Ne abbiamo viste, lette e sentite tante in quasi 40 anni di
RAI, dentro e fuori, ma a nostra memoria una situazione come quella attuale non
riusciamo a ricordarla.
Con ordine: tensioni per il rinnovo del Cda dentro e fuori
il Governo. Disordine nei conti con il canone in alto mare. Disordine concettuale,
culturale ed editoriale: vedi il caso Angela. Disordine interno all’Azienda. Risultato
del referendum sul rinnovo contrattuale. Infine, disordine sul presente e sul
futuro della RAI: la notizia di oggi è vecchia ma sempre attuale: un sottile e
perfido disegno di privatizzare, in un modo o nell’altro, in parte o in tutto,
la RAI ovvero il Servizio Pubblico.
Allora: ieri pomeriggio è rispuntato fuori il tentativo del colpo
di mano con artefici insospettabili. Una parte del Governo, FdI in
particolare, preme per chiudere subito la partita nomine RAI: è consapevole che
allungare il brodo avvantaggia gli avversari, quali che essi siano. In parte,
ma solo in parte, trova alleata FI. La Lega, formalmente ma solo formalmente,
si oppone e batte i pugni sul tavolo. Come abbiamo già scritto da tempo: le
ipotesi percorribili sono solo due: o FdI e FI hanno forza e coraggio di fare subito
il colpo di mano tagliando fuori la Lega oppure trovano un accordo con Salvini mettendo
sul piatto altra merce di scambio appetibile, forse anche fuori Viale Mazzini.
Nel primo caso per loro significa mettere in conto aumentare la tensione
politica ai limiti della rottura politica. Conviene? E’ praticabile? E' conveniente? Non ci sembra poi
tanto. Di converso, il corollario di questo ragionamento è trovare un accordo:
la Lega vuole più peso e visibilità in RAI. Come può essere possibile, con chi? Il recente
endorsement su Sergio ha aperto una pista: lui come DG, come peraltro già autocandidato. Poi, in subordine, c’è Marano. Ma Rossi
a queste possibilità non ci pensa proprio, avere un controllore al fianco gli
fa venire l’orticaria. Sempre che sia sempre lui l’uomo predestinato e non è
per nulla scontato, nonostante quello che molti ripetono.
Allora: è possibile che mercoledì possa avvenire, sia pure
solo alla Camera (presidente Fontana, Lega) il colpo di mano? No, non lo
riteniamo possibile, e in questo ragionamento siamo confortati da nostre
autorevoli fonti. In sintesi, ci hanno provato ma non ci sono riusciti: li
hanno visti arrivare!
Proseguiamo. In questo quadro grava una minaccia dirompente:
il canone 2025 che la Lega vorrebbe ridurre/abolire. Chiunque arriverà a Viale Mazzini dovrà fare i
conti con questa intimidazione in grado di mettere ulteriormente in ginocchio l’Azienda.
Difficile sottovalutare questo elemento.
Disordine culturale: il caso Angela vs Temptation Island la
dice lunga su come intendono il Servizio Pubblico a Viale Mazzini. Il programma
di Angela è stitico e noioso ma ciò non significa che non sia necessario. Rincorrere
lo share su questo terreno, il trash e il soft porno, è l’anticipo della fine:
loro sono più bravi, hanno più “cultura” e tradizione.
Disordine interno all’Azienda. Il “popolo” RAI ha detto no e
non solo all’ipotesi economica dell’ipotesi di accordo. Potrebbe avere detto no
ad una gestione dell’Azienda incapace a prospettare un futuro di crescita e
sviluppo. Nei giorni scorsi Sergio e Rossi esultavano: “L’accordo sottoscritto
è un passaggio importante che pone le basi per affrontare con la piena
partecipazione di tutti i dipendenti il percorso di trasformazione in digital
media company … Riteniamo che l’intesa con i sindacati
sia un risultato importantissimo – dicono la Presidente Marinella Soldi,
l’Amministratore Delegato Roberto Sergio e il Direttore Generale Giampaolo
Rossi – un punto di partenza ineludibile…”. No, evidentemente il “popolo RAI”
non la pensa nello stesso modo. Poco fa la CGIL ha diffuso un comunicato: “… nuova
ipotesi di rinnovo di contratto (il voto dei lavoratori è sacro e si rispetta)
ma non possa più non riguardare il futuro complessivo dell'azienda, del suo
ruolo nel Paese, della sua governance e del suo sostentamento a partire dalla
vicenda del canone, della ulteriore vendita di quote di Rai Way. La
situazione di grande confusione che circonda l'azienda, la criticità della sua
situazione economica non possono più essere svincolate dalle questioni
contrattuali e della gestione quotidiana dell'azienda”. Se qualcuno pensava di
chiudere in bellezza questo capitolo di storia RAI portandosi a casa lo scalpo dell’accordo
sindacale, ha fatto male i conti.
Infine, la notizia vecchia ma sempre buona: il serpeggiante
desiderio occulto di privatizzare la RAI. Questa mattina resuscita il tema un articolo
de Il Foglio con il titolo “Meloni vuole privatizzare un po’ di RAI”. Merita
leggerlo e conservarlo. Però, non è una novità e non solo a destra. Tra i primi
a sollevare l’argomento fu un certo Romano Prodi già nel lontano 1995 quando
dichiarò chiaro e tondo che avrebbe votato si, insieme a D’Alema, per la
privatizzazione della RAI. Dopo lui altri e forse meglio seguirono questa pista
che non è mai stata del tutto abbandonata. Recentemente, sempre la Lega, ha
lasciato intendere che è un’ipotesi suggestiva: a gennaio scorso il ministro Giorgetti
ha annunciato un piano di privatizzazioni in tre anni per 20 miliardi. Non ha
parlato esplicitamente di RAI ma un occhio a RAI Way è sempre aperto.
Chiudiamo: scriva la Baccaro oggi sul Corriere: “E l’opposizione?
Nel silenzio del PD che non sa se restare nel Cda, si muove il M5S”. Il che è
tutto dire. La Floridia parla anche a nome di Conte?
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