venerdì 7 agosto 2020

Forse ...Rai


Ieri giornata di pausa, ci scusiamo con i tanti lettori che hanno cercato la puntata del “gialletto” dell’estate. 

Ma, nel mentre e nel quando cercavamo di capire,  di sapere, di intuire gli oscuri disegni della mano dell’assassino (magari più di uno) siamo stati distratti da una vicenda interessante. Nei giorni scorsi il MISE ha convocato i vertici dalle partecipate dello Stato che rappresentano le infrastrutture di interesse strategico nazionale. Ovviamente (!!!) non c’era la Rai, cioè a dire come l’informazione e la comunicazione pubblica, istituzionale, in quel contesto non hanno valore e significato. Lo avevamo già scritto quando il Presidente Conte ha organizzato gli Stati generali in periodo Covid e anche in quella occasione c’erano tutti meno che qualche dirigente di Viale Mazzini. Va bene: in Paradiso non si va se i santi non ti vogliono. Ed ecco che spunta il  tema che in qualche modo unisce il “gialletto” dell’estate con la contingenza politica ed economica.

Di cosa si parla in questi giorni che possa interessare e incrociare in modo strategico gli interessi del Servizio Pubblico? Di rete unica, di banda larga, di connessioni Web, di upload e download, di Bitrate, di copertura del territorio nazionale, di accesso ad un servizio ormai imprescindibile per lo sviluppo del Paese e via dicendo. Superfluo ripeterlo: la Rai assente ingiustificata, nessuno parla, nessuno ha la forza e il coraggio di esporre un’idea, un progetto, una visione e quel poco o nulla che è stato proposto, il Piano industriale, è stato poi subito rimesso nel cassetto sotto due strati di naftalina. Non c’è traccia di vita a Viale Mazzini, i viali alberati sono popolati solo da qualche ameno pensionato che porta a spasso il suo fedele amico. Va bene… si tratta della solita tiritera, noiosa e stantia. Rimane di interessante cogliere un aspetto: tenere fuori la Rai da questa partita, o se volete spingerla ai margini di un sistema che potrebbe vederla progressivamente ridotta nel contesto del sistema delle telecomunicazioni nazionali, sembra essere esattamente il tema che caratterizza questo momento. Su Key4Bitz a firma di Raffale Barberio si può leggere un interessante ricostruzione dei ruoli e dei pesi che hanno i vari soggetti in campo:

https://www.key4biz.it/rete-unica-gli-attori-gli-interessi-e-gli-errori-di-una-storia-senza-fine/317374/

Ha scritto un nostro lettore, Sergio Bellucci: “… il ritardo nell’innovazione della rete per la mancanza di una strategia di sviluppo e il desiderio di sfruttare, fino all’inverosimile, la vecchia rete di distribuzione pregressa. Mancanza di visone e voglia di sfruttare al massimo la rendita di posizione.... connesse all’illusione liberista che portò alla privatizzazione di asset strategici per il paese... L’Italia ha pagato cara l’illusione liberista di lasciar fare al mercato: il suo sistema industriale ha perso punti proprio per la arretratezza della rete e dei servizi di innovazione della produzione connessi”. Per tornare ai fasti Rai, scrive un altro nostro lettore: “… Mi sono chiesto il perché di questa retrovisione e la risposta non può che essere: zero idee, zero coraggio, zero tutto. Come avevo già avuto occasione di segnalarti la TV è il suo prodotto, il resto conta poco”.

Ecco che lentamente, annaspando, ci avviciniamo al “gialletto” dell’estate. Riassunto delle puntate precedenti: i soliti malintenzionati quanto attenti lettori del blog, ci avevano segnalato che un potenziale malfattore si aggira intorno al cavallo morente, pronto a dare un altro colpo al povero quadrupede, già sofferente di suo. Ci incuriosisce la storia e veniamo a scoprire di oscuri disegni e misteriosi incontri tutti tracciati intorno allo stesso tema: il cinema. Chercher l’argent … da un lato si intravvede un malloppo, da un altro si leggono interessi privati in atti pubblici. Ecco che, nel pieno di una domenica pomeriggio, ci viene gentilmente recapitato un documento “muy confidential” FYEO dove si parla del contratto tra Rai e Rai Cinema rivisto e aggiornato secondo nuove prospettive. Di cosa si tratta in sintesi? Tutto molto semplice. Si intravvede la stessa manina che nel 2014 ha avviato qual processo politico, economico e finanziario (tutto meno che industriale) finalizzato a vendere una parte di Rai Way. Il presupposto, il movente, era più o meno simile. Alla Rai venne sottratta una parte rilevante di quanto le spettava (150 milioni) necessari al Governo Renzi per pagare gli 80 euro promessi  campagna elettorale e allora si disse con animo gentile: “vendete un pezzo di Azienda”. Ora, tradotto semplice semplice, questa storia del nuovo contratto tra Rai e Rai Cinema, puzza di bruciato da lontano. Cosa significa infatti rivedere il modello di relazione fin qui in essere che comunque ha funzionato sufficientemente bene a favore di Viale Mazzini per dirigersi verso quale obiettivo che non sia altro che aumentare i capisaldi dello stesso contratto e cioè: aumentare la generazione di “utilità economiche” a favore della Capogruppo e adempiere agli obblighi specifici previsti dal TUSMAR e dal Contratto di servizio, in particolare laddove si prevede il sostegno alla produzione di opere italiane ed europee?

Da che parte vuole colpire il maramaldo e la banda dei quattro che lo accompagna? Da non dimenticare che tutt’ora si aggira lo spettro del buco di bilancio per l’esercizio in corso e, ancora più rilevante, per quello del prossimo anno, durante il quale l’attuale Cda scadrà come lo yoghurtino alle fragole riposto nel fondo del frigorifero. Il “gialletto” prosegue.

Nel frattempo, nessuna notizia sulla stampa a parte il solito Periscopio di Paolo Siepi su Italia Oggi dove si legge: “Roberto Pinotti, economista della Bocconi, dice: il costo medio del lavoro in Rai è del 20% più alto che in Bbc, dove si producono programmi e documentari di altissima qualità, acquistati in tutto il mondo. Il personale Rai è quasi identico a quello del 2002, mentre da allora quello della Bbc è sceso del 35%. La Rai ha la metà del bilancio ma una volta e mezzo il numero dei dirigenti della Bbc. Ancora, in Rai un giornalista su cinque è dirigente, percentuale ineguagliata. Carlo Verdelli, Roma non perdona”.

Per il resto, giungono notizia di record negativi per Rai Uno dove  un programma di informazione dedicato a Sergio Zavoli ha raccolto poco più del 5% di share, un record per la rete !!! 
“Mi rendo conto... mi  rendo conto…” ripeteva spesso Peter Sellers in Oltre il giardino…

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