venerdì 8 dicembre 2023

La RAI, la nostra generazione e l'Intelligenza Artificiale


La generazione in cui è nato Bloggorai (intorno agli anni ’50) ha un nome che non ci sembra riassumere bene quel periodo. Nascere negli anni del dopoguerra viene catalogato come “boomer” più o meno “baby” a seconda della fascia di appartenenza. Poi, è stata fatta una sottodistinzione:  un primo gruppo è definito quello dell’impegno ovvero i nati tra il 1946 e il 1955 cioè la mia generazione, quella che a 18/20 anni era appunto molto “impegnata” socialmente e politicamente  alla fine degli anni ‘60 . Il secondo gruppo è quello dell’identità ovvero i nati tra il 1956 e il 1965, cioè coloro che hanno goduto di un momento storico relativamente stabile, in crescita economica con una marcata  caratterizzazione politica.

Non ci piace quella definizione di “boomer” perché sottintende e definisce qual periodo con un senso di sviluppo sociale rapido, immediato e quasi ineffabile quando invece, per quanto possiamo rievocare con la memoria e con la storia, si è trattato di una complessità di fenomeni molto difficile da riassumere e compendiare in un solo termine.

Tutto questo per introdurre una sommaria riflessione che ci viene da una lettura attenta del testo della Presidente Soldi presentato nei giorni scorsi in Vigilanza. Ci hanno sorpreso due aspetti: il primo è la definizione di Intelligenza Artificiale Generativa e il secondo un riferimento ad un mondo che fino a quel momento era (ed è) a noi totalmente sconosciuto: Will, Factanza, Torcha, Geopop.

Ora, lo dobbiamo ammettere, noi della generazione più o meno “boomer” forse siamo alquanto in difficoltà ad entrare in questi nuovi mondi. Bloggorai, in particolare, ha sempre visto e seguito con grande curiosità queste nuove dimensione ma, deve ammettere, con poco costrutto e proposizione. Sappiamo che anche i nostri lettori, per larga parte, appartengono a questa generazione “over… anta” e supponiamo che anche loro non abbiamo grande familiarità con questi nuovi mezzi di comunicazione e informazione. Tanto per intenderci, a malapena usiamo bene What’sUp quando non sappiamo e non usiamo  pressoché nulla di Facebook e tantomeno di Instagram, figuriamoci di questi nuovo media che abbiamo citato prima. Nota bene: questa generazione ci sembra quasi l’ultima che ancora si occupa e dedica tempo e attenzione ai temi della RAI e del Servizio Pubblico. Le nuove generazioni si occupano e frequentano altri mondi, altre piattaforme, altri prodotti. Una specie di ultimi giapponesi che ancora resistono nella giungla.

Cominciamo dall’Intelligenza Artificiale. Sapevamo già che in RAI è stato costituito un gruppo di lavoro incaricato di dibattere, elaborare e riflettere sulle implicazioni che impattano i temi e problemi tecnologici e strutturali dell’Azienda. Sappiamo che si dibatte di IA nella funzione “creativa” o “generativa” laddove si potrebbe utilizzare per definire nuovi prodotti o servizi da utilizzare all’interno o da proporre all’esterno. Sappiamo poi che è molto intenso il dibattito sulla parte “certificativa” o validazionale per individuare la qualità di quanto perviene dall’esterno (nelle redazioni giornalistiche) per contrastare il sempre più diffuso fenomeno delle deep fake news. Poi si dibatte nella parte relativa all’applicazione e ottimizzazione di processi già esistenti (vedi ad esempio la sottotitolazione) e, infine, in un settore di enorme delicatezza e complessità ovvero la CyberSecurity (tanto per stare ai nostri tempi con l’inchiesta di Report della quale parleremo ancora).

Citiamo la Soldi “Perché dobbiamo interessarci di questo? Perché gli strumenti di intelligenza Artificiale generativa hanno un impatto violento sul mondo dell’informazione. Durante l’AI Summit di EBU a Ginevra venerdì, Jean-Marc Rickli – del Centro per le politiche disicurezza - ha affermato che stiamo assistendo al passaggio dalla “guerra dell’informazione”, dove lo scopo era controllare il flusso delle informazioni, alla “guerra cognitiva”, dove lo scopo è il controllo e il condizionamento della società” che ha poi chiuso sostenendo che “… devono entrare in gioco i servizi pubblici, con assoluta esigenza di presidiare e occupare spazi online e sui social con un’informazione convalidata, di provata veridicità e autenticità. Questo richiede scelte di investimenti in nuove competenze, flussi di lavoro, riorganizzazione, strumenti, policy, continuamente mettendosi in gioco al passo della tecnologia che evolve … Bisogna scegliere di investire in questa direzione. Questo è il futuro del servizio pubblico, come media company digitale, centrale nella vita degli utenti.” Torniamo a quanto scritto ieri: anzitutto necessaria la certezza delle risorse. Come fai ad investire quando non sai nemmeno come ripagare i debiti se non facendo altri debiti (piano immobiliare) e poi la Media Company digitale o è pubblica o è privata, non può e non dovrebbe essere un ibrido come sembra volersi definire.

Il secondo mondo a noi sconosciuto di cui abbiamo accennato (Will, Factanza, Torcha, Geopop) ci è talmente ignoto che solo stamattina abbiamo cercato di saperne qualcosa di più. Faremo un rapido giro coni miei figli e i loro amici (generazione Y o “millennials”) e vi faremo sapere. Graditi commenti dai lettori di Bloggorai.

Per tutto il resto, calma piatta: solo una articolo di aggiornamento dell’inchiesta Report su Gasparri pubblicato sul Fatto con il titolo “Gasparri vigila sulla Rai, che dà 4 appalti a società della sua rete”. Rimane il mistero sul perché intorno a questa vicenda è calato un muro di silenzio.

bloggorai@gmail.com


 

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