Riprendiamo quanto vi abbiamo accennato ieri a partire dalla Conferenza di Dubai WRC-23. Ci è stato fatto notare che non ne parla nessuno semplicemente perché non interessa quasi nessuno sebbene il tema è di grande interesse per lo sviluppo della televisione digitale terrestre per i prossimi anni. Più o meno, vedi pure quanto accaduto sempre a Dubai sui temi del clima. Grosso modo, ci è stato riferito, che l’argomento in Italia tra RAI, Mediaset, Confindustria RTv e Ministeri competenti, potrà vedere coinvolte una cinquantina di persone, metà delle quali è oggi a Dubai. Perché? Ci viene proposto un ragionamento semplice e comprensibile: in quella sede si dibatte di un tema, le frequenze radioelettriche, che appartengono ad un mondo in via di estinzione (appunto quelle dove viaggia la televisione digitale terrestre) mentre gli altri mondi delle TLC si inseriscono in orbite tanto attuali quanto futuribili: parliamo del futuro del 5G, dell’IOT (Internet Of Things), dell’IA e, di conseguenza, di tutto il mondo del broadband, dei device connessi, della smart tv.
Ecco allora entrare in gioco il tema dei tempi della politica che solitamente rincorre con affanno argomenti che spesso non conosce o non capisce e, qualora invece ne è a conoscenza, non riesce a maneggiarli per inserirli in una visione, in un conteso strategico che vada oltre la loro legislatura di riferimento. Si aggiunga poi che in ballo ci sono investimenti e risorse stratosferiche che, semplicemente, non possediamo e quindi non possiamo sedere al tavolo da gioco più importante: quello dove si mescola geopolitica e tecnologia globale, quello dove si decidono le sorti delle guerre in corso. Esempio: Elon Musk e la sua rete di satelliti “privati” Starlink in grado di avvantaggiare sostanzialmente una delle parti in conflitto semplicemente decidendo i confini quasi millimetrici della sua copertura satellitare.
Tutto questo basta e avanza per comprendere non solo perché la WRC-23 viene semplicemente ignorata ma, al contrario, questa dinamica è utile per comprendere quali possibili percorsi si disegnando per il futuro del Servizio Pubblico prossimo venturo. Oggi Marco Mele ne parla sul Quotidiano del Sud e indica il 2027 come data possibile per una svolta normativa ma forse anche tecnologica per quando, con la nuova Convenzione, si potrà e dovrà mettere mano ad un nuovo sistema, a diversi paradigmi, non solo normative ma anche delle nuove e diverse modalità di produzione e distribuzione dei segnali televisivi di Servizio Pubblico. Il DTV-T2 prossimo a venire (e vedremo se e quando verrà visto che pure dell’appuntamento del prossimo 10 gennaio previsto dal nuovo Contratto di servizio sembra svanito nella nebbia) potrebbe vedere abbandonare al suo destino qualche X di migliaia o forse di milioni di telespettatori che potrebbero emigrare definitivamente verso nuove e forse più promettenti destinazioni televisive.
Calato ulteriormente il cielo sulla terra, tutto questo sta a significare che se in tutta Italia le persone interessate a questo argomento si contano a decine, a Viale Mazzini e dintorni, bastano le dita forse di una mano sola. Qualcuno ritiene, ragionevolmente, che alla vigilia di un cambio radicale della governance prevista a Viale Mazzini per i prossimi mesi (se non settimane come abbiamo scritto ieri) che ci possa essere interesse a sapere se e come il 5G impatterà sul futuro dell’Azienda? Qualcuno ritiene, ragionevolmente, che ci possa essere chi è interessato a seguire un argomento che per la Rai è pura accademia vista la penuria di risorse attuali e future, con un taglio del canone sostanziale e reale a fronte di un rimborso annuale e probabile?
Non ultima considerazione a proposito della politica che si mescola bene con quanto abbiamo appena scritto. Il Governo del Paese e il governo di Viale Mazzini non sempre coincidono nei tempi e negli interessi. Il governo della Rai non sempre garantisce al Governo del Paese la padronanza e la garanzia del consenso sociale e politico. Il Governo di turno, quale che esso sia, spesso ritiene che “avere” una testata di un telegiornale “amico” possa costituire una cambiale pronto cassa. No, non è così e la storia della RAI ce ne fornisce numerosi esempi. Ieri abbiamo citato l’esempio della BBC. Ricordiamo che gli inglesi, da anni, si stanno preoccupando del loro futuro televisivo: nel 2016 un documento ufficiale si titolava “A BBC for the future: a broadcaster of distinction” mentre recentemente si è letto “BBC preparing to go online-only over next decade, says director general Tim Davie” lo scorso anno e, proprio quando si pubblicava il BBC Annual Plan 2023/24 March 2023, corrispondente al nostro Piano Industriale ancora fantasmico, si legge che “BBC Preparing For Future Closure Of Broadcast Channels”. Da leggere tutto d’un fiato: 83 pagine fitte fitte ma ne vale la pena. Già, è proprio vero; la RAI non e la BBC e non potrà mai esserlo.
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