno consentito di formare questo Cda con la foglia di fico della loro presenza: il Governo ha molto apprezzato. In secondo luogo Alessandro di Majo e Roberto Natale, oggi, rappresentano il punto di non ritorno, l’immagine plastica, sul ruolo dei partiti in RAI: nomi decisi sottobanco, senza alcun confronto pubblico, trasparente, e verifica/confronto sui loro requisiti. In terzo luogo, M5S e AVS hanno rotto quel poco, forse proprio poco, di buono che ci poteva essere nel cercare di costruire una alternativa alla destra. In particolare Roberto Natale, sul quale nessuno mette in dubbio dignità della propria storia e onorabilità, è la persona sul quale si concentra tutta la delusione e lo sconcerto per questa sua nomina. Dopo tante battaglie condotte insieme, non ce lo aspettavamo ma lo sospettavamo. Abbiamo scritto che temevamo più il silenzio degli amici che il fragore dei nemici. Ecco, oggi abbiamo capito tutto.
Bene, andiamo avanti. Oggi si riapre un tema rimasto sottotraccia ma cionondimeno strategico sul futuro della RAI: ne parla lungamente Sergio Rizzo su Milano Finanza con il titolo “Gattopardo RAI. Il servizio pubblico è da sempre al centro degli appetiti, dei partiti che da anni ne annunciano la privatizzazione. Che peraltro è prevista dal 2004. Ma nessuno se lo ricorda e si cambiano solo tg e cda”. Si legge, ricordando agosto scorso e una dichiarazione di Giorgetti a proposito di privatizzazione RAI “… Quando abbiamo definito interesse pubblico e servizio pubblico poi possiamo valutare”. E ancora si ricorda la Legge numero 82 della Gazzetta ufficiale 104 del 5 maggio 2004 e la dichiarazione di Gasparri del 2008 “Se vinceremo le elezioni riproporrò quella norma mai attuata che prevede le privatizzazione della Rai”. I personaggi sono tutti sulla scena e ci sono tutte le stesse buone intenzioni pure. Sarà questa la riforma che il Governo Meloni ha in mente? La Grande Battaglia sarà non tanto sulla riforma ma sul rinnovo della Concessione del 2027 ed è appena cominciata.
Chiudiamo rileggendo una nota di Dagospia: la frattura interna al PD sulla scelta compiuta il 26. Sapevamo che era in corso uno scontro di posizioni ma non conoscevamo i contendenti e il contenuto. Quando abbiamo riportato la frase di Boccia “Vedremo” alla vigilia della riunione dei gruppi parlamentari, non potevamo immaginare quanto riportato dal sito: c’era una specie di accordo per portare Minoli come presidente di garanzia. La Schlein non si è fidata e ha fatto saltare il tavolo. Amen.
Infine, leggiamo oggi una notizia che, se mai fosse vera, ci ha alquanto sorpresi: scrive Michela Tamburino su La Stampa che “La Lega ha un'altra carta da giocarsi ma la tiene coperta: la potente direttrice di Rai Fiction Maria Pia Ammirati, nominata dall'ex ad Salini in quota Pd, che oggi però risponde a Salvini”. Ci piacerebbe credere che sia una bufala.
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