"La cosa più dolorosa per me, dice Di Mare, "sono
state le parole scritte in un messaggio whatsapp nel maggio del 2021, messaggio
in cui l'allora AD, rispondendo alla mia ennesima richiesta di un incontro,
dopo altri messaggi caduti nel nulla - questione di umanità, dicevo, vista la
mia malattia - scriveva: 'Non accetto lezioni di umanità da te'” Il Foglio
di ieri.
“Gli ho scritto messaggi sul cellulare chiamandoli per nome:
“Ho una malattia terminale”. Mi hanno ignorato. Ripugnante, dovrebbero
vergognarsi. Peraltro il palazzo di viale Mazzini è pieno d’amianto.
Sottovoce, ti sconsigliano di appendere quadri al muro”. Intervista al Corriere.
Non vogliamo solo ricordare Franco Di Mare. Con questa sua
storia ha illuminato la scena che molti di noi conoscono bene: il cinismo, l’indifferenza,
il silenzio complice e colpevole delle varie nefandezze o ingiustizie anche
professionali, la spietatezza e la totale disumanità che spesso e volentieri colpisce
chi è vittima del potentato di turno, chi è fuori dal giro, chi non appartiene ai vari “cerchi magici”, chi non viene percepito come “amico degli amici”,
chi non è riconducibile ad una “quota” quale che essa sia.
Intendiamoci, non veniamo dalle scuole delle Orsoline e non abbiamo
mai avuto la percezione che certi ambienti, specie se fortemente legati alla “politica”
siano ameni luoghi di meditazione trascendentale, di amorosi sentimenti e di umana
solidarietà. Spesso, sono gironi infernali, arene gladiatorie dove vince il più
cinico e spietato, uniche categorie in grado di prevalere. Chi entra a Viale Mazzini
sa che anzitutto deve sopravvivere all’amianto: chi vi scrive lo sa bene dal
1991. Ad un certo punto, venne trasferito in una stanza adiacente ad una zona “sigillata”
dove si sapeva che era in corso la bonifica dell’amianto. Tutti sanno che c’è
sempre stato, non tutti sanno se, quanto e come è stato bonificato.
Poi, chi entra a Viale Mazzini sa che deve competere come
nella savana: non conta quanto tu possa essere capace ed efficiente, credibile
e professionale. Il solo merito è essere “dentro” il giro che conta. Chi c’è c’è
e chi non c’è è fuori e se sei fuori non esisti, nemmeno ti guardano, sei quassi
cancellato dall’elenco telefonico. Abbiamo visto decine di persone rifugiate in
biblioteca perché tagliati fuori da logiche di “esternalizzazioni” tanto care a
certi noti ed autorevoli DG. “Faremo sapere” è il mantra che si ripete e che Riccardo
Laganà conosceva bene ogni qualvolta sollevava un problema in Cda.
La RAI non è solo genericamente "matrigna" come alcuni pensano: spesso è anche direttamente complice e colpevole, almeno per quanti sapevano e facevano (e fanno tutt'ora) finta di non sapereo di non capire.
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