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martedì 30 novembre 2021
Post n.1
La Rai e l'ONU, la Croce Rossa, i Boy Scout
Qualche volta succede che queste fonti si inaridiscono e il motivo principale è semplice: manca l’acqua, non ci sono fatti o notizie degne di attenzione. Grosso modo, quando questo avviene, corre un filino di preoccupazione. Purtroppo, però, sappiamo che sotto traccia invece l’acqua scorre impetuosa ed è forse utile per alcuni che non si sappia in giro. Non si sa mai.
Tutte queste fonti richiedono comunque un grande lavoro di verifica e confronto. Spesso succede che si dibatte e si cerca di contestualizzare, collocare i fatti e le notizie in un ambito più vasto che ne consenta la lettura più agevole. Questo “lavoro” è una grande fatica resa ancora più ardua quando ci si trova di fronte ad omertà, silenzio imbarazzato, depistaggi o, peggio ancora, ignoranza (nel senso che si ignorano cose che invece si dovrebbero conoscere) palese o occulta. A quanto sembra, a Viale Mazzini, questo atteggiamento si è rafforzato.
Tutto questo per dire semplicemente che della più grande innovazione culturale e aziendale in corso, l’applicazione del “nuovo” (si fa per dire) modello organizzativo non si riesce a sapere nulla di più di quanto ha esposto Fuortes nella recente audizione in Vigilanza. Punto. Noi siamo fortunati perché abbiamo tra le mani il Piano Industriale 2018-21 dove questo modello era tracciato ma ora si vorrebbe sostenere che si tratta di cosa nuova che, appunto, nessuno è in grado di conoscere e approfondire. Questa potrebbe essere la nuova dottrina Rai sulla comunicazione: “…"sopire, troncare, padre molto reverendo, troncare, sopire".
Chissà perché ma questa vaga e sommaria riflessione riporta tanto al pensiero del senatore Monti che è utile ricordare: «È una guerra, ma non abbiamo minimamente usato una politica di comunicazione adatta alla guerra. Io credo che bisognerà, andando avanti questa pandemia e per futuri disastri globali della salute, trovare un sistema che concili la libertà di espressione ma che dosi dall'alto l'informazione» …«Comunicazione di guerra significa che c'è un dosaggio dell'informazione. Nel caso di guerre tradizionali è odioso perché vuole influenzare la coscienza e la consapevolezza della gente, ma nel caso di una pandemia quando la guerra non è contro un altro Stato ma è contro un virus, bisogna trovare delle modalità...posso dire...meno democratiche?»… «In una situazione di guerra, quando l'interesse di ciascuno coincide con quello di tutti, si accettano delle limitazioni alla libertà. Noi ci siamo abitati a considerare la possibilità incondizionata di dire qualsiasi opinione come un diritto inalienabile ma...». Stupisce solo osservare che di fronte ad affermazioni del genere qualcuno, a sinistra, non abbia invocato il ricorso ai caschi Blu dell’ONU, alla Croce Rossa, alla Protezione civile, ai Boy Scouts.
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lunedì 29 novembre 2021
Emergenza anche per la Rai?
Allora ci siamo chiesti: c’è una “emergenza comunicazione” che interessa tutto il Paese? C’è una “emergenza comunicazione” che, di riflesso, interessa tutta la Rai e non solo qualche pezzo di essa? Si tratta di due emergenze connesse tra loro? E se ci fosse una relazione, seppure sibillina e sottaciuta, tra un “consulente” per la comunicazione Rai e il pensiero strisciante, forse prevalente, sull’eccesso di democrazia (o forse solo di informazione)??? Sarebbe utile sapere qualcosa di più.
Comunque, riteniamo che c’è una relazione e comunque riteniamo che l’argomento merita grande attenzione.
Come spesso avviene, tra i lettori di questo Blog c’è scambio di pensieri, un confronto di idee molto utile e proficuo. Alcuni hanno posto il problema: in un certo senso ha ragione Monti, solo che lo ha detto male. Come si può comprendere il numero illimitato di ore e di pagine su questo argomento, il Covid, dove spesso e volentieri si fatica a districarsi tra almeno quattro tipi di vaccino, durata, opinioni di esperti spesso l’un contro l’altro armati nonché diverse organizzazioni tra nazionali e internazionali non sempre in sintonia tra loro? Questo tema lo abbiamo posto anche su questo in epoca non sospetta, all’inizio della pandemia, quando si iniziò a parlare della “infodemia” cioè l’eccesso, l’uso o l’abuso di informazione sul Covid e abbiamo sollevato il tema del “paurismo” come strumento di azione politica sempre utile, come la storia, purtroppo, ci ha spesso insegnato. Lo abbiamo poi sollevato per una specifica angolazione: la Rai e l’informazione del Servizio Pubblico e abbiamo posto domande: la quantità/qualità di informazione fornita dal Servizio Pubblico è adeguata, corretta, equilibrata? La cifra, il rapporto tra quantità e qualità di informazioni fornite ai cittadini è determinante per formare il “consenso” sociale e, di conseguenza, quello politico e come viene determinata questa relazione? Come avviene il processo di formazione decisionale su quanto tempo dedicare all’edizione delle 20 del Tg1 su questo tema? Se, come immagina il Senatore Monti, si volesse “mettere un freno” cosa mai potrebbe succedere: qualcuno alza il telefono e chiama la Maggioni e gli dice quanto spazio dedicare al virologo di turno in grado di dirci se Omicron è pericoloso o no e se si quanto lo è?
Se non che, proprio oggi, abbiamo sotto gli occhi l’articolo di Massimo Franco sul Corriere con il titolo “La pandemia spinge le manovre per condizionare il voto sul Colle”. Ne avevamo qualche sospetto e Franco ci chiarisce alcuni punti: la variante Omicron può essere usata come una clava ovvero “ …come alibi per riproporre un ingessatura istituzionale,e schermare così l’impotenza dei partiti…” e aggiunge “…la manovra rivela l’esistenza di una sorta di partito del patatrac: una filiera che scommette sula recrudescenza dei contagi o su una crisi delle Borse”. Il ragionamento è suggestivo e, del resto, suffragato da quanto è facile osservare: il Governo è alla finestra, in balia delle indecisioni, incertezze e divisioni dei partiti e la sola cosa che potrebbe sciogliere e chiarire tutto sarebbe sapere se Draghi sarebbe votato alla prima chiama o no.
