Se le opere non si compiono arte e morale non prosperano. E se questo avviene la giustizia non è precisa e se la giustizia non è precisa il Paese non sa dove poggiare.
Perciò non si deve tollerare che le parole non siano in ordine.
Non potevamo ricordare aforisma migliore per sintetizzare la riflessione su quanto avvenuto ieri con il dispositivo del Consiglio di Stato. Man mano che i pensieri si raffreddano e si mettono in ordine le cose, appare tutto sempre più chiaro. A nostro modesto giudizio, il dispositivo non ha colto (non ha voluto cogliere) i concetti, i fondamenti del ricorso ed ha quindi disposto seguendo un ragionamento che non era contenuto nei termini del ricorso. Appare quindi chiarissimo che il Cds ha ulteriormente spalancato i cancelli delle praterie che si potranno e si dovranno ancora percorrere sia in termini politici sia in termini giuridici a partire dalla immediata possibilità di ricorrere nuovamente non appena il Parlamento dovesse calendarizzare il voto per le nomine. Il dispositivo, nella sua parte essenziale, si è limitato a solo a dire che la partita vera, nel merito del ricorso, è rinviata al 23 ottobre ed ogni altra considerazione appare del tutto irrilevante e subordinata. Ed è bene ricordare che era una dei tre possibili esiti possibili.
In buona sostanza, è poi del tutto irrilevante sostenere che Camera e Senato potranno procedere alla nomine già da ora e, semmai procedessero in questa direzione, sarà poi difficile ovvero improbabile impugnare un provvedimento politico di fonte parlamentare. Se i parlamentari avessero avuto le condizioni per farlo lo avrebbero già fatto e se non lo hanno fatto non è perché attendevano il responso del CdS ma solo e semplicemente perché non ci sono accordi tra i partiti tutti. Non esiste infatti un vincolo tecnico giuridico che impegna il Parlamento, nella sua autonomia, ad attendere responsi giuridici. Poi, se mai ora procedessero alle nomine, dovrebbero farlo subito, di corsa e magari prima del 19 luglio, evidenziando in tal modo che non applicheranno nessun criterio di scelta e di selezione tra i candidati, ovvero i partiti faranno uscire dal cilindro i nomi già forse preconfezionati che è esattamente quanto si avversa nella sostanza del ricorso. Infine, da questo punto di vista, il dispositivo del CdS appare del tutto favorevole alla dinamica interna del ricorso, ovvero lasciare aperto tutto il dibattito in attesa dell’udienza di merito al TAR del 23 ottobre e forse anche oltre.
Sono poi, di conseguenza, del tutto evidenti due letture sincrone del dispositivo del Cda. Da un lato ci potrebbe essere chi, non solo a Viale Mazzini, sperando in una accelerazione tira un sospiro di sollievo: “su forza, dai che ce la facciamo pure questa volta, almeno uno dei nostri lo piazziamo e speriamo che almeno vada bene”. Dall’altro lato c’è chi invece sperava che si andasse per le lunghe, molto lunghe, per diversi buoni motivi: anzitutto prendere tempo sta a significare dilatare i termini, le poste in gioco delle trattative nient’affatto concluse, anzi. Viceversa, chiudere subito significa solo accettare il “pacchetto” chiuso come da tempo alcuni scrivono. E forse questo dispositivo del CdS, in verità potrebbe far comodo a molti, compreso forse pure a Palazzo Chigi alla ricerca, sembra, di una sorpresa fuori dal previsto.
Le partite in corso sono in pieno svolgimento: non ci resta che attendere i risultati.
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