sabato 8 gennaio 2022

Il futuro del Paese e della Rai tra emergenza e normalità

Foto di beate bachmann da Pixabay

Oggi nulla da segnalare sul fronte Rai.

L’aria sta cambiando e la luce del giorno, lentamente ma inesorabilmente si allunga. La tensione politica cresce in modo parallelo con quella sanitaria ed è complesso immaginare i possibili sviluppi dell’una e dell’altra. 
Massimo D’Alema potrà non risultare simpatico (e non lo è), potranno non essere condivisibili le sue idee (e non lo sono) ma difficilmente si potrà sostenere che non sia un “animale” politico ormai in via di estinzione. Appartiene infatti a quella genia di persone che hanno frequentato le “scuole quadri” di partito (le Frattocchie), che hanno battagliato nelle sezioni (FGCI), nei congressi, al governo e all’opposizione. Fa parte di quella gente abituata a fare a sportellate dialettiche dove per non soccombere devi aver studiato, compreso, analizzato e verificato ciò di cui stai parlando. A differenza dei parvenu, c’è solo da prendere appunti quando si muovono  personaggi del genere.

Bene, nei giorni scorsi il personaggio è stato artefice di due “scontri” interessanti: il primo con il suo ex partito quando ha dichiarato che ora lo ritiene “guarito” dal renzismo (mettendo in difficoltà Letta che, per paradosso, si è trovato quasi a dover difendere il suo pugnalatore dello “stai sereno”) e il secondo con Draghi e ai suoi sostenitori quando ha dichiarato che “L’idea che il presidente del Consiglio si autoelegga capo dello Stato e nomini un alto funzionario del Tesoro (ndr il ministro Franco) al suo posto mi sembra una prospettiva non adeguata per un grande Paese democratico come l’Italia, con rispetto per le persone”. Già … “ … prospettiva non adeguata …”. Si torna sempre a bomba: quale prospettiva adeguata che non sia solo quella derivata dai soldi che potranno venire dal PNRR si immagina per questo Paese? A suo tempo (febbraio 2021) quando al Capo del governo venne chiesto di esporre quale fosse la “sua” visione ebbe a dire “Francamente è una domanda molto vasta, mi trova impreparato. Non è che io abbia affrontato questa esperienza con una teoria dello stato nell’economia. Si tratta di affrontare un’esperienza chiamiamola emergenziale, quindi avviare bene la campagna vaccinale, questa è la base su cui poi riparte l’economia. Il tempo delle grandi scelte economiche per cui si va in un indirizzo, si programma il futuro eccetera, secondo me appartengono di più alla normalità che non all’emergenza. Verrà, io spero che venga il tempo in cui io potrò risponderle sulle mie vedute in tema di struttura della società e dell’economia, ma per ora è presto

Abbiamo la vaga impressione che per Draghi non solo questo tempo non sia ancora giunto (la normalità) ma che, per certi aspetti (l’emergenza) sia ancora la colonna sonora di queste circostanze storiche e che, forse, il suo tempo  comincia a scadere, quale che esso potrà essere nei prossimi giorni. Se non che, ci troviamo ora di fronte ad un momento dove sia la “normalità” che “l’emergenza” convergono in sola direzione: la scelta del prossimo Capo dello Stato che, direttamente o indirettamente a seconda della sua caratura, potrà incidere o meno sul futuro di questo Paese.

Fatte le debite proporzioni, riproponiamo sempre la stessa domanda anche al suo “agente” a Viale Mazzini: come pensa di indirizzare il futuro della Rai nei prossimi mesi e anni? Finora, per guardare avanti si è dovuto affidare allo specchietto retrovisore (il vecchio piano industriale) ma presto sarà necessario che metta mano ad uno nuovo, giacché quello precedente è scaduto. Sappiamo che qualcuno sotto traccia (molto sotto traccia) ci sta lavorando e sappiamo che qualcosa (poco qualcosa) è stato già elaborato. La domanda specifica che si pone per Fuortes è semplice: come pensa di far sostenere il nuovo piano industriale e il futuro Contratto di servizio? Con quali risorse economiche? Dal Governo e dai partiti non avrà sponda come non ne ha avute (anzi!) come negli ultimi sei mesi ha avuto modo di constatare (canone e pubblicità) e non gli rimane quindi che affrontare la gestione di costi interni. Nei giorni scorsi abbiamo risollevato il problema di Rai Way che, tanto per rinfrescare la memoria, costa di solo canone pagato da Viale Mazzini poco meno di 200 mln l’anno quando si potrebbe o si dovrebbe cercare una soluzione meno onerosa per lo stesso servizio fornito dalla quotata, ad esempio, rivolgendosi al mercato con un’asta dove è molto verosimile che si possa ottenere un prezzo molto ma molto più vantaggioso (tempo addietro si parlava di 120 mln). Ma, inspiegabilmente, il dossier Rai Way sembra sempre alquanto indigesto da affrontare e pochi ne hanno voglia di parlare. Chissà perchè?

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