Anzitutto il tema del confronto tv tra la Meloni e la
Schlein. C’erano e ci sono mille buoni motivi per non cadere in questo trappolone
dove si propone il dibattito politico ristretto a due sole forze politiche e dove
solo una ha una chiara matrice e vantaggio: il Governo, ovvero la Meloni. Ma,
attenzione, non si tratta solo di una “trappola” ordita da Palazzo Chigi. La
Schlein, il PD, non è e non rappresenta l’opposizione nella sua interezza e ancor più queste prossime elezioni europee sono puramente proporzionali. Non
a caso la principale sponsor di questa iniziativa era il capo del Governo e non
a caso il luogo del confronto era imposto a “casa Vespa”. Per averne prova
provata, è sufficiente vedere la reazione che ha avuto il conduttore ieri sera
nel “suo” spazio privato alle 20.30:
Vedere per credere e capire, senza stupore. Non c’è da
spendere molto di più su questo argomento. Possiamo solo dire che a nostro avviso quella di ieri sera è una delle pagine più brutte della RAI degli ultimi anni e stupisce che quasi
nessuno lo ha scritto questa mattina. SOLO Il Fatto quotidiano lo ha messo giustamente in copertina con il titolo "Il Fuorilegge".
Bene ... anzi …male. Ieri si è svolta di fronte a Viale Mazzini
una manifestazione promossa dall’Usigrai sul tema “Libertà di informazione. Un
diritto in pericolo”. Argomento di assoluto rilievo democratico. Se non che,
ancora una volta, è un tema costretto ad essere affrontato con gli appelli e le
petizioni di principio che, purtroppo, non riescono a scardinare in modo
efficace ed immediato la morsa della destra, del Governo, sulla RAI e sul
complesso mondo dell’informazione.
Ieri, oggi e domani c’è sul tavolo della politica un solo
strumento che ha la possibilità di mettere una zeppa nell’ingranaggio che
prevede la riproposizione della Legge 220 del 2015 con la quale si certifica il
tallone di ferro sul Servizio Pubblico: il ricorso al TAR per chiedere l’applicazione
la selezione dei candidati componenti al nuovo Cda RAI da effettuare con
criteri “aperti, trasparenti e non discriminatori” previsti dal MFA e per
aprire poi la strada ad un possibile ricorso alla Corte Costituzionale. Tanto per
essere chiari: il MFA si riferisce alla intera governance del Servizio Pubblico, compreso l’AD e, di
conseguenza e in subordine, si rivolge anche ai criteri con cui vengono "nominati" i direttori delle testate giornalistiche solo in base all’appartenenza ad una “quota” o all’amicizia
particolare con Palazzo Chigi. Il “diritto in pericolo” cioè la libertà di
informazione è oggi e lo sarà nei prossimi giorni, settimane, mesi ed anni se
ancora una volta il prossimo Cda RAI verrà nominato col la “logica dell’uomo
solo al comando” come ha inteso proporre la Legge Renzi che questo governo di
destra se ne guarda bene da pensare di modificare. Anzi: se potesse la
raddoppierebbe. Se non è chiaro e condiviso questo principio, almeno con i
nostri amici, si capisce poi perché avanza e si rafforza “TeleMeloni”.
Oggi non c’è altra strada per opporsi concretamente: si
tratta di sostenere apertamente e con forza un’azione politica che utilizza uno
strumento giuridico. Ebbene, ieri durante la manifestazione Usigrai il termine “ricorso”
non è stato pronunciato nemmeno per errore da nessuno. Una sola “dimenticanza”?
Un “errore” degli organizzatori? Eppure, nella conferenza stampa di
presentazione alla Camera del 2 maggio il sindacato dei giornalisti RAI era ben
presente figurava pure tra i promotori e sostenitori. E allora?
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