mercoledì 19 agosto 2020

Mario Draghi e la Rai


Oggi mettetevi comodi: ci sono diversi argomenti da trattare.
Nei giorni scorsi Mario Draghi è intervenuto al Meeting di Rimini con un discorso importante (https://www.meetingrimini.org/incertezza-e-responsabilita-lintervento-di-mario-draghi-al-41-meeting/ ).  Le parole più usate sono state: giovani, incertezza e società. Non entriamo nel merito della lettura politica, che pure sarebbe assai interessante per “pesare” l’operato dell’attuale Governo non tanto e non solo per quanto ha fatto finora ma soprattutto per quanto e per come è in grado di disegnare le prospettive del Paese, con o senza Covid. Non parliamo poi dei brividi che alcuni candidabili alla corse per il Quirinale hanno provato nella consapevolezza della loro palese inadeguatezza. Ci limitiamo a fare un semplice esercizio di sovrapposizione delle sue riflessioni con il Servizio Pubblico e il vertice Rai in questo momento. “la pandemia diffonde incertezza, penalizza l’occupazione e paralizza gli investimenti e l’occupazione” sostiene Draghi che aggiunge “…dalla politica economica ci si aspetta che non aggiunga incertezza ...altrimenti finiremo per esserne controllati anziché controllarla”. E poi ancora “…le nostre società vivono sullo scambio, sulla comunicazione, e sulla condivisione …La pandemia ha severamente provato la coesione sociale…”. Infine, una riflessione sulle qualità indispensabili per coloro che sono in posizioni di potere: la conoscenza, il coraggio e l’umiltà.
Bene, provate ora a grigliare questi pensieri sui due anni trascorsi da quando questo Cda Rai si è insediato a Viale Mazzini e tiratene qualche somma. Poi si capisce perché, a quanto sembra, sulle testate Rai, il discorso di Draghi non ha ricevuto l’attenzione che forse meritava.

Oggi di interessante c’è la solita corposa intervista a Luigi Gubitosi a firma della solita Sara Bennewitz su Repubblica che, evidentemente, è molto interessata a seguire il personaggio e le sorti di Tim. Gubitosi fa il duro: “Tim farà la rete unica per l'Italia e ne avrà il controllo". Intanto ricordiamo che Tim ha come socio di maggioranza i francesi di Vivendi con il 23,6% (e il 28,8 di Mediaset) e poi ricordiamo che sulla partita rete in fibra c’è in ballo CdP e Open Fiber controllate dallo Stato. Le logiche, le prospettive sullo sviluppo della rete e sui profitti che ne deriveranno sono indubbiamente diverse e la partita sul controllo sarà vitale.

Un passo indietro. Per una volta, e speriamo solo per una volta, contravveniamo ad una legge del giornalismo che sottoscriviamo: una smentita è una notizia data due volte. Ma quando ce vò...ce vò !!! Torniamo per poco sulla lettera di risposta di Laganà all’editoriale di Libero Quotidiano dove si leggeva, a firma Iuri Maria Prado, che “…quelli che lavorano sono pochi, e si dissanguano per mantenere i troppi che non lavorano… gli occupati in Italia in realtà non sono dieci ma venti milioni e rotti… occupati, va bene (cioè stipendiati), ma lavorano? sono inoppugnabilmente "occupati" gli undicimila dipendenti della Rai, che indubbiamente appartengono ai venti milioni di cui sopra: e non vorrai mica dirmi che questi undicimila non si guadagnano fino all'ultimo centesimo i novecento milioni di euro che gli paghiamo. ...le generazioni di parassiti (solitamente l'accesso allo status è dinastico)”. Questo stesso autore dell’articolo, ieri ha scritto, sul Riformista (???) che “La cultura di Mani pulite, la brutalità proterva dei suoi modi e la buia temperie che li festeggiava, furono e rimangono la vergogna della Repubblica”. Nulla da aggiungere. Punto. Ieri abbiamo sollevato il problema che a rispondere non doveva essere solo il consigliere Laganà, che ha fatto bene, ma tutto il vertice Rai messo insieme (al quale ci saremmo associati in quanto chi vi scrive ha fatto parte della categoria fino a non molto tempo addietro). Oggi torniamo sull’argomento per evidenziare un clima, un linguaggio, un tono già conosciuto e sentito altre volte contro la Rai e il Servizio pubblico che nel migliore dei casi si manifesta contro il canone e trova pure concordi qualche personaggidi governo. Un livore, un astio e un risentimento che si faticherebbe a trovare anche contro il mostro di Dusseldorf. Non è cosa nuova e quindi è anche giusto interrogarsi perché, in alcune aree grigie dell’opinione pubblica nazionale, il Servizio Pubblico radiotelevisivo e chi ci lavora siano percepiti come “parassiti”. Forse Salini può provare a fornire una risposta.

Ora veniamo ad un tema sollevato nei giorni scorsi sul Contratto di Servizio e sul come e quanto la Rai onora gli impegni che esso prevede. Un nostro affezionato lettore ci ha scritto: “Il CdS è soddisfatto al 95% a livelli accettabilissimi. Sul 5% effettivamente si deve discutere e incalzare”. Con un po’ di buona volontà si potrebbe fare un esercizio di contabilità ragionata su quanto e su cosa la Rai adempie o meno agli obblighi previsti (ne ricordiamo uno tra i tanti: la comunicazione sulla transizione al DVB-T2) e magari si potrebbe anche scoprire che ha ragione il nostro lettore. Ma il tema che poniamo in discussione è l’adesione totale, senza limiti o deroghe (appunto) allo spirito del Cds che, a nostro modesto parere, non sembra essere raccolto. Avete presente quando a tavola si presenta un vassoio colmo di succose ciliegie e c’è sempre il furbetto che cerca quelle più mature, più polpose? Ecco, il Cds non si dovrebbe utilizzare in questo modo e spacciare come grande conquista quando si realizza un obbligo, peraltro adempiuto con notevole ritardo o, peggio ancora, non si realizza affatto. Tanto per capirci: art. 7, “d) rendere operativa la risoluzione approvata dalla Commissione di vigilanza in materia di conflitti di interesse degli agenti di spettacolo” oppure il canale istituzionale e quello inglese, oppure art. 25 “… piano di riorganizzazione che può prevedere anche la ridefinizione del numero delle testate giornalistiche …” e via elencando senza dimenticare anzitutto il Piano Industriale congelato e poi la pubblicità etc etc etc… Saremo grati al nostro lettore se ci aiuta a risalire al suo 95% di soddisfazione.

Infine, un altro nostro lettore ci ha inviato il fascicolo distribuito in occasione della recente presentazione dei palinsesti (https://www.rai.it/dl/doc/1594887415888_NewsRai%20-%20Palinsesti%2016%20luglio%202020_compressed.pdf ) invitandoci a proporre cosa “ci piace”.  Potremmo anche dire che ci piace tutto, ma non è in discussione se un prodotto piace più o meno di un altro. In discussione c’è semplicemente la proposizione di linguaggi, modelli, stili di vita e contenuti che un palinsesto riassume nella sua complessità. Riproponiamo la domanda ancora una volta: questo palinsesto, questi prodotti, rispondono alle mutate dimensioni del Paese, della società italiana? Abbiamo fatto ieri un riferimento alla composizione sociale degli italiani: quanti personaggi delle fiction appartengono alle diverse nazionalità e culture che compongono il Paese? Avete mai visto in azione un commissario di origini senegalesi o una carabiniera nata in Romania? Oppure alla conduzione di Uno Mattina un* giornalista di origino marocchine? Forse la memoria non ci aiuta, ma non ci sembra.

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