Già. Facciamo un passo indietro e riportiamo sempre all’ambito che ci interessa. Abbiamo scritto: cosa rendeva tanto urgente e necessario il cambio dei direttori di Tg e GR? In verità nulla … anzi. Non c’era e non c’è nessun obbligo: si poteva rinviare benissimo e andare in proroga dei direttori attuali, nessuna norma lo impone. Si poteva, inoltre, affrontare se non tutto ma almeno in parte il grande tema della riorganizzazione di tutta l’offerta informativa Rai, televisiva, radiofonica e Web e presentarsi di fronte alla politica, ai cittadini, con una mossa di chiarimento , di efficienza e razionalizzazione facile e comprensibile. Forse diffile da attuare perché andava a tocca privilegi consolidati, ma certo necessaria. Invece no, si è preferito la “scorciatoia dell’emergenza” senza giustificare e far comprendere perché e in quale quadro questo è avviene. Esattamente come per l’emergenza “consulente” di Fuortes: cose ne rende tanto urgente la sua nomina? In quale ambito si dovrebbe svolgere questa consulenza che già non sia occupata dai vari direttori, da lui stesso nominati, che dovrebbero svolgere esattamente lo stesso compito? Chi dovrebbe verificare la sussistenza dei requisiti che hanno reso possibile questa nomina? Il Cda? Il magistrato della Corte dei Conti ? Evidente che non si tratta solo di beghe amministrative sulla liceità o meno dell’atto. Il problema non sarà tanto di vigilare su quanto potrà essere fatto (che nessuno mai a mondo potrà sapere) quanto più sulla sua stessa natura di “provvedimento emergenziale” che comincia a lambire pure il Servizio Pubblico.
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La Rai del silenzio o delle mezze verità
Oggi è una giornata particolare. C’è tanto di quel niente che questo stesso nulla diventa tutto. Tanto silenzio, tante omissioni, tante zone d’ombra, tanta pigrizia, tanta reticenza a dire o esprimere pensieri compiuti, idee, progetti e non andiamo oltre. Chiedere una visione, una vista panoramica, o semplicemente “chiedere” la qualsiasi è come voler andare in bicicletta senza pedali. Ci si accontenta o ci si rifugia nel giorno per giorno quando va bene e nell’ora per ora quando va male. L’importante è sopravvivere. Sopravvivere a tutto e figuriamoci per la Rai.
A leggere i giornali di oggi non ci sarebbe, appunto, nulla che possa interessare la Rai o il Servizio Pubblico. Eppure è noto che c’è qualcosa ed è tanta pure ed è talmente tanta e di tanta importanza che si fatica a comprendere tutto questo silenzio. Come noto, il solo tema dominante di questi giorni è la proposta fatta da Fuortes in Vigilanza sul taglio dell’edizione notturna della TgR. Prima di addentrarci nel merito, ci interessa un aspetto formale. Perché tanta sensibilità, interne ed esterna alla Rai, su un tema di relativa e modesta rilevanza come questo quando invece su tutto il resto degli enormi problemi che riguardano l’informazione Rai non si batte ciglio?
Ovviamente, ci riferiamo a tutto il perimetro dei problemi del Servizio Pubblico: le risorse, la riforma della governance, le tecnologie che si andrà a tradurre nel prossimo Contratto di Servizio che non è un incidente occasionale ma un appuntamento inderogabile.
Nessuno, dicasi nessuno, ha voglia forza e coraggio di affrontare di petto tutto il perimetro dei Tg e Gr, nonché di Rai News, con i suoi 1800 giornalisti e le sue 8 testate (caso unico in Europa)? Non chiediamo tanto di affrontare il problema del Piano editoriale .. troppa grazia, se lo dimenticano tutti ma una battuta, un pensiero superiore a quello di un criceto in letargo si può anche sollevare. Perché tutti, dicasi, tutti, fanno finta di dimenticare che si tratta di un obbligo specifico, non di una libera interpretazione, del Contratto di Servizio (art. 25)? Inoltre, come noto, informazione, comunicazione e “genere intrattenimento” sono tutti argomenti correlati tra loro eppure tutto tace su come potranno interagire nella visione del “nuovo “modello organizzativo. Perché, ad esempio, l’Usigrai non ha sollevato una palpebra non tanto solo sulla nomina di Maurizio Caprara come consulente dell’AD sulla comunicazione come pure su quella di Mario Orfeo che avrà sopra di lui un altro direttore prima dell’AD? Lo stesso vale per i consiglieri di amministrazione che in genere non perdono un Tweet ma su questi argomenti tacciono? Idem per il “nuovo” consulente per la comunicazione, Marcello Giannotti, contrattualizzato dalla Direzione Comunicazione per un incarico non meglio specificato.
Tutti tacciono su tutto. In assoluto su cosa si tace? In sintesi: male che vada Fuortes è stato “commissariato” non si sa bene se dal Governo, dai partiti, dalla Croce Rossa, dalla Banca Mondiale o da qualche occulto e misterioso “potere forte” intergalattico multinazionale. Bene che vada invece Fuortes ha sfiduciato buona parte della dirigenza Rai (inclusi alcuni tra i suoi più stretti riporti) ai quali, più o meno, ha detto: certe cose voi non le potete/sapete fare, avete bisogno di un “aiutino”.
