Abbiamo la forte tentazione di non occuparci più di questa oscura vicenda della piattaforma nazionale della cultura e considerarla, come è stato titolato ieri, la Supercazzola di fine anno. Invece è probabile che ci dobbiamo ricredere. Questa vicenda illumina e sintetizza lo scenario della Rai e del Servizio Pubblico meglio di ogni altra.
Andiamo con ordine e iniziamo da molto lontano. Correva l’anno 1997, addi 7 dicembre, e RaiUno, direttore Giovanni Tantillo, in accordo con il DG Franco Iseppi decidono di mandare in onda il Macbeth di William Shakespeare su musiche di Giuseppe Verdi, diretto da Riccardo Muti. Viene messo in onda alle 20 al posto del Tg1 per circa 4 ore e realizza un ascolto di 1.186.000 telespettatori ed il 5,5% di share.
Negli stessi giorni, sempre su Rai Uno è andato in onda uno speciale sulla Callas con Dario Fo e Paola Cortellesi, tanto per dire. Quella della musica classica in prima serata è stata una scelta coraggiosa, inedita e mai ripetuta. Come, forse, avrebbe potuto farsi anche ieri sera. Magari qualcuno avrebbe tuonato contro una scelta del genere e immaginiamo le proteste e magari le interpellanze parlamentari. Ma, appunto, si tratta di coraggio, di visioni di Servizio Pubblico, di scelte impegnative che non a tutti è concesso fare.
Veniamo a ieri pomeriggio: alle 16,45 va in onda su Rai Uno la diretta per l’apertura della stagione della Scala. Chi legge abitualmente il Corriere della Sera ed è interessato ai temi Rai avrà certamente notato nel supplemento Economia la pagina 29 del giornale dove “La Scala ringrazia per i sostengno al Teatro …” una sfilza di nomi dove spicca l’assenza della Rai e del suo logo. Una piccola dimenticanza editoriale si dirà, in parte rimediata con uno speciale allegato al giornale e dedicato all’evento dove si compensa con un pezzo a pag. 4 dove si capisce che “Il teatro? Molto di più di una ripresa” e che “Rai cultura si valorizza ai tempi del Covid”. Nei giorni precedenti l’AD Salini e il presidente Foa, rispondendo ad una esortazione di Franceschini, hanno dichiarato: “La Rai è la maggiore industria culturale del Paese e ha l'obbligo di trovare, proprio in questo frangente, forme inedite per essere concretamente vicina a quello straordinario mondo di talenti che dobbiamo continuare ad accompagnare e che abbiamo il dovere di sostenere in ogni modo. Con le nostre strutture, fin dall'inizio dell'emergenza, non abbiamo esitato a cambiare velocemente palinsesti e a varare nuove produzioni, anche sulle reti generaliste”. Appunto.
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