domenica 24 maggio 2020

Puzza di bruciato



Buona domenica care Lettrici e cari Lettori.
Vi accenno una breve storia di ordinario giornalismo: chi vi scrive ha iniziato a frequentare notizie e opinioni nel lontano 1977: prima con le radio libere, poi con la carta stampata e, infine, con la Radiotelevisione Italiana. Dopo tanti anni, è naturale che crescano tondini di ferro sullo stomaco e si maturi una certa “sensibilità”, una capacità a sentire la puzza di bruciato da lontano, a distinguere il grano dall’oglio. Tutto questo per riprendere il post di ieri e fare un passo indietro e uno avanti. Il tema è l’informazione su Rai Play. Passo indietro: lo scorso 17 aprile sul sito di Repubblica.it compare un pezzo (mai smentito), a firma Adriano Bonafede, con il titolo “RaiPlay, questa sconosciuta, è la stessa Rai a bocciarla”. Al suo interno si legge: “Bocciata. RaiPlay, la piattaforma multimediale che permette di accedere ai contenuti della Rai, è ancora troppo poco conosciuta. Gli sforzi comunicativi fatti finora, in particolare lo show di Fiorello che veicolava l’operazione “Viva RaiPlay”, non hanno sortito l’effetto sperato. E, anche tra chi sa cos’è, sono pochi coloro che hanno provato a effettuare l’accesso e ne sono diventati fruitori fedeli. Inoltre, il sito Internet stesso costituisce una barriera al suo uso perché lontano dall’esperienza intuitiva e facile di Netflix e Amazon Prime, che sono ormai il benchmark del settore.
A stroncare RaiPlay non è un rancoroso critico della Rai, ma la stessa sezione di marketing della società pubblica, che ha appena comunicato all’interno i risultati di un sondaggio effettuato su un "campione di italiani” e giù via raccontando. Su questa notizia, per certi aspetti, un piccolo scoop, nessuno, dicasi nessuno, ha ripreso l’argomento. 

Torniamo all’apertura di questo post. Chi si occupa di comunicazione, impiega buona parte  del suo tempo appunto a “comunicare” cioè a diffondere messaggi o notizie; succede che spesso, altra parte del suo tempo debba essere impiegato nel cercare di “non comunicare” o non fare uscire una notizia, silenziarla, non dargli peso o credito. Un metodo usato è quello del distogliere l’attenzione. Ricordate quando è avvenuto il cambio di proprietà a Repubblica? Il 23 aprile. Quando “riciccia” la storia della mail truffa alla Rai sulla prima pagina di Repubblica? compare il 9 maggio. Ci mancherebbe altro … le due storie non hanno nulla in comune. Si parla d’altro ma succede, appunto, sempre così: quando un argomento “brucia” o lo si spegne o lo si dimentica. 
Ma perchè questa storia di Rai Play può essere tanto rilevante? Per un semplice motivo: è una storia trasversale, un paradigma, che interessa tanti del presente e del passato, investe tante risorse e responsabilità manageriali e, sostanzialmente, mette a nudo ancora una volta l’eterno e banale problema: chiamatelo come volete ma si tratta di progetto, di visione, di prospettiva, di strategia editoriale e  industriale che hai o non hai, non è merce che si compra al mercatino dell’usato. Rai play sarebbe potuta essere una buona occasione per aprire nuove strade per il Servizio Pubblico (con le maiuscole) e si sta sprecando, si corre il rischio di gettarla alle ortiche, nonostante ogni tanto qualcuno prova a dire che sono relativamente aumentati il numero dei LS (Legitimate Streams). Le chiacchiere stanno a zero: questi l’ultimo “bollettino di guerra” di Auditel Digitale e se avete voglia confrontatelo con i dati di alcune mesi addietro:

Ieri una nostra esperta e autorevole lettrice ci ha detto:  “Ma perché è stata riposta tanta energia nello sviluppo di Tv Sat e non in una analoga piattaforma Web?” Bella domanda. Aggiungiamo e riproponiamo quanto già scritto: perché Rai non si è dotata, come avrebbe potuto e dovuto, di una propria rete senza dover sottostare al giogo di fornitori esterni con tutti i problemi che ne possono derivare. La risposta facile è: non ci sono i soldi. Bugia …Tremenda bugia!!! I soldi c’erano e in parte ci sono, il problema è che vengono spesi in altre direzioni: vogliamo parlare dei profitti che genera Rai Way e dove vengono reinvestiti o redistribuiti gli utili? Vogliamo parlare del costo delle produzioni esterne e del peso degli agenti sulle scelte editoriali? Vogliamo parlare di quanto costa Rai News24... E così via scrivendo.

Visto che anche oggi non ci sono notizie di rilievo vi proponiamo un articolo di ieri sul Corriere a firma Renato Pagnoncelli dal titolo “Il 63% (degli italiani) teme la rabbia sociale: impedirà la ripresa del Paese”. Abbiamo posto anche noi questo tema: come ne usciremo dalla crisi del Coronavirus, quale sarà il livello di ”coesione sociale” cui siamo pervenuti dopo questa drammatica esperienza? In particolare poi, come e quanto il Servizio Pubblico (maiuscolo) può contribuire a modificare queste dinamiche? Giriamo la domanda a nostri esperti autorevoli lettori particolarmente impegnati su questo tema.

A questo proposito, infine, un nostro lettore qualificato ed esperto, ci ha proposto una specie di “manifesto” per “La Rai che sarà”: c’è molto materiale sul quale discutere e ve lo proporrò.

bloggorai@gmail.com

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