Bene, torniamo al tema taglio della TgR edizione notturna. I luoghi comuni che si leggono sono: 1. Altolà, la TgR è un presidio di democrazia sul territorio; 2. I tagli da fare sono ben altri. Cerchiamo di capire di cosa si tratta. Premesso quanto scritto sopra (necessario un riordino di tutta l’informazione Rai e non solo di un piccolo pezzo) il buon Fuortes non ha toccato la TgR e i suoi 700 giornalisti bensì solo quei pochi minuti della testata in onda a cavallo della mezzanotte su RaiTre. Leggiamo esattamente i dati con informazioni tratte da una nota elaborata dallo Studio Frasi di Francesco Siliato: “I TGRegionali Notte trasmessi da Rai Tre vanno in onda tra le 24:06:59 e le 24:11:15 e durano in media 04:15 (quattro minuti e quindici secondi). Elaborazioni Studio Frasi su dati Auditel™, periodo 27 settembre – 27novembre 2021 e 28 settembre – 28 novembre 2020. Nei 63 giorni del 2021 i TGR notte hanno prodotto un ascolto medio di 553.218 per uno share del 5,37 per cento. Nello stesso periodo del 2020 l’ascolto è stato di 622.357 e lo share del 5,48 per cento. In questi stessi giorni e minuti l’ascolto complessivo di televisione da televisore è sceso di -1.422.205 spettatori”. I numeri sono impietosi ma non si vive di solo share (come sostenuto con un ardimentoso ragionamento proposto dallo stesso Fuortes in Vigilanza) quanto pure di contenuti. Cosa manda in onda questa edizione notturna della TgR? Rimpannucciata e ristretta, la sola, semplice ribattuta delle notizie andate in onda nell’edizione delle 19.30. E allora, di cosa parliamo? Perché tanto rumore per quasi nulla? Ci sono tante risposte e ognuno si accomoda la sua. Per parte nostra ci sentiamo di sostenere che A) l’informazione locale è talmente necessaria che, semmai, andrebbe potenziata e non ridotta e pure la fascia notturna potrebbe avere una sua più degna connotazione e collocazione. B) taglio dei costi: piuttosto che niente , meglio “piuttosto”. Non è il Piano editoriale per l’informazione ma magari un timido tentativo di “saggiare il campo” per vedere “di nascosto l’effetto che fa”. No, chi tocca i fili prende la scossa. Meglio lasciare tutto com’è, non si sa mai.
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domenica 28 novembre 2021
Pane e olio e la democrazia, la Rai e la rete
Si spiluccano notiziole, qua e la, e due ci balzano all’attenzione. La prima si riferisce a quanto detto da Mario Monti durante la sua partecipazione a “in Onda” su La7; “…bisogna trovare delle modalità meno democratiche nella somministrazione dell’informazione…”. Mi viene uno stranguglione: sembra che il mondo gira alla rovescia, invece di aumentare e diffondere i livelli di attenzione e partecipazione democratica, c’è qualcuno che invoca la restrizione. Vedi https://www.la7.it/in-onda/video/covid-monti-bisogna-trovare-delle-modalita-meno-democratiche-nella-somministrazione-dellinformazione-27-11-2021-411017 . Inquietante.
La seconda si riferisce ad un tema al centro dell’attenzione nei giorni scorsi: la rete unica e TIM. Leggiamo su La Stampa il titolo, a firma del direttore Massimo Giannini: “Draghi e Colao, dateci la linea su TIM e la Rete”. Già … è proprio così: checchè se ne dica e per quanto sappiamo, su entrambi i temi siamo in alto mare. Sulle rete unica non c’è traccia di prospettiva, se non vaghi ondeggiamenti che non hanno prodotto un solo passo in avanti. Sul secondo tema siamo alla “minaccia” di golden power dove il Governo “vigila” e nulla più. Eppure parliamo di due asset strategici per la vita del Paese, per il suo futuro. Inquietante. Figuriamoci quanto ci possono essere le idee chiare sul futuro della RAI e si capisce bene perché allora il buon Fuortes è stato costretto a guadarsi indietro per andare avanti. Nessuno gli ha detto cosa deve fare, da che parte dirigersi, e quindi navigazione a vista, facendo bene attenzione a non andar incontro a qualche scoglio sommerso.
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sabato 27 novembre 2021
Bolle e balle sui verdi giardini di Viale Mazzini
A volte ritornano… ovvero non se ne sono mai andati. Non era sufficiente aver riesumato la mummia del precedente Piano industriale di Salini e allora, sempre per dare una mano a rispolverare il passato e, zacchete, ecco che ci tocca leggere che Pierluigi Colantoni, il direttore della comunicazione Rai, forte di un vicedirettore nonché capo ufficio stampa, forse in debito di ossigeno per il troppo lavoro, avrebbe avuto bisogno di richiamare in servizio Marcello Giannotti, seppure con un contrato di collaborazione a termine, già direttore della comunicazione all’epoca del precedente AD. Su questo tema, per ulteriori particolari in cronaca, leggere oggi sul Fatto Quotidiano un lungo e dettagliato articolo dal titolo: “Fuortes, un’orda di comunicatori per restare zitto”. Per quanto ci riguarda e per le stesse cose che abbiamo scritto da tempo, condividiamo pienamente. Un piccolo dissenso sul titolo: Fuortes e la Soldi non stanno zitti, a lor modo comunicano eccome.
Premessa su quanto andiamo a scrivere: la comunicazione, dal nostro punto di vista, ha pari valore rispetto all’amministrazione e le tecnologie. Potrai fare i prodotti migliori del mondo ma se li comunichi male resteranno sempre buoni prodotti che non apprezza nessuno.
Ora non ci resta che porci qualche domandina. Anzitutto sulla nomina di Caprara (che continua a passare pressoché inosservata) sulla quale abbiamo scritto alcune ipotesi di interpretazione. Più si sedimenta l’argomento e più sembra chiarirsi il retroscena dove si intravvedono due messaggi: il primo sta a dire che Fuortes non ha fiducia degli interni Rai, giacché sembra evidente che questa nomina non colpisce solo Colantoni e Marroni ma investe tutta quella parte di Azienda che dovrebbe dialogare con le istituzioni, con le grandi lobby e i direttori delle testate giornalistiche. Caprara, per quanto abbiamo avuto modo di capire, dovrebbe essere la cerniera, il front man che fa il lavoro “sporco” che l’AD in prima persona non può fare: alzare il telefono e cazziare, suggerire, proporre aggiustamenti, sollecitare un tema o un’attenzione. In questa lettura, Caprara non è un consulente strategico quanto più un operativo che dovrebbe applicare la dottrina Fuortes sulla comunicazione: “cambiare la narrazione della Rai, parlare poco e possibilmente bene”. Ovvero, il garante, il commissario di verifica e “controllo qualità”. In questa chiave, Caprara è stato “chiamato” ovvero, forse suggerito da fini menti esterne all’Azienda.
