La nuova frontiera, il futuro prossimo venturo della televisione
non è la creazione di nuovi contenuti ma la ripetizione, ovvero, banalmente, la “replica”. Lo è a
tal punto da essere divenuta un “genere” a sé stante, una specifica categoria
narrativa, un dettaglio strategico nella catalogazione dei prodotti audiovisivi
“ad utilità ripetuta”. Lo è a tal punto che la possibile replica di un
contenuto “on demand” è la chiave di volta dello streaming, il cuore del
successo delle piattaforme di distribuzione del ri-visibile televisivo laddove le varie RAi Play, Infinity Tv &C non
inventano e non creano pressoché nulla ma ripropongono ciò che è stato prodotto
prima, in altro luogo e in altro modo ovvero consentono la visione in diretta streaming della "vecchia" tv. Lo è a tal punto che le “repliche” che una
volta caratterizzavano la stagione dei bassi ascolti televisivi, oggi si estendono
anche alla “mezza stagione” autunnale per lambire pure quella invernale. Per estensione,
si può quasi affermare che la “replica” ormai appartiene ad una stagione immanente,
perpetua, universale. Lo è a tal punto che la “replica” è la cifra, la postura
della “nuova televisione” che ha rinunciato a guardare avanti e si barrica sul
suo passato e la Rai, su questo fronte, sembra essere in prima linea sulla
barricata tutta tesa a difendere Forte Apache dei suoi telespettatori ultrasessantenni.
I “giovani”, a quanto sembra, non guardano le “repliche” in Tv.
Ancora ieri sera, di fronte alla ennesima “replica” di Montalbano
su Rai Uno (ha fatto il 20,6% con 3,1 mln) ci siamo chiesti perché imnsistere, quale
è la sua logica, quale il su progetto editoriale sottinteso. Non c’è di meglio da
proporre? In periodo di vacche magre è pur sempre un prodotto che raccimola
quel tanto che basta di ascolti per tenere su la serata? Le vicende del famoso Commissario
risalgono ormai ad oltre 26 anni addietro e tra poco potrebbe conquistare i
record delle repliche dopo la Principessa Sissi e Pretty Woman. Per non dire
della quintessenza, della sintesi pura della replica ovvero Techedeche che
riproietta all’infinito in pillole omeopatiche tutto ciò che è andato in onda
negli anni passati.
A giugno scorso il mensile Tivù Italia ha titolato “Repliche,
male necessario” laddove si legge che “... le repliche in casa Rai sono già
iniziate a maggio…”. Vedi pure due interessanti articoli comparsi su La Stampa
del 22 agosto scorso con il titolo “L’estata nera delle fiction Rai. L’usato sicuro
non basta più. Per la prima volta le repliche non vincono la sfida degli ascolti
e domina Mediaset” e l’altro dei giorni scorsi, il 5 ottobre, con il titolo “Cara
vecchia Tv. Comincia la nuova stagione all’insegna del già visto. Il piccolo schermo
non rischia ed è invaso da trasmissioni in onda da decenni”. Leggiamo uno stralcio:
“L'innovazione, nella tv, appartiene insomma soprattutto ai suoi primi 20-30
anni di vita, e forse comprensibilmente: quando la Rai era senza concorrenza
poteva permettersi il lusso di sperimentare senza l'assillo degli ascolti. E
con l'arrivo dell'emittenza privata che comincia la stagione dell'usato sicuro,
della «squadra che vince non si cambia», una tendenza che con l'arrivo della
nuova concorrenza di web e streaming si è quasi incancrenita: davanti alla tv
gli spettatori sono sempre meno, e la paura di rischiare è più forte della
spinta a innovare (senza contare i budget sempre più ristretti)”.
La “replica” è ormai una metafora metafisica ed assume forme
e caratteristiche che vanno anche oltre la sua specifica dimensione televisiva.
La “replica” interessa le icone, i personaggi, i modelli e le strutture narrative.
Il “meccanismo” della replica invade i conti economici e si estende ai confini
dell’intelligenza creativa. Si può anche inventare ma non si può sperimentare. Si
può anche sperimentare ma fino ad un certo punto e quel punto esatto è la
soglia della certezza: dove non c’è il guadagno, la remissione è certa, dicevano
i nostri nonni. Proprio in questi giorni si parla del prossimo ritorno sugli
schermi di Sandokan rivisto e corretto o di Goldrake. Allo stesso modo si enfatizza
il prossimo “ritorno” di Benigni e si fantastica su quello di Celentano. Questa
fenomenologia sembra interessare specificamente più la Rai che non il suo
diretto concorrente Mediaset che pure non è indenne e che per battere il suo
principale concorrente in access time ha dovuto rispolverare La Ruota della
fortuna vecchio di oltre 35 anni (1989 con Mike Buongiorno). E sta vincendo!
bloggorai@gmail.com
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