Ieri giornata di pausa, ci scusiamo con i tanti lettori che hanno cercato la puntata del “gialletto”
dell’estate.
Ma, nel mentre e nel quando
cercavamo di capire, di sapere, di
intuire gli oscuri disegni della mano dell’assassino (magari più di uno) siamo
stati distratti da una vicenda interessante. Nei giorni scorsi il MISE ha
convocato i vertici dalle partecipate dello Stato che rappresentano le infrastrutture
di interesse strategico nazionale. Ovviamente (!!!) non c’era la Rai, cioè a
dire come l’informazione e la comunicazione pubblica, istituzionale, in quel contesto non hanno
valore e significato. Lo avevamo già scritto quando il Presidente Conte ha
organizzato gli Stati generali in periodo Covid e anche in quella occasione c’erano
tutti meno che qualche dirigente di Viale Mazzini. Va bene: in Paradiso non si
va se i santi non ti vogliono. Ed ecco che spunta il tema che in qualche modo unisce il “gialletto”
dell’estate con la contingenza politica ed economica.
Di cosa si parla in questi giorni che possa interessare e incrociare in
modo strategico gli interessi del Servizio Pubblico? Di rete unica, di banda
larga, di connessioni Web, di upload e download, di Bitrate, di copertura del
territorio nazionale, di accesso ad un servizio ormai imprescindibile per lo
sviluppo del Paese e via dicendo. Superfluo ripeterlo: la Rai assente ingiustificata,
nessuno parla, nessuno ha la forza e il coraggio di esporre un’idea, un progetto,
una visione e quel poco o nulla che è stato proposto, il Piano industriale, è
stato poi subito rimesso nel cassetto sotto due strati di naftalina. Non c’è traccia
di vita a Viale Mazzini, i viali alberati sono popolati solo da qualche ameno
pensionato che porta a spasso il suo fedele amico. Va bene… si tratta della
solita tiritera, noiosa e stantia. Rimane di interessante cogliere un aspetto:
tenere fuori la Rai da questa partita, o se volete spingerla ai margini di un
sistema che potrebbe vederla progressivamente ridotta nel contesto del sistema
delle telecomunicazioni nazionali, sembra essere esattamente il tema che
caratterizza questo momento. Su Key4Bitz a firma di Raffale Barberio si può leggere un interessante ricostruzione dei
ruoli e dei pesi che hanno i vari soggetti in campo:
https://www.key4biz.it/rete-unica-gli-attori-gli-interessi-e-gli-errori-di-una-storia-senza-fine/317374/
Ha scritto un nostro lettore, Sergio Bellucci: “… il ritardo
nell’innovazione della rete per la mancanza di una strategia di sviluppo e il
desiderio di sfruttare, fino all’inverosimile, la vecchia rete di distribuzione
pregressa. Mancanza di visone e voglia di sfruttare al massimo la rendita di
posizione.... connesse all’illusione liberista che portò alla privatizzazione
di asset strategici per il paese... L’Italia ha pagato cara l’illusione
liberista di lasciar fare al mercato: il suo sistema industriale ha perso punti
proprio per la arretratezza della rete e dei servizi di innovazione della
produzione connessi”. Per tornare ai fasti Rai, scrive un altro nostro lettore:
“… Mi sono chiesto il perché di questa retrovisione e la risposta non può che
essere: zero idee, zero coraggio, zero tutto. Come avevo già avuto occasione di
segnalarti la TV è il suo prodotto, il resto conta poco”.
Ecco che lentamente, annaspando, ci avviciniamo al “gialletto”
dell’estate. Riassunto delle puntate precedenti: i soliti malintenzionati
quanto attenti lettori del blog, ci avevano segnalato che un potenziale
malfattore si aggira intorno al cavallo morente, pronto a dare un altro colpo al povero
quadrupede, già sofferente di suo. Ci incuriosisce la storia e veniamo a scoprire
di oscuri disegni e misteriosi incontri tutti tracciati intorno allo stesso
tema: il cinema. Chercher l’argent … da un lato si intravvede un malloppo, da
un altro si leggono interessi privati in atti pubblici. Ecco che, nel pieno di
una domenica pomeriggio, ci viene gentilmente recapitato un documento “muy
confidential” FYEO dove si parla del contratto tra Rai e Rai Cinema rivisto e
aggiornato secondo nuove prospettive. Di cosa si tratta in sintesi? Tutto molto
semplice. Si intravvede la stessa manina che nel 2014 ha avviato qual processo
politico, economico e finanziario (tutto meno che industriale) finalizzato a vendere
una parte di Rai Way. Il presupposto, il
movente, era più o meno simile. Alla Rai venne sottratta una parte rilevante di
quanto le spettava (150 milioni) necessari al Governo Renzi per pagare gli 80 euro
promessi campagna elettorale e allora si
disse con animo gentile: “vendete un pezzo di Azienda”. Ora, tradotto semplice
semplice, questa storia del nuovo contratto tra Rai e Rai Cinema, puzza di
bruciato da lontano. Cosa significa infatti rivedere il modello di relazione
fin qui in essere che comunque ha funzionato sufficientemente bene a favore di
Viale Mazzini per dirigersi verso quale obiettivo che non sia altro che aumentare
i capisaldi dello stesso contratto e cioè: aumentare la generazione di “utilità
economiche” a favore della Capogruppo e adempiere agli obblighi specifici
previsti dal TUSMAR e dal Contratto di servizio, in particolare laddove si
prevede il sostegno alla produzione di opere italiane ed europee?
Da che parte vuole colpire il maramaldo e la banda dei quattro
che lo accompagna? Da non dimenticare che tutt’ora si aggira lo spettro del
buco di bilancio per l’esercizio in corso e, ancora più rilevante, per quello
del prossimo anno, durante il quale l’attuale Cda scadrà come lo yoghurtino alle
fragole riposto nel fondo del frigorifero. Il “gialletto” prosegue.
Nel frattempo, nessuna notizia sulla stampa a parte il
solito Periscopio di Paolo Siepi su Italia Oggi dove si legge: “Roberto
Pinotti, economista della Bocconi, dice: il costo medio del lavoro in Rai è del
20% più alto che in Bbc, dove si producono programmi e documentari di altissima
qualità, acquistati in tutto il mondo. Il personale Rai è quasi identico a
quello del 2002, mentre da allora quello della Bbc è sceso del 35%. La Rai ha
la metà del bilancio ma una volta e mezzo il numero dei dirigenti della Bbc.
Ancora, in Rai un giornalista su cinque è dirigente, percentuale ineguagliata.
Carlo Verdelli, Roma non perdona”.
Per il resto, giungono notizia di record negativi per Rai
Uno dove un programma di informazione
dedicato a Sergio Zavoli ha raccolto poco più del 5% di share, un record per la
rete !!!
“Mi rendo conto... mi rendo
conto…” ripeteva spesso Peter Sellers in Oltre il giardino…
bloggorai@gmail.com
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