Il secondo messaggio proviene da Palazzo Chigi: il Governo non è pago di essere stato, sempre
“per i poteri conferiti dalla Legge” per carità, soggetto interessato, diretto
o indiretto, sulle recenti nomine nei Tg ma avrebbe richiesto una garanzia in
più che non si limitasse solo a questo ambito ma a tutte le mosse strategiche
di rilevanza pubblica, in particolare laddove vanno ad impattare le grandi
sfide politiche prossime venture. Altrimenti non si capirebbe perché Fuortes
avrebbe dovuto aver bisogno di un “assistente” più di quanto già non è
assistito dalla sua squadra dove il capitano è il suo capo staff Giuseppe Pasciucco.
Allora, in sintesi, rimane da capire semplicemente se Caprara è stato “…inviato per conto di Dio” (Blues Brothers dixit)
oppure è stato chiamato a salvare il salvabile. Ovvero, il garante, il
commissario di verifica e “controllo qualità”.
Vogliamo proprio vedere ora come si metterà la faccenda quando Caprara dovrà “dialogare” con Mario Orfeo, direttore del “genere” intrattenimento che già si trova un capo sopra di lui, Il Direttore della distribuzione, che avrà il compito di “sviluppare e selezionare i formati… cura i contenuti e coordina/supervisiona la produzione dei programmi di approfondimento” e non si capisce cosa dovrà fare Orfeo. Oppure, voglio proprio vedere la Maggioni che si fa suggerire da Caprara cosa e come affrontare un delicato problema istituzionale, oppure correggere qualche possibile scivolone.
Torniamo ancora per un momento a Colantoni/Giannotti. Sarebbe una piccola storia se presa solo dal punto di vista umano ma in questa Azienda di umano c’è poco. Perché il direttore della comunicazione avrebbe avuto bisogno/necessità di avere un consulente dedicato poi ad un settore particolare, come si legge, su una specifica manifestazione canora? Non era sufficiente Marroni e l’Ufficio Stampa? Vuoi vedere che è vero quanto pure abbiamo scritto tempo addietro su “malumori” tra i due personaggi e magari pure tra loro l’uno non si fida dell’altro? Da ricordare le polemiche seguite alle nomine e al comunicato del Cdr dove si leggeva di “discontinuità” con la precedente gestione. Allora, delle due l’una: o si è cambiato registro rispetto a prima oppure il registro era buono e allora questo non funziona.
C’è poco altro da aggiungere se non che la prossima settimana sono attese altre nomine. Non ci annoieremo, questo è poco ma sicuro.
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venerdì 26 novembre 2021
Viale Mazzini sull'orlo di una crisi di nervi
Allora, come al solito abbiamo cercato di capire cosa significa, perché questa scelta. Queste le ipotesi prevalenti che abbiamo raccolto tra i migliori osservatori che abbiamo disponibili:
1) Siamo stati tra i primi a riferirla: fra 60 giorni inizia la corsa al Quirinale ed è una partita dove non ti puoi presentare in campo con i giovani esordienti della Primavera che gestiscono la comunicazione istituzionale della Rai. Occorre una figura esperta, navigata e garantita e Caprara lo è certamente per i suoi trascorsi al Colle. Un errore in questo campo sarebbe imperdonabile e irreparabile. L’AD si è voluto parare il parabile.
2) Il Colle non c’entra nulla. Palazzo Chigi ha lasciato trapelare (e lo abbiamo letto più volte) un certo malumore nei confronti del vertice Rai laddove sembra non sono piaciute certe “uscite” e notizie lasciate trapelare mai smentite e confermate solo in parte in Vigilanza. Occorre che qualcuno ci metta rimedio e dunque Caprara potrebbe essere una specie “commissario” e forse non solo per la comunicazione. Ipotesi molto suggestiva.
3) Errore di scelta A: persone forse giuste ma al posto sbagliato. Superfluo ripeterlo ma necessario: la comunicazione è una leva strategica e non ci si improvvisa “direttore” passando nel giro di pochi anni da semplice creativo a responsabile di tanta materia. Chi chiama il direttore del Corriere o Repubblica? Occorre un vero "portavoce" dell'AD ... un operatore di lobby. Lo abbiamo sempre sostenuto e lo ribadiamo con forza: occorre tanta, tanta esperienza, tondini di ferro sullo stomaco, abilità di relazione e conoscenza della “jungla” sociale, politica ed economica che non si compra al mercatino dell’usato. Inoltre, non ci si improvvisa “capo ufficio stampa” passando da una testata giornalistica alla gestione di un esercito di giornalisti dei quali dovresti conoscere pure il cognome della nonna da nubile e non si “dialoga” con i colleghi evitando di rispondere alle mail alle telefonate o ai messaggi di What’s up.
Errore di scelta B: è tutto dell’AD per quanto ha deciso di essere lui il perno della comunicazione aziendale (da ricordare quando ammonì i consiglieri: parlo solo io). Il segno della “sua” idea di comunicazione avrebbe voluto essere la riservatezza, la segretezza, il cambio di terminologia da “conferenze stampa” ad “eventi” dove non si prevedono domande da parte dei giornalisti. Quell’ormai famoso ”Diamoci del Lei” è una pietra lapidaria nella storia della comunicazione aziendale.
4) la presidente Soldi ha recentemente nominato Cinzia Squadrone come sua consulente per il Contratto di servizio, subito dopo che Fuortes aveva nominato Stefano Luppi come coordinatore dello stesso argomento. L’AD per non essere da meno ha voluto anche lui dotarsi di un “consulente”. Questa ipotesi è proprio malevola e subdola.
5) Infine, questa quarta ipotesi è troppo sofisticata e fantascientifica per essere narrata compiutamente. Però, per dovere di cronaca, la riportiamo sommariamente per come ci è stata suggerita: “Eufemismo: nell’area comunicazione c’era uno zampone, diciamo un generico quanto larvato riferimento a chi è stato il mentore della nomina del genio della lampada, un certo Gubitosi, che ora non sembra proprio navigare in buone acque”. Con tutta la simpatia che nutriamo per il nostro interlocutore ma non riteniamo credibile questa ipotesi, a meno che la si voglia leggere in controluce con altri patronage andati a buon fine nei giorni scorsi (vedi post dei giorni scorsi).
Bene, ora come si interpreta questa scelta? Ci viene in mente solo la lettura peggiore: l’Azienda è sull'orlo di una crisi di nervi e fatica a tenere le fila di una situazione che sembra sfuggirgli di mano ogni giorno che passa e questo episodio lo confermerebbe. Nelle varie teorie di marketing ce n’è una che si può utilizzare: quando un prodotto va male, si prova a cambiare la confezione. Alla prospettiva drammatica dei conti si risponde con un fantomatico “modello” stracotto e ripassato in padella. Alla crisi degli ascolti si risponde con le dichiarazioni della Soldi in Vigilanza: "Questo autunno la tv tradizionale ha perso quasi 2 milioni di spettatori al giorno rispetto allo stesso periodo di due anni fa, un calo che gli esperti definiscono strutturale” .. con tutto il rispetto per i suoi “esperti” ma se fosse come ha detto lei e proiettando questo dato per i prossimi giorni, settimane o mesi, in progressione matematica saremmo ormai regressi al Pleistocene. Idem per quanto riguarda la prospettiva drammatica della mancanza di necessari investimenti tecnologici … non si sa proprio come rispondere. Punto. A capo.
A momento non si registrano reazioni ufficiali, interne o esterne a Viale Mazzini. Attendiamo fiduciosi.
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giovedì 25 novembre 2021
FLASH !!!
È sempre così: non si fa in tempo ad esprimere un pizzico di stanchezza, un velo di malumore che la realtà ci richiama al piacere, al divertimento allo stato puro al “noonnn cipooossso credereeeee…”. Fortunati lettori di questo Blog: avete la fortuna di sapere sempre (quasi) tutto con anticipo, almeno nelle sue grandi linee.
Lo abbiamo scritto in epoca non sospetta, sia nella precedente
gestione Salini/Foa sia in quella attuale Fuortes/Soldi: chi di comunicazione
ferisce, di comunicazione perisce (in senso buono ovviamente). Cosa è successo?
È successo che alle 15:39 l’Ufficio Stampa
Rai diffonde queste due righe: “L’Amministrato delegato Rai, Carlo Fuortes, ha nominato Maurizio Caprara suo assistente per le
attività di comunicazione e relazioni esterne”.
Tombola !!! come si può interpretare questa ardita e inedita mossa dopo appena pochi mesi dalla nomina di Pierluigi Colantoni come direttore della Comunicazione e di Stefano Marroni come capo ufficio stampa (nonchè vice direttore)?
Che qualcosa non andasse per il verso giusto lo avevamo notato da tempo: a partire del famoso articolo di Repubblica con “diamoci del Lei” dei primi di agosto tutto l’ambaradam della comunicazione non girava come doveva. Ricordate la conferenza stampa del Ministro Bianchi a Viale Mazzini? Da tempo poi, tra i tanti colleghi che si aggirano tra Viale Mazzini e dintorni, girava un diffuso malumore per il persistente silenzio alle mail, alle telefonate e ai messaggi che venivano inviati per avere chiarimenti e informazioni e spesso si è sentito dire “aridatece Giannotti !!!” che pure non era proprio un maestro.
Bene, forse anche Fuortes se n’è accorto ed ora cerca di metterci riparo in vista di una stagione che non si prospetta affatto facile. Anche lui si è reso conto che la COMUNICAZIONE non è una variabile indeterminata ma una leva di assoluto valore strategico per qualsiasi azienda e, in particolare, per “la più grande Azienda di comunicazione del Paese”.
Tutto questo si traduce in soldoni come una “sfiducia” ne confronti dei due citati? Possibile ma troppo poco per la levatura del “nominato” Caprara. Nel suo curriculum c’è un passaggio fondamentale: ha collaborato con l’ex Presidente della Repubblica Napolitano e a nessuno sfugge che mancano poco più di 60 giorno alle votazioni per il nuovo capo dello Stato. È verosimile supporre pertanto che l’AD abbia voluto “rinforzare” quest’area laddove poteva essere evidente che le persone da lui nominate prima non avevano l’esperienza e la conoscenza adeguata a questo nuovo fronte di impegno istituzionale che la Rai deve supportare. Detto questo, torniamo sempre al solito punto. È mai possibile che con una Struttura Rai Quirinale dove operano fior di giornalisti esperti e navigati come pure tra i 1780 in servizio non ce ne sia nessuno in grado di “supportare l’AD” nelle sue scelte strategiche di tale rilievo?
Abbiamo la vaga sensazione che ci divertiremo assai nei prossimi giorni … tra l'altro occhio a TIM...
Intanto vi proponiamo un giochino: caccia all’errore. Guardate qui e se lo trovate vincete un premio.
Rai e Politica: la polvere e la sostanza
Eccoci allora a queste ore. Ieri è andato in onda uno spettacolo suggestivo del quale vi abbiamo dato conto nei due tempi in cui si è svolto. Suggestivo quanto surreale: non è stato detto nulla di quanto si doveva e non si è parlato di quanto di poteva o viceversa. Ognuno, la politica e la Rai, hanno fatto il gioco delle parti loro assegnato. Domande arraffazzonate e risposte proporzionate. Le prime reggevano le seconde per sommaria sintesi di confusione tra Contratti di servizio vecchi e nuovi, piani industriali scaduti e da rinnovare e modelli organizzativi già votati e aggiornati. Una confusione totale dove si annaspava con soia e gioia. La politica ha fatto finta di essere diversa da quella che è e la Rai ha fatto finta di essere quella che non è. La politica è, un partito più o uno in meno, quella che ieri non ha affondato il coltello sulla piaga più purulenta: i perversi rapporti che legano l’Azienda con il Governo. Si tratta della stessa “politica” (o parte di essa) che lo stesso AD ha ammesso implicitamente di avere incontrato. La Rai anche ieri, ancora una volta, come nel passato, ha fatto finta di volere essere un’Azienda normale che non è mai stata e forse mai potrà essere. Quale altra azienda al mondo non rispetta i patti, i contratti, come invece avviene almeno in parte con il Contratto di Servizio e non viene sanzionata? E quale “politica” al mondo si dimentica di farlo rilevare? Sarebbe sufficiente solo questo per chiudere il capitolo e passare oltre. Inoltre, quale altra Azienda al mondo si rivolge al suo futuro guardano indietro al suo passato? E quale altra politica al mondo che avrebbe il compito di “vigilare” sul suo funzionamento non pigia il pulsante rosso dell’allarme quando avverte che le cose non vanno come dovrebbero andare pure per sue colpe e responsabilità? Chi ha le redini del futuro della Rai? Chi decide su quali risorse potrà contare? E chi si assume la responsabilità del suo possibile declino?
Quello andato in onda ieri e che, purtroppo, vedremo ancora è un drammatico gioco degli specchi a somma zero: non ci sarà un vincitore ma tanti perdenti. Banale retorica? Forse si ma non ci viene di meglio.
Quello che si legge pure oggi sui giornali è “peggio mi sento” … fuffa, polvere delle quale presto ci si dimenticherà: lettere anonime, circolari interne sulla partecipazione dei giornalisti a mostre, sagre e convegni, tagli non concordati con le OO.SS, incontri con i politici entro i limiti “non” previsti dalla Legge, nel senso che si fa tutto ciò che non è vietato e non si fa tutto ciò che è consentito. Un tema su tutti: il taglio dell’edizione della notte della TgrR Se è giusto meno quanto deciso dall’AD si potrebbe valutare in relazione a tanti criteri (di opportunità/necessità sociale e politica, economici, di ascolti) che invece non avviene semplicemente perché non si vuole affrontare un “obbligo” appunto di Contratto di servizio che è esattamente quel Piano editoriale che tutti sanno che ci dovrebbe pur essere ma che tutti preferiscono che non ci sia. Evidente che il problema non sono i pochi minuti dell’edizione notturna della TgR che si limita a riproporre i servizi andati in onda alle 19.30 quanto più, tanto per ricordare qualche numero, gli otre 700 giornalisti della testata oppure i 240 giornalisti di Rai News rispetto ai 140 del Tg1. Il tema, appunto, è la copertura giornalistica informativa nell’arco delle 24 ore, su tutte le reti e su tutte le piattaforme e valutare se oltre 1700 giornalisti sono pochi, tanti o sufficienti.
Sul “nuovo” modello organizzativo, come abbiamo detto, stiamo cercando di rendere più leggibili le fotografie delle slides che cortesemente ci sono state inviate. Chissà, forse non è un caso che siano opache e confuse, magari rispecchiano la stessa opacità e confusione di quanto vogliono illustrare. E forse è la stessa confusione che regna intorno a questo modello ormai preso come zattera di salvataggio in mancanza di meglio.
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mercoledì 24 novembre 2021
Rai: ora è tutto chiaro
Anche oggi abbiamo rinunciato alla sacrosanta pennica per ascoltare la seconda puntata dell’audizione di Fuortes/Soldi in Vigilanza ma ne è valsa la pena (per molti aspetti).
In estrema sintesi, abbiamo trovato conferma di:
1) non c’è stata e non ci sarà nessuna rivoluzione: era tutto già scritto ed approvato nel marzo 2019 con il vecchio Piano Industriale.
2) questo piano contiene un “modello organizzativo” rivisto e corretto con alcune variazioni
3) cosa significa questo modello, come verrà articolato e come verrà collocato nel “nuovo” piano industriale non è dato sapere. Non lo abbiamo capito noi da tempo e, ci sembra, nemmeno i parlamentari che continuano a chiedere chiarimenti. I soli documenti disponibili sono il “vecchio” piano industriale e le otto slides presentate ieri in Vigilanza (che sembrano il settimo segreto di Fatima: abbiamo fatto le foto dal video ma a gentile domanda ci hanno risposto con altre foto).
4) Fuortes nella sua autonomia concessa dalla Legge ha incontrato esponenti di partito. Gira voce che abbiano fatto le previsioni del tempo.
5) Delle inadempienze previste dal Contratto di Servizio attualmente in vigore non frega un ciufolo a nessuno.
Nota a margine (forse per effetto della mancanza di pennica): confusione totale!
Amen.
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Rai: l'eterno conflitto tra commedia e tragedia
Ogni riferimento con quanto avvenuto ieri in Vigilanza Rai non è casuale. Anzi. Le nomine? “Decise in piena autonomia” ipse dixit. E’ andata in scena solo una modesta e piccola parte di una commedia infinita, giacché oggi, alle 13.30, ne segue una successiva. Quello di ieri è stato solo un momento di passaggio, una piccola parte di un racconto del quale si fatica a comprendere il capo e la coda. Quando parliamo del gioco delle tre carte si fa indebito onore agli abili artigiani che sono maestri nell’arte di nascondere le carte buone da quelle bucate.
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ps: con questi chiari di luna, non garantiamo un post nel pomeriggio per dare conto di quanto potrà avvenire in Vigilanza ... potrebbe non valerne nemmeno la pena
martedì 23 novembre 2021
Il Sonno della ragione in Vigilanza Rai
Ma deluso solo in parte perché, in effetti, due brevi note a caldo su quanto ha detto l’AD meritano di essere fatte (su quanto ha letto la Presidente Soldi non ci esprimiamo, leggiamo solo un agenzia "Questo autunno la tv tradizionale ha perso - ha specificato - quasi 2 milioni di spettatori al giorno rispetto allo stesso periodo di due anni fa, un calo che gli esperti definiscono strutturale” minuto 8:40, se fosse così la Rai sarebbe estinta da un pezzo !!!) più per le cose che ha omesso che per quelle che ha riferito.
1) "Excusatio non petita, accusatio manifesta". Perché ha dovuto aprire il suo intervento con tanta acidula puntigliosità giuridica? Chi gli ha chiesto di dare contro di quanto già è noto a tutti, ai parlamentari della Commissione in particolare, sulle sue prerogative, poteri e limiti previsti dalla Legge e normative vigenti sui suoi poteri di nomina? Difficile non cogliere il nesso con quanto successo nei giorni scorsi a proposito dell’iter non normativo ma tutto politico che ha portato alle nomine fatte a Napoli la scorsa settimana. Il solito gioco delle tre carte, delle quali una pure falsa e bucata. Ha ammesso implicitamente di aver ricercato un consenso con la politica, rappresentata ed espressa tangibilmente dai quattro consiglieri nominati in Cda (non ha fatto cenno al consigliere espresso dai dipendenti .. forse se ne è dimenticato) e non ha avuto il consenso unanime che si aspettava. Peccato.
2) Il gioco delle tre (ovvero sette carte come abbiamo
scritto) è proseguito anche oggi allorquando ha parlato di Contrato di Servizio,
sempre sul filo dell’ambiguità tra il vecchio e il nuovo. Saremo forse noiosi e
ripetitivi ma il Contratto non può essere un elastichetto che si allunga e si
stringe a seconda della convenienza: l’art. 25, è chiarissimo e non lascia
adito a nessun dubbio: “Informazione. La
Rai è tenuta a:
i) presentare alla Commissione, per le determinazioni di competenza,
entro sei mesi dalla data di pubblicazione del presente Contratto nella
Gazzetta Ufficiale, un piano di riorganizzazione che può prevedere anche la
ridefinizione del numero delle testate giornalistiche nonché la riprogettazione
e il rafforzamento dell’offerta informativa sul web;.”.
Inutile girarci intorno, prima avrebbe dovuto fare il piano e presentarlo in Vigilanza e poi fare le nomine, come lui stesso nella precedente audizione ha detto e ripetuto più volte: “Ovvio …prima il piano e poi le nomine”. Delle due l’una: o il Contratto ha uno straccio di valore e lo si rispetta oppure non vale un ciufolo e allora è carta straccia. Vale lo stesso ragionamento per i rapporti con la Vigilanza: come si fa ad andare in Commissione e sostenere un principio e poi poco dopo disattenderlo completamente? Lasciamo poi perdere gli altri impegni disattesi. Per camuffare tutto questo, voilà, ecco carta vince carta perde: il “nuovo” modello organizzativo rivisto e corretto ai tempi del dopo Salini/Foa. Acqua fresca ripassata in padella e le slides presentate lo confermano:
3) Ci siamo trovati curiosamente d’accordo con Fuortes quando ha posto un tema da un milione di dollari: il Servizio Pubblico Radiotelevisivo per come è stato concepito e per come si è sviluppato nel corso degli ultimi 70 anni deve essere aggiornato. Ha pienamente ragione e lo scriviamo da quando è nato questo Blog, da oltre 3 anni. Non gli resta che prendere carta e penna e scrivere: “Caro Governo, cari partiti, care forze sociali, cari esperti, analisti, amici e conoscenti della Rai... mettiamoci intorno ad un tavolo e cominciamo a ragionare su cosa mai potrà essere questa benedetta Azienda nei prossimi decenni cioè su quali risorse potrà contare, a quale pubblico si dovrà rivolgere, con quali contenuti e di quali piattaforme tecnologiche potrà disporre… Un cordiale saluto, Carlo Fuortes, AD Rai”. Proprio come ha fatto un suo illustrissimo predecessore alla BBC nel 2017.
4) se non che l’AD scivola su una buccia di banana e sostiene: lo share non deve essere più il solo metro di valutazione del Servizio Pubblico. Accipicchia, roba da far tremare i polsi. Ai pubblicitari cosa gli vendiamo? La VQPT (Verifica Qualitativa Programmi Trasmessi) ??? come gli “misuriamo” Sanremo … con le note delle canzonette? E le partite della Nazionale di calcio come le vendiamo agli inserzionisti? Con il colore dei calzoncini? Cosa voleva intendere esattamente con questo ragionamento Fuortes? Magari ha buone intuizioni che a noi forse mancano e magari ci troviamo d’accordo su alcuni temi come, ad esempio una rete senza pubblicità oppure programmi marcati segnatamente dalla contabilità separata … che ne so … parliamone …
5) aspettiamo che sia disponibile la registrazione integrale dei due interventi per verificare ma, con l’occhio annebbiato dalla pennica incombente, ci sembra che sia sfuggita una parolina magica: “media company”. Tanto per rimettere le tessere al loro posto, questo concetto era il fondamento del Piano industriale Salini/Foa al quale si fa spesso riferimento con il gioco delle tre carte. Per quale dannato motivo ci si trastulla con i generi e ci si dimentica A) del concetto di ”media company” e B) del “genere” informazione che ne è l’architrave?
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Gli amici Americani e la Rai
Questa mattina va in scena l’America. Da domenica scorsa, oltre che alla canzonetta “Che fretta c’era .. maledetta primavera …” della quale abbiamo scritto a lungo, ci è tornata in mente la saga del Vietnam e, ca va sans dire, Apocalypse Now e la Cavalcata delle Valchirie che introduce la scena poco prima del bombardamento, il mitico colonnello Bill Kolgore appena sceso dall’elicottero con la sua frase lapidaria: “Lo senti l’odore figliolo .. non c’è nient’altro al mondo che odora così … mi piace l’odore del napalm alla mattina .. una volta una collina la bombardammo per dodici ore e finita l’azione andai li sopra e non ci trovai più nessuno ..”.
Tropo facile l’accostamento con la Rai. Ma oggi proponiamo un passo avanti con un ‘altro grande film uscito poco dopo la fine della guerra in Vietnam: L’amico americano Wim Wenders con Bruno Ganz e Denis Hopper. C’è una scena che merita di essere ricordata: l’inseguimento nella metropolitana di Parigi tanto imbarazzante quanto surreale ai limiti del grottesco. Ecco, tutto questo, in un certo senso, ci ricorda appunto l’Azienda che rincorre affannosamente il mondo che la circonda senza speranza di poterlo riagguantare mentre qualcuno la spianerebbe volentieri con il Napalm.
In questi giorni c’è grande dibattito su gli “amici americani” pronti a correre in soccorso di TIM con il suo capo, non a caso il generale Petraeus general manager della KKR e sodale dell’AD del colosso della telefonia nazionale. Merita la lettura l’articolo di Repubblica di oggi a firma Francesco Manacorda con il titolo “E lo scacchista Gubitosi prova a restare in partita con la cavalleria americana”. Già, lo scacchista amico di amici americani se ne intende a tal punto che finanche domenica pomeriggio, leggiamo sempre su questo articolo, ha provato a proporre due advisor di provata fede: “… Merryll Linch e Goldman Sachs ovvero due tra le principali banche di affari del mondo ..”. Tra questi poi e gli interessi nazionali ce ne corre.
Allora: un passo indietro. Ieri abbiamo riportato sullo Speciale alcuni dati sul “pezzo” di Rai che interessa l’informazione e, uno in particolare ci ha colpito. Rai News ha circa 240 giornalisti e il Tg1 ne ha 144. Chissà per quale dannato motivo questo fatto non suscita attenzione. Chissà per quale dannato motivo dopo che in Vigilanza Rai l’AD Fuortes aveva ripetuto tre volte che “…ovvio .. prima il piano e poi le nomine” nessuno ora se ne ricorda. Salvo che oggi, alle 13,30, sempre in Vigilanza, ci possa essere qualche parlamentare che se ne ricorda. Chissà.
Passi in avanti per oggi non ce ne sono. Magari se dopo la Vigilanza ci fosse qualcosa di interessante vi terremo aggiornati.
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lunedì 22 novembre 2021
SPECIALE: il mondo dell'informazione RAI
Quanto “pesa” quel pezzo di Rai definita genericamente come “informazione”? Premesso che si tratta di un obbligo per l’Azienda che la fornisce e di un diritto a riceverla per i cittadini che pagano il canone, è interessante capire bene di cosa si tratta, cioè quanto costa per quanto rende. La “resa” ovvero la sua quantificazione è complesso da misurare con il solo metro degli ascolti per quanto è noto che c’è una "resa" trascendente che si riferisce alla qualità/quantità nonché al volume di informazione generale fornita dalla Rai che sono in grado di influenzare la formazione dell’opinione pubblica e, di conseguenza, il consenso politico. Non è irrilevante la “non misurazione” cioè la scelta editoriale degli argomenti che si affrontano e la loro “impaginazione”, cioè la rilevanza che viene assegnata ai fatti, agli avvenimenti della cronaca sociale e politica.
Veniamo al dunque. Una buona base di partenza per inquadrare il terreno è un articolo, pubblicato sul sito Corriere.it e firmato da Milena Gabanelli nel giugno 2018 che suggeriamo di leggere per intero e di collocarlo nella sua cornice storica, alla vigilia dell'insediamento del Cda Salini/Foa. (https://www.corriere.it/dataroom-milena-gabanelli/rai-dipendenti-giornalisti-testate-news-online-cda-usigrai-informazione-tv-pubblica/fa2cf7c6-8677-11e8-83d7-334832af0f98-va.shtml).
Si parla di “testate giornalistiche” e va subito precisato un punto: l’Italia è tra i pochi paesi che definisce tale concetto in relazione alla presenza di un direttore responsabile. Quando si fa un confronto con gli altri Servizi pubblici radiotelevisivi europei questa distinzione è fondamentale.
Questa la situazione degli altri principali PSM europei (Francia, Spagna, Gran Bretagna e Germania) dove si tratta di “notiziari” e non “testate giornalistiche”:
La Rai ha 8 testate:
Tg1, ,Tg2, Tg3, TgR, Giornale Radio, Rai News, Rai Parlamento e Rai Sport.
Questa la rispettiva ripartizione per numero rispetto alle testate:
Tg1: organico 144 giornalisti dei quali 29 dirigenti
Tg2: organico 139 giornalisti dei quali 27 dirigenti
Tg3: organico 118 giornalisti dei quali 30 dirigenti
TgR: organico 766 giornalisti dei quali 52 dirigenti
Gr Radio organico 229 giornalisti dei quali 42 dirigenti
Rai News: organico 230 giornalisti dei quali 40 dirigenti
Rai Parlamento: organico 42 giornalisti dei quali 11 dirigenti
Rai Sport: organico 116 giornalisti dei quali 23 dirigenti
Totale: 1.784 giornalisti dei quali 254 dirigenti
Stiamo cercando di ricostruire i rispettivi budget per testata e contiamo di darvene notizia.
Adesso inseriamo questi numeri nel loro contesto aziendale:
Incrociamo questi dati con quelli della Corte dei Conti (relazione luglio 2018):
Leggiamoli ora in relazione al costo per testate Tv
Leggiamo ora una sintesi di quanto riportato da PrimaOnLine sugli ascolti dei telegiornali Rai negli ultimi tre anni (articolo completo https://www.primaonline.it/2021/11/17/338747/hot-news-per-rai-e-mediaset-ecco-cosa-dicono-i-numeri-di-auditel/ ) elaborato dallo Studio Frasi di Francesco Siliato:
Infine, può essere utile la lettura degli ultimi dati pubblicati da AgCom relativi al pluralismo informativo delle testate televisive Rai:
Queste le ripartizioni percentuali dettagliate: https://www.agcom.it/documents/10179/20737225/Dati+monitoraggio+13-11-2020/b4689208-d5c4-4525-9fae-aebfb4a6082b?version=1.0
Infine, solo per appassionati e cultori, possiamo fornire i dati di The Reuters Institute Digital News Report 2021 con la ciliegina sulla torta: