La RAI è o non è ???
“Something is rotten in the state of
Denmark” disse Marcellus (W.S. Amleto, atto I, scena IV). La
frase poi è stata tradotta in molti modi: la versione più comune è “C’è qualcosa
di marcio in Danimarca” ma ne esistono altre più “morbide” come “V’ha nello stato / Di Danimarca qualche
vizio occulto” oppure “V’è qualche
molla corrotta nello Stato di Danimarca” e infine la più deliziosa “Pur troppo / V’è in questo Danio suolo
inferma cosa” (da Treccani).
Del tutto naturale che una frase del genere si presta
assai bene per essere usata nelle più disparate situazioni e a noi viene giocoforza
poterla utilizzare, talvolta, per trattare la situazione della RAI ai giorni
nostri. Per carità! Senza esagerazioni gratuite e generiche. E però … in questi
mesi, settimane e giorni.. qualcosa di “strano” dentro e intorno a Viale Mazzini
è avvenuto e altro potrebbe ancora avvenire. Chiariamo subito un concetto dirimente:
la cosiddetta “Telemeloni” non nasce dal nulla, il cambiamento, il mutamento antropologico, culturale e politico della RAI
è in corso da decenni. Il Governo attuale
non ha fatto altro che raccogliere i frutti avvelenati di un albero malato che
è cresciuto da anni nei giardini di Viale Mazzini.
La “RAI di destra” per paradossale che possa
apparire c’è sempre stata e, anzi, in un passato nemmeno poi tanto lontano e
per molti aspetti, era pure più di destra destra. Per semplificare: Berlusconi
a Viale Mazzini non è passato invano. Durante la sua stagione sono stati
gettati i semi che ora vediamo germogliare. Forse è ancora troppo prematuro per
valutare dettagliatamente le analogie e le differenze. Certo è che il filo di
continuità e di contemporaneità non si è mai interrotto.
Ecco il punto: cercare di interrompere subito questo
filo, provare a gettare sabbia nel meccanismo, tentare di invertire il controllo politico del Governo e dei partiti sulla direzione della RAI
cercando di affidarla a chi può dar prova provata, confrontata, di autonomia, esperienza e capacità.
Nei giorni scorsi hanno tenuto banco i vari Amadeus,
il caso Scurati, Franco Di mare, lo sciopero dei giornalisti, il confronto tra
la Meloni e la Schlein, lo “strano caso” del televoto a Eurovision Song Contest
e così via. Tutti temi di grande interesse. Ma è la somma di tutti insieme è la
cifra che merita attenzione. Si sta disegnando una RAI incerta, confusa e
asservita più di quanto mai è avvenuto prima. Inoltre, con una debolezza strutturale
sulle risorse che la rende particolarmente esposta ad ogni crisi e debole nelle
prospettive. Banale ripeterlo: il canone fragile e indeterminato e le risorse
pubblicitarie tendenzialmente in declino.
Nei giorni scorsi è stato presentato un volume con il
titolo “Chi vuole uccidere il cavallo?”
dove sono raccolti vari interventi sul futuro della RAI. Manca però un interrogativo
correlato: “Perché si vuole uccidere il cavallo?”. Rispondere al primo interrogativo
potrebbe apparire relativamente facile: sono tanti i nemici del Servizio Pubblico,
dei servizi pubblici quali che essi siano (sanità, scuola, trasporti etc) in quanto
tale ma, aggiungiamo noi, anche qualche “amico” fortemente suggestionato
o affascinato dal “mercato” in nome del quale si è pronti a sacrificare baracca
e burattini. Da non dimenticare mai chi furono i pionieri delle privatizzazioni
in Italia e chi, anche recentemente, chi ne ha raccolto l’eredità con grande
enfasi di una certa “sinistra”: il salvatore della Patria Mario Draghi. La risposa
al secondo interrogativo è quindi complementare e subordinata: meno “cavallo” e più mercato. Una RAI
ridimensionata nello spazio che occupa e nelle risorse che attrae è vantaggioso
per molti, per tutto il “mercato” audiovisivo e la riorganizzazione, la messa a
punto di questa nuova dimensione, avverrà proprio a partire dai prossimi giorni,
ovvero da quando sarà noto se e quando verrà composto il nuovo Cda di Viale Mazzini
che condurrà l’Azienda verso il rinnovo della Concessione del 2027.
Ecco allora scendere il cielo sulla terra che ci
porta a ribadire con chiarezza quanto stiamo scrivendo in questi giorni: non ci
sono altre battaglie più rilevanti che non cercare di opporsi alla nomina del
Cda RAI con i vecchi criteri della Legge 220. Tutto il resto è fuffa.
bloggorai@gmail.com
Nessun commento:
Posta un commento