Hai voglia a dire o immaginare che le cose, gli eventi, succedono per caso. Tutto ha una sua origine, un prologo, un contesto, un suo svolgimento più o meno lineare e un epilogo. In sintesi: se l’arrosto va in fumo, ci sarà pure qualche motivo. O no?
La storia che raccontiamo, da tempo, nasce lontano e interessa vari soggetti, molti amici e molti “nemici” del Servizio Pubblico e dei suoi interessi. Curioso osservare che, talvolta, alcuni tra loro si trovano in sintonia quando si tratta di perseguire il disegno di indebolire l’Azienda RAI, seppure un pezzetto ogni tanto, quando necessario. Parliamo, ancora una volta, di RAI Way e, ancora una volta, parliamo di quando il Governo di turno mette le mani nelle tasche/casse di Viale Mazzini. In genere, per quanto abbiamo visto finora, difficile che ne esca fuori qualcosa di vantaggioso per il Servizio Pubblico. Da mantenere sempre accesa la memoria su quanto avvenne nel 2016 (Governo Renzi), quando si incrociarono fatalmente le strade della riforma della governance RAI (la Legge 220) e la quotazione in Borsa di RAI Way a seguito del prelievo forzoso (con i noti forti dubbi di costituzionalità espressi da Pace, Ainis e Cheli).
Bloggorai, come sapete bene, segue con particolare attenzione ed ha anticipato da tempo quanto potrebbe succedere dentro e fuori Via Teulada, a partire dal recente cambio di vertice che, già a suo tempo, suonava “bizzarro” nei tempi, nella forma e nel merito.
Oggi i giornali riportano una notizia che abbiamo già letto l’anno scorso: sul Sole 24 Ore “Rai Way, i fondi azionisti chiedono il polo delle torri con Ei Towers” e “Rai Way, pressing dei fondi per la fusione con Ei Towers. Un gruppo di soci incontra i velici della società delle torri. Il piano di F2i” sul Corriere. A marzo 2022 La Repubblica titolava “Rai Way, i fondi azionisti scrivono al governo. Favorevoli a un'alleanza con EI Towers: "Autorizzate il consolidamento delle torri". Detto fatto: passano poche settimane e il Governo Draghi (ministro Giorgetti, sempre lo stesso) esegue: ai primi di marzo Palazzo Chigi firma un decreto con il quali autorizza RAI a scendere al di sotto del 51% della partecipazione azionaria di RAI Way (ora al 64%).
Chissà se anche ora a Palazzo Chigi, e non solo, ci saranno orecchie attente ad ascoltare le richieste del “fondi” che, ovviamente, non sono la Croce Rossa o Emergency, ed hanno tutt’altri interessi affaccendati intorno al business delle torri, quali che siano le loro condizioni e quale che possa essere il loro utilizzo più profittevole. ATTENZIONE al dettaglio: i fondi chiedono "la fusione" e temono la solo vendita di una quota!!!
Ora, che sia un bene o un male che RAI si liberi del “ferro” vecchio delle torri è tutto ancora da decifrare. Ora, che RAI, per fare cassa e tappare buchi (o per dirle in altri termini più gentili ed educati, raschiare il barile per trovare qualche soldo fare quanto basta di investimenti) è tutto da valutare. Ora che RAI ne possa trarre vantaggio in un contesto di sviluppo industriale privo di gambe portanti (il canone incerto) è tutto da verificare. Ora, che qualcosa si muova solo quando sono gli “stakeholders” a deciderlo suona assai strano.
I termini del problema sono descritti compiutamente nel pezzo di Biondi sul Sole: si vende o si avvia la trattativa per il “polo delle torri”? le due operazioni possono e forse hanno un segno assai diverso. La vendita la si vorrebbe inserire nel contesto di supporto al futuro Piano industriale mentre l’accordo con Ei Towers avrebbe tutt’altro segno e prospettiva. Nel mezzo, ca va sans dire, gli azionisti gongolano e trovano gioia sotto l’albero di Natale: già il giorno successivo al DPCM Draghi in Borsa il titolo Rai Way ebbe un salto rilevante. Del resto, fintanto che RAI continua a pagare circa 200 milioni di “affitto” a RAI Way va tutto bene e, ancor più, per i vertici della quotata di Via Teulada che si potano a casa un compenso doppio rispetto a quello dell’azionista di maggioranza (240 mila Euro da una parte e il doppio dall’altra).
Ora, che si parli solo di “fusione” mentre nessuno ha il coraggio di affrontare il nodo principale di un’operazione del genere ovvero chi controlla una società del genere appare alquanto sospetto. Molti ripetono a ritornello: “si può fare solo se rimane entro il controllo pubblico” ma, a suo tempo, gli interessati fecero sapere, nemmeno tanto velatamente, che “si può fare solo se possiamo controllare la maggioranza”. Le due posizioni non coincidono.
Chiudiamo confermando
che stiamo cercando di capire dove sono queste “fake news” sugli ascolti delle
quali ha parlato l’AD Sergio in Vigilanza. Vi faremo sapere presto.
bloggorai@gmail.